Carola Vai
Ricordare Primo Levi leggendo il suo capolavoro, “Se questo è un uomo”, al microfono del palco del teatro Flaiano ,a pochi metri da Piazza Argentina, Roma. Così, scrittori, letterati, docenti, giovani, persone di ogni età, si sono alternati in una lettura lunga ore, iniziata la sera di martedì due luglio davanti ad un pubblico attento. L’iniziativa nata dall’idea della giornalista Loretta #Cavaricci , e lanciata sui social, ha attirato un gran numero di persone.
Indifferente al caldo afoso, un pubblico definito “movimento culturale popolare” dal direttore artistico della maratona letteraria, Luca Pizzurro, ha aderito al progetto con entusiasmo. E’ nata una sorta di “staffetta” dove in molti, me compresa, hanno letto un pezzo dell’opera di #PrimoLevi secondo l’assegnazione fatta da Pizzurro. Il linguaggio chiaro, privo di retorica, adottato da Levi in “Se questo è un uomo” ben si è adattato alle varie voci che hanno in gran parte dei casi colto lo spirito che scaturisce da pagine zeppe di eventi tragici. Letture fatte non solo in italiano, ma pure in inglese, francese, spagnolo, portoghese, ebraico. Così tra scrittrici come Dacia Maraini, Catena Fiorella, la psicoterapeuta Vera Slepoj, si sono alternati molti giovani volontari, professionisti come il direttore del teatro Antonello Avallone, professori, e tanti altri. Una “notte bianca” per non dimenticare le parole di Primo Levi: “considerate se questo è un uomo che muore per un sì o per un no”. Come ha sottolineato Dacia Maraini che ha voluto leggere pubblicamente un lungo tratto del libro “bisogna consegnare al pubblico le parole di Primo Levi. Il libro rappresenta la conoscenza e il cambiamento del pensiero”.
Convinta dell’importanza di ripetere l’esperienza la psicoterapeuta Vera Slepoj: “Iniziative culturali come queste
sono cibo per la mente. Bisogna allargare gli orizzonti”. Emozionata, Loretta Cavaricci, ha ammesso di essere stata ispirata da una iniziativa analoga realizzata a New York in memoria di Primo Levi del quale quest’anno ricorre il centenario della nascita. Lo scrittore nacque infatti il 31 luglio 1919, a Torino, da una famiglia ebrea. Nel 1930 si iscrisse al Ginnasio D’Azeglio di Torino, poi al liceo, noto per aver avuto tra i docenti Norberto Bobbio e Massimo Mila. Fino al 1938 condusse una vita tranquilla finendo per laurearsi in chimica nel 1941. Fuggito in montagna dopo l’8 settembre 1943 con un gruppo di partigiani, venne arrestato tre mesi dopo dalla milizia fascista. Nel febbraio 1944 finì prigioniero nel campo di concentramento di Auschwitz in Polonia, dove rimase fino alla liberazione, avvenuta il 27 gennaio 1945. Fu uno dei 20 sopravvissuti dei 650 ebrei italiani arrivati con lui al campo. Il viaggio di ritorno in Italia fu lungo e difficile, descritto nel libro di memorie, “La Tregua”.
Ma l’esperienza nel campo di concentramento segnò profondamente Primo Levi. Tornato a Torino, riallacciò i rapporti con famigliari e amici sopravvissuti, scrisse quasi subito il libro “Se questo è un uomo”. Il volume inizialmente rifiutato da molti editori, compreso Einaudi, lo convinse a trovarsi un lavoro come chimico. Intanto un piccolo editore, De Silva, lo pubblicò. Le vendite furono tuttavia scarse. Quando nel 1958 Einaudi decise di pubblicarlo, il libro ebbe un grande successo. Incoraggiato, qualche anno dopo Primo Levi riprese a scrivere realizzando “La Tregua” che nel 1963 vinse il Premio Campiello. Scrisse molte altre opere, fino all’11 aprile 1987, quando venne trovato morto ai piedi della scala del palazzo dove abitava ,in corso Re Umberto 75, Torino. E’ sepolto nel campo israelitico del cimitero monumentale di Torino.