Carola Vai
“Un disastro”. Così lunedì 16 ottobre 2000 giornali, radio, televisioni definivano l’alluvione che il giorno prima aveva isolato Torino dal resto del mondo, trasformato una parte del Piemonte in un’immensa distesa di acqua grigio scuro, piegato la Valle d’Aosta. “Un disastro”, come ricordo nel mio libro “Torino alluvione 2000,per non dimenticare” (i cui proventi sono andati agli alluvionati del Sermig), costato 25 vite (18 in Valle D’Aosta, 4 in Piemonte, 3 in Liguria), 4 dispersi (in Valle D’Aosta), 40.000 sfollati iniziali scesi poi a 4000 considerando solo le persone che hanno perso definitivamente la casa; 100.000 senza luce nel solo Piemonte, e un milione senz’acqua potabile ancora nel solo Piemonte. Sono passati 20 anni da quelle giornate colme di disperazione per milioni di persone. Per tanti dimenticare è ancora difficile.
Del resto anche in questo inizio di autunno 2020 violenti nubifragi hanno interessato mezza Italia. Piogge torrenziali, strade allagate in molte città. Numerosi quartieri di Roma sono stati invasi dall’acqua, paralizzate diverse stazioni della metropolitana , centinaia di auto bloccate. Situazioni allarmanti pure in varie regioni: Piemonte, Lombardia, Liguria, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna. Con danni ovunque per milioni di euro. Viene da pensare che storia ed esperienza poco o nulla insegnano a chi governa l’Italia, sia a livello nazionale che territoriale. L’alluvione del 2000 fu sicuramente un’eccezione storica. Per assistere ad un evento di tale violenza bisognava tornare indietro di oltre un secolo. Ma già nel 1994 gran parte del Piemonte , (con situazioni estreme nelle città di Alessandria, Vercelli e la provincia di Torino) era stato semidistrutto da tre giorni di piogge torrenziali. Alluvioni e straripamenti di fiumi e torrenti provocarono 70 morti, quasi 10.000 senza tetto, danni per 40.000 miliardi di lire. Due anni dopo, nel 1996, ad essere distrutte dall’acque furono la Versilia e la Garfagnana, in Toscana, con enormi danni e 13 morti. Nel 1998 fu il turno della Campania dove l’alluvione causò una spaventosa frana di fango e detriti che si staccò dalla montagna e distrusse decine di case , soprattutto a Sarno (Sa) e Quindici (Avellino). Morirono159 persone, altre 1600 restarono senza casa. Il 10 settembre 2000 disastri e morte interessarono la Calabria dove la piena con straripamento del torrente Beltrame travolse Soverato (Catanzaro). La violenza dell’acqua inghiottì un camping e causò 12 vittime.
Un mese dopo, il 14-15-16 ottobre 2000, un diluvio con inondazioni “cambiò la geografia di molte zone di Piemonte, Valle D’Aosta e Lombardia”, come riportonel libro “Torino alluvione 2000, per non dimenticare”. Il volume venne realizzato per testimoniare “un fatto da più parti definito storico”. Tutti, dalla sottoscritta ai vari fotografi, a cominciare dal bravissimo Tonino Di Marco, lavorarono gratuitamente, con l’unico obiettivo di creare un documento dettagliato su un tragico evento del quale nessuna persona del tempo aveva memoria. Certo molti esperti d’inizio millennio andavano ripetendo che stava iniziando un’epoca dove le alluvioni sarebbero diventate una preoccupante costante. Ma la previsione pareva lasciare la gran parte delle persone indifferenti. Gli stessi abitanti dei quartieri torinesi non sfiorati dalla tragedia perché lontani dai tre fiumi che interessano la città , il Po, la Dora Riparia e la Stura, compresero poco o nulla la gravità dell’evento. Qualcuno, più per curiosità che vera preoccupazione, continua andare a vedere il “Cippo di pietra” che indica le piene del Po, poco lontano dal fiume, nel bel mezzo del parco del Valentino. Sul “cippo dei ricordi” si scopre che il 16 ottobre 2000, alle 11.30, l’altezza del Po, ai Murazzi, segnò metri 5,79, qualcosa di più dell’ultima indicazione tracciata il 31 marzo 1892 e pochi centimetri in meno da quella indicata nel 1839 quando Torino venne sommersa dal Po impazzito. Ma allora, 161 anni dal 2000, la città era molto meno affollata, e le case erano più lontane dalle rive dei tre fiumi.
L’alluvione del 2000 a Torino, come nel resto del Piemonte, pur nella tragicità, ha lasciato un esempio positivo: l’alleanza tra esponenti politici di ogni colore, tecnici ed esperti spinti da un unico obiettivo: affrontare la spaventosa situazione con ogni forza per limitare il dramma. Del resto il 15 ottobre 2000 gli abitanti di Torino si trovarono isolati dal mondo. Chiusi i 29 ponti sui tre fiumi, nessuna possibilità di entrare o uscire dalla città in gran parte al buio perché senza energia elettrica e niente acqua potabile. Persino l’ospedale infettivologico, Amedeo di Savoia, immerso nel verde e circondato su tre lati dalla Dora, dovette essere evacuato in tempi brevissimi nel terrore di essere allagato. Medici, infermieri, aiutanti vari lavorarono senza sosta per trasferire i pazienti in altri ospedali. Il tutto in una situazione devastata dall’acqua e dal fango. Vigili del Fuoco, Protezione Civile, carabinieri, Polizia, Vigili Urbani, Guardia di Finanza faticarono senza interruzione per affrontare la catastrofe.
A 20 anni dall’alluvione dell’ottobre 2000 che devastò quattro regioni, numerose altre alluvioni hanno causato vittime e distruzioni in molte zone dell’Italia. Tra i più gravi ricordo quello capitato in Sicilia, in provincia di Messina tra Giampilieri superiore e Scaletta Zanclea, il 1 ottobre 2009, che con distruzione e danni causò anche 37 morti. Tra le peggiori alluvioni sottolineo quella avvenuta in Liguria il 25 ottobre 2011 sulle Cinque Terre, con Vernazza e Monterosso stravolte, 18 vittime e danni per centinaia di milioni di euro. Pochi giorni dopo, il 4 novembre 2011, capitò a Genova, con la distruzione di alcuni quartieri e sei morti. Piogge torrenziali anche nella Sardegna nord orientale con 18 vittime, ponti crollati, case, strade distrutte, il 18 novembre 2013.
L’elenco, lungo, potrebbe continuare. Si tratta di eventi che accadono in gran parte tra settembre, ottobre, novembre. Forse l’unico provvedimento per limitare il numero delle vittime e la gravità dei danni, è la prevenzione. Pulire fiumi e torrenti, costruire argini adeguati, costante manutenzione delle fognature bianche. C’è chi sostiene che prevenire costa. Eppure è molto più costoso soccorrere le vittime e riparare i gravissimi danni provocati da ogni alluvione. Gli esempi sono oramai numerosi. Dunque per quale motivo si interviene sempre, assolutamente sempre, dopo che sono accadute tragedie annunciate?