Dario Gedolaro
E’ davvero finita l’era Tavares? Il maggiore azionista, John Elkann, ha finalmente puntato i piedi di fronte alla francesizzazione del gruppo e deciso di prendere il comando dell’azienda? Sono interrogativi legittimi e particolarmente interessanti per Torino.
Dopo le improvvise dimissioni dell’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, i giornali francesi (chissà perché non ripresi da quelli italiani) avevano scritto che John Elkann non solo voleva ora dettare lui la linea industriale del grande Gruppo Automobilistico, ma anche tentare di farsi cedere le azioni dalla famiglia Peugeot e dal governo francese per diventare, come era sempre stata la sua famiglia prima nella Fiat e poi in Exor, il vero azionista di riferimento.
Ipotesi azzardate? L’incontro avvenuto al ministero delle Imprese e del Made in Italy, convocato dal ministro Adolfo Urso – alla presenza anche del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti e della ministra del Lavoro Marina Calderone – a cui hanno partecipato il responsabile per l’Europa di Stellantis, Jean-Philippe Imparato, e i presidenti delle regioni interessate, ha rappresentato una assoluta novità rispetto agli anni scorsi. Novità nei toni, nel clima e soprattutto nelle promesse fatte dal gruppo automobilistico.
C’è un cambio di passo o come ha detto un po’ enfaticamente il ministro Urso: “Una svolta storica”. Imparato ha presentato il piano per le fabbriche italiane del gruppo e fatto promesse (prendiamole per buone) importanti. Bisogna essere obiettivi e ammetterlo, dopo mesi e mesi di critiche a John Elkann e a Tavares di voler smantellare tutto ciò che era rimasto in Italia di automotive (quindi anche le aziende della componentistica) e portare le produzioni in Paesi dal costo del lavoro minore, a cominciare dal Nord Africa.
Se non si vuole polemizzare a tutti i costi, come purtroppo fanno ormai le opposizioni su qualsiasi argomento, bisogna riconoscere che mai governo italiano da molti anni a questa parte aveva fatto il muso così duro con la più importante fabbrica manifatturiera del nostro Paese. Le opposizioni di sinistra, PD in primis, non lo ammettono, dimenticando il piccolo particolare che la nascita di Stellantis – targata Francia con il “cuore” portato a Parigi – era passata senza colpo ferire da parte del governo giallo-rosso Conte 2, cui partecipavano Pd, Movimento 5 Stelle, Italia Viva di Renzi e sinistra di Leu. D’altronde, è nello stile aggressivo di Elly Schlein, quello del “piove governo ladro” o, biblicamente parlando, “muoia Sansone con tutti i filistei”.
Ma parliamo di cose serie e cioè del nuovo piano Stellantis, sapendo che bisognerà passare dalle parole ai fatti e che in campo industriale molto dipenderà da come andranno concretamente i mercati e cioè le vendite di auto, attualmente in forte sofferenza. Che cosa ha detto Imparato? Ha parlato di centralità dell’Italia nelle produzioni di Stellantis e ha indicato una precisa identità produttiva per ciascuno degli stabilimenti italiani con la garanzia dei livelli occupazionali. Torino viene individuata come quartier generale e centro direzionale e finanziario – dove avrà la sua sede operativa anche Imparato – e hub internazionale per i veicoli commerciali. E il cosiddetto indotto? Stellantis ha confermato l’impegno di acquistare circa 6 miliardi di forniture nel 2025, come accaduto nel 2024. Inoltre l’azienda ha comunicato l’istituzione di struttura di missione, con un referente specifico, che si interfacci con le aziende italiane. Non solo, Imparato ha assicurato: “Stellantis porterà avanti il piano industriale in Italia con risorse proprie, senza qualsiasi forma di incentivo pubblico alla produzione“.Il Piano Italia, ha detto ancora, prevede per ogni stabilimento modelli che arrivano al 2032 e, per il 2025, circa 2 miliardi di euro di investimenti. Il governo dal canto suo – ha detto Urso – metterà a disposizione del comparto e della filiera oltre un miliardo di euro nel 2025 per supportare le imprese nella transizione in corso.
Più in particolare, Stellantis ha confermato la produzione del secondo modello a Mirafiori, produzione che sarà anticipata all’autunno 2025. Per la prima volta si è inoltre discusso di volumi: si prevede una produzione tra le 90 mila e le 100 mila unità per questo nuovo modello, con due turni produttivi. Un dato che, insieme all’attuale produzione della 500 elettrica, proietta lo stabilimento verso le 120-130 mila unità annue, avvicinandosi all’obiettivo di 200 mila veicoli fissato con sindacati e associazioni imprenditoriali. Per quanto riguarda la produzione di cambi, l’incremento stimato è del 50%, passando dagli attuali 600 mila a 900 mila pezzi all’anno. Inoltre, lo sviluppo dell’hub del riciclo prosegue con una crescita costante.
“Alla luce di questa situazione – hanno commentato il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, e la vicepresidente, Elena Chiorino – nel rappresentare l’apprezzamento della Regione per l’importante cambio di passo tanto auspicato, abbiamo voluto anche evidenziare in maniera molto netta un avvertimento: siamo pronti a monitorare, insieme al governo, il rispetto degli impegni presi soprattutto per quanto riguarda la tutela dei posti di lavoro e delle filiere produttive. Il piano presentato deve tradursi in realtà”.
La cautela, come si vede è d’obbligo; nonostante le promesse, il 2025 rimane per il settore auto piemontese un anno molto difficile, ma non si può negare che, come dice il segretario nazionale della Fim – Cisl , Ferdinando Uliano, siano davanti a “un momento di svolta nei rapporti con l’azienda dopo l’uscita di Tavares”. Ed ora pressing su Bruxelles per chiedere meno rigidità sul futuro “verde” dell’auto.