*Pier Carlo Sommo
Parole e numeri sono gli strumenti messi a nostra disposizione per comunicare. Le parole sono importanti, ma i numeri sono anche un elemento indispensabile per connettersi in modo chiaro con il mondo che ci circonda. Dire “oggi fa freddo” esprime una sensazione soggettiva e personale difficile da comprendere per gli altri se non la quantifichiamo. Dire “oggi ci sono zero gradi”, trasforma lo stesso concetto da soggettivo in oggettivo. Siamo abituati a pensare ai numeri come entità precisa e ma nei rapporti quotidiani usiamo spesso i numeri anche per indicare quantità imprecise, a volte piccole, ad esempio quando diciamo di voler fare “quattro passi”, oppure grandi quando diciamo “Te l’ho detto un milione di volte!“.
Nel campo della comunicazione di crisi si può comunicare un evento negativo in maniera più o meno psicologicamente rilevante, utilizzando in diversi modi i numeri. Valutare il rischio individuale impressiona di più. La mente ha difficoltà a comprendere i valori statistici e le frazioni. Il dato numerico viene meglio valutato per confronto ( es. una popolazione pari a quella di Roma) e non in isolamento. Ovviamente queste tecniche psicologiche possono essere utilizzate in positivo ed in negativo, ovverosia per spiegare o nascondere. Per fare un esempio piuttosto utilizzato ma valido, affermare che “l’8% dei discepoli ha tradito Gesù”, appare più grave di dire che “in realtà si tratta di una singola persona”. Il dato è assolutamente veritiero e corretto in entrambi i casi, ma l’effetto psicologico di comunicazione è ben diverso.
In sostanza, nella comunicazione pubblica o commerciale i numeri possono essere usati sia per chiarire sia per confondere.
Nel campo sanitario l’impiego corretto dei numeri è poi la chiave essenziale per comprendere come è stato progettato e realizzato ad esempio uno studio clinico. I numeri forniscono le dimensioni dei campioni studiati e soprattutto quali sono le caratteristiche dei partecipanti alla ricerca, in modo che si possa poi valutare la trasferibilità dei risultati sui pazienti. Anche qui i risultati possono avere un impatto emotivo nettamente diverso, a seconda di come vengono esposti e in base ai parametri utilizzati.
La comunicazione dei dati numerici inerenti il COVID 19 è stata ed è veramente deficitaria a livello pressoché planetario.
In alcuni casi è stata manipolata in modo involontario, perché i tecnici di settore divulgano dati che sono solo comprensibili al loro livello di conoscenza specifica e non ai comuni mortali. E purtroppo spesso gli addetti alla comunicazione soggiacciono a tali dati senza intervenire. Occuparsi di comunicazione pubblica in Sanità è un mestiere che richiede una idonea preparazione. Ogni notizia deve essere valutata, verificata e decodificata dal gergo tecnico. Non si può divulgare alcuna notizia o dato scientifico senza questo indispensabile processo, che inoltre testimonia il livello di professionalità del comunicatore. Quindi se è mal spiegata spesso è per carenza di professionalità nel comunicare, In altri casi ancora, è purtroppo, alterata volutamente per ragioni politiche, ciò è evidente in alcuni casi, come il Brasile del presidente Bolsonaro.
Per capire la distorsione prima di tutto bisogna fare un’analisi sui dati generali. Ad esempio, la Cina ha un miliardo e 300mila abitanti, ed è il luogo dove à nato il coronavirus. Eppure denuncia solo 4.645 morti. L’Italia, con 60 milioni di abitanti, ha avuto finora 35.000 morti circa che aumentano di 50/60 unità al giorno. E’ più che evidente che i conti non tornano in un processo logico comparativo.
Se veniamo all’Italia, ci sono percentuali di contagio diversissime, comunicate esattamente nel numero, ma spiegate male nel dettaglio. Ad esempio la Valle D’Aosta ha avuto “solo” 144 morti, ma è percentualmente un dato altissimo perché gli abitanti sono circa 123.000; pochi lo hanno spiegato bene.
Altra stranezza, alcune Regioni distribuiscono dati del tipo: “oggi sono morte 10 persone, 2 decedute oggi. le altre nei giorni precedenti” . Ma perché? Quando e dove sono morte? E di quale età? Il dato parziale o non contestualizzato crea incertezza in chi poi lo immette nei media, vediamo così spesso che il dato comunicato viene interpretato in modo diverso. Ingiusto dare la colpa al giornalista, quando la responsabilità è dell’ente pubblico, che fornisce dati poco chiari, quando non addirittura inesatti.
Altra regola aurea della comunicazione di crisi: non esagerare ad allarmare e non rassicurare troppo.
In un fenomeno ormai a lunga durata come il COVID19 bisogna valutare i trend di crescita o calo su più giorni. In questi mesi abbiamo assistito a balletti di ottimismo e pessimismo quando i numeri dei decessi aumentavano o calavano di poche decine di unità, il pubblico più distratto ha interpretato o la fine del pericolo o il panico totale. Oggi, 14 giugno, la media dei decessi su un parametro di circa due settimane è di 50/60 morti al giorno a livello nazionale, per il Piemonte 8/10 unità. La valutazione andrebbe espressa in modo molto semplice: la forte espansione è cessata, lentamente l’epidemia è in calo, ma il pericolo sussiste ancora e le precauzioni devono essere ancora elevate.
Inoltre la fine della pandemia è, secondo i più validi virologi, assolutamente non prevedibile con precisione ma solo per larga ipotesi. I vaccini richiedono tra test e studi da dodici a diciotto mesi, quindi con grande fortuna la conclusione potrebbe arrivare a fine 2020 o inizio 2021, tenendo conto che la vaccinazione di alcuni milioni di cittadini richiederà i suoi tempi.
Se ciò non avverrà si può ipotizzare una fine naturale con la cosiddetta “immunità di gregge”. Ma, sempre secondo alcuni virologi, se il parametro temporale è quello dell’influenza detta “spagnola” che durò dall’ inizio del 1918 alla metà del 1920, purtroppo si può pensare oggi solo a una ipotesi di scomparsa del virus a metà 2021.
Per concludere, al fine di evitare le trappole dell’informazione fuorviante è essenziale, a livello dei giornalisti saper riconoscere gli artifizi numerici che possono
ingigantire piccoli benefici o nascondere l’irrilevanza di asserzioni enfatizzate. La scelta dei numeri “giusti” ai quali dar credito è di fondamentale importanza perché i cittadini possano affrontare con relativa sicurezza e tranquillità un evento pandemico che in effetti è veramente epocale.
Sarebbe poi invece un dovere della pubblica amministrazione e dei politici emanare solo una informazione prodotta ed elaborata dai tecnici di settore unitamente ai professionisti della comunicazione ed informazione. Finora tutti i politici intervenuti direttamente sul tema hanno avuto più danno che vantaggio. Infatti, anche in questo caso esiste una regola della comunicazione di crisi violata sistematicamente: “mai esporre i vertici se le situazioni non sono più che chiare….” .
*Pier Carlo Sommo – Professore a contratto di Comunicazione pubblica presso le Università di Torino e Cattolica Roma