Paolo Girola
Troppo spesso in Italia i problemi gravi finiscono in rissa e polemica strumentale , con annesse ipocrisie. Così diventa , poi, difficile accertare se ci sono state vere responsabilità ed evitare che si allestiscano tribunali del popolo . Un caso tipico è quello delle RSA per anziani sulle quali si cerca di fare un gigantesco scarica barile. Lo scrive bene Michele Vietti sul Corriere di Torino, in un intervento che il giornale titola “ Sulle RSA una gigantesca ipocrisia “, mentre troppi organi di informazione si lanciano in una caccia alle streghe in cui non si capisce più chi sono le streghe, farcita di luoghi comuni .
Scrive Vietti: “Il polverone suscitato in questi giorni intorno alle Rsa è frutto di una gigantesca ipocrisia collettiva…Le Rsa non sono ospedali …Degli ospedali non hanno né l’organico medico né le apparecchiature. Ma soprattutto a mutare radicalmente rispetto a quella ospedaliera è la tipologia degli assistiti, che restano in carico al proprio medico di base, anche per la prescrizione farmaceutica. La Rsa assicura la tutela infermieristica, assistenziale, riabilitativa, psicologica e l’animazione…Non ci sono «ricoverati» ma «ospiti» che hanno nella RSA la propria residenza definitiva.”
In una emergenza sanitaria le RSA si servono della rete ospedaliera e tramite il servizio di guardia medica trasferiscono l’ospite al pronto soccorso più vicino che, quando stabilizzato, rientra nella struttura. Precisa Vietti: “Questo interrompe il ciclo di controllo della Rsa e non è un mistero come in questa crisi l’ospedale sia stato, suo malgrado, l’epicentro del contagio. Gli epidemiologi ci hanno spiegato che una gestione ospedalocentrica dell’infezione ha contribuito ad allargarla. E anche le Rsa ne hanno patito le conseguenze.”
Giustamente Vietti fa notare come le Residenze sanitarie per anziani “ hanno vissuto le iniziali difficoltà di approvvigionamento e le incertezze di come fronteggiare il contagio (ivi compresa l’interruzione delle visite dei parenti, disposta tempestivamente pur consapevoli del prezzo da pagare in termini affettivi). Con l’aggravante che il morbo colpisce più duramente i soggetti deboli e le RSA sono un concentrato di anziani”.
In mezzo alla bufera queste strutture, fa ancora notare Vietti, hanno fatto prevalere la “ continuità assistenziale nei confronti di persone per cui l’interruzione cautelativa del servizio avrebbe voluto dire esporle a rischi ancor peggiori. La stessa dedizione degli operatori non può diventare eroismo in un contesto e colpa in un altro”.
Non metto in dubbio il dolore di parenti che compaiono in televisione lamentando di non aver più potuto abbracciare i cari poi deceduti, come succede per tutti i ricoverati in ospedale. Ma è la dura legge di questa “ guerra”, per tutti. Qualche dubbio maligno mi sorge…ma sarebbe un giudizio temerario e non lo esprimo.
Inoltre mentre ora si mettono talora sotto accusa queste strutture , invano molti dirigenti hanno denunciato l’emergenza che cresceva , le necessità urgenti, l’assenza di esami specifici, come i tamponi che spettavano alle ASL. Nel caos delle prime settimane non hanno nemmeno ricevuto risposte e solo molto lentamente gli esami sono stati avviati su ospiti e operatori sanitari.
Concludo con le parole di Michele Vietti: “Se questa caccia alle streghe continuasse, finirebbe per demotivare ulteriormente chi lavora a prezzo di grandi sacrifici nelle Rsa, mettendolo in fuga. E poi che cosa faremmo il giorno dopo l’epidemia, se avremo terremotato la rete delle RSA? Chi garantirà la continuità assistenziale? Con cosa sostituiremo questo tassello fondamentale del welfare della terza età?”