Carola Vai
Strana città #Torino. Lo stop all’Italia per decreto contro il #coronavirus nel capoluogo piemontese ha sortito due effetti plateali. Strade e piazze del centro totalmente vuote, parchi affollati. Soprattutto di giovani e giovanissimi. Essendo uscita da casa per una necessità farmacologica, ho approfittato per osservare la situazione . Riconosco che trovare il cuore di Torino completamente deserto crea un certo stupore ed anche una certa angoscia. Ma pure la soddisfazione di scoprire negli abitanti la capacità di adeguarsi alle esigenze del momento. Illusione. Basta spostarsi verso i parchi e lo scenario è diverso. Molti giovani, ma pure tanti adulti, sembrano ignorare l’invito a “stare a casa”.
Comportamento che attraverso uno sguardo delle immagini trasmesse nel web pare ripetersi in tutta Italia. L’atteggiamento disubbidiente alle regole rischia di penalizzare tutti . Infatti, per frenare il contagio il governo potrebbe applicare ulteriori limiti alla libertà individuale e aggiungere alla già obbligatoria chiusura di scuole, università, bar, ristoranti, uffici, negozi ( tranne alimentari, edicole, farmacie), altre restrizioni. Del resto non si possono avere ospedali e sanitari al limite delle loro forze per l’arrivo di sempre più numerose persone contagiate dal virus, e incoscienti che considerano lo stop dell’Italia come un’occasione di vacanza. Proprio a #Torino si sta pensando di bloccare “l’attività motoria all’aria aperta”. In pratica il controllo e la chiusura dei parchi. La città ha sospeso il pagamento delle strisce blu fino al 25 marzo per favorire lo spostamento di coloro che devono garantire i servizi essenziali. Nessun blocco del trasporto pubblico dove i mezzi viaggiano semivuoti, quando non addirittura vuoti come mi è capitato sul tram 15. Ma lasciare le proprie
abitazioni senza motivi urgenti e magari con la convinzione che “le regole sono fatte per essere trasgredite”, è un atteggiamento insensato. Torino mostra in gran parte di essere una città responsabile, come confermano strade, piazze, i 18 chilometri di portici pressoché vuoti. Tuttavia bastano poche centinaia di persone con comportamenti menefreghisti ed egoisti per penalizzare migliaia di cittadini. L’emergenza coronavirus non solo sta dimostrando come lo smantellamento della #sanità pubblica in atto da anni sia una politica fallimentare per il bene della società, ma pure l’indebolimento del settore scolastico contribuisce a distruggere un Paese. L’importanza di adeguarsi alle regole, soprattutto quando riguardano il bene di ogni singolo e in generale della società, si apprende fin dalle scuole primarie e poi dalle secondarie. Solo con la consapevolezza, in un momento di emergenza, della rilevanza di seguire le regole, soprattutto in un Paese come il nostro da tempo abituato a vivere in Democrazia, ossia senza
imposizioni dittatoriali, aiuta a risorgere senza danni irreparabili. Invece, ignorando suggerimenti e veti si va incontro a guasti sanitari ed economici di portata incalcolabile. Inutile dire che illustri esperti della materia coronavirus negli ultimi giorni hanno espresso pareri contrastanti sul contagio, sulle cure, sulla mortalità. I numeri, impietosi, mostrano che contagi e morti aumentano.
Le polemiche sono inutili. Il virus ignora differenze politiche, sociali,
sessuali e sempre più spesso pure anagrafiche. Poiché siamo noi i primi artefici del nostro salvataggio, vale la pena riflettere seriamente prima di voler dimostrare che siamo tanto indipendenti da rifiutare qualsiasi ordine. Per evitare le imposizioni, occorre comportarsi con un grande senso di responsabilità. Esclusivamente agendo con avvedutezza salviamo la nostra vita fisica, contribuiamo alla ripresa, seppure lenta, e di conseguenza evitiamo la catastrofe economica già all’orizzonte per molti settori a cominciare da turismo, commercio, infrastrutture, con migliaia di posti lavori a rischio.