Pier Carlo Sommo
La Toscana è una terra di cultura, panorami e continue scoperte. Nel comune di Chiusdino, a una trentina di chilometri da Siena, sulla strada per la Maremma vi è un luogo veramente singolare, dotato di malinconico, irresistibile fascino: il complesso composto dalle rovine della grande Abbazia Cistercense di San Galgano e dall’Eremo o Rotonda di Montesiepi.
La più antica delle due costruzioni è la Rotonda di Montesiepi edificata tra il 1182 ed il 1185, su una collina dove c’era la capanna di San Galgano, che qui visse il suo ultimo anno di vita e fu poi sua prima tomba. Del Santo titolare del luogo si sa che morì nel 1181 e che, convertitosi dopo una giovinezza disordinata, si ritirò a vita eremitica per darsi alla penitenza, con la stessa intensità con cui si era prima dato alla dissolutezza. Al centro della piccola chiesa c’è un masso con infissa una spada. Secondo la leggenda, il Santo la piantò nella roccia quando abbandonò le armi per la vita monastica. Da questo fatto nacque il culto di San Galgano diffuso tra i cavalieri,
Gli imponenti e affascinanti resti dell’Abbazia, a breve distanza dalla chiesetta, hanno una storia lunga e travagliata. Il monastero nacque per volontà del vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi, che promosse la costruzione dell’ importante monastero. A edificarla furono chiamati i Cistercensi. Nel 1218 iniziarono i lavori di costruzione dell’abbazia nella piana del torrente Merse, e nel 1288 venne consacrata. La grande ricchezza dell’abbazia portò i suoi monaci ad assumere una notevole importanza economica e culturale tanto da spingere la Repubblica di Siena a stringere stretti legami con la comunità. Ma lo splendore e il potere durò solo 100 anni.
Nel XIV secolo iniziò il declino. Prima la carestia del 1328, poi la peste del 1348 decimarono i monaci e portarono all’arresto dello sviluppo del cenobio. Nella seconda metà del secolo l’abbazia, come tutto il senese, venne più volte saccheggiata dalle compagnie di ventura che scorrazzavano per il territorio. Nel 1503 l’abbazia venne affidata ad un abate commendatario, una scelta errata che accelerò la decadenza e la rovina del complesso.
Nel 1550 uno dei nefasti commendatari, Girolamo Vitelli fece rimuovere per poi vendere la copertura in piombo del tetto della chiesa, così le strutture iniziarono a deperire rapidamente. Nel 1662, privata della copertura, la chiesa era già in un irreversibile degrado.
Nella prima metà del Settecento il complesso risultava ormai diroccato in più parti. Infatti nel 1781 crollò quanto rimaneva delle volte, poco dopo cadde anche il campanile.. Negli anni seguenti l’abbazia venne trasformata in una fonderia, e nel 1789 la chiesa fu definitivamente sconsacrata e abbandonata. I locali del monastero, parzialmente restaurati, diventarono la sede di una fattoria.
Verso la fine dell’Ottocento riprese l’interesse per il monumento. Nel 1924 finalmente iniziò il restauro eseguito con metodo conservativo, pertanto non furono realizzate ricostruzioni arbitrarie o integrazioni: si decise semplicemente di consolidare quanto rimaneva del monastero.
Ciò che vediamo oggi è una struttura imponente in stile gotico che colpisce chi la incontra per la prima volta, sia per l’isolamento e quindi la sacralità che emana. La particolarità di non avere copertura trasmette una sensazione unica, trovarsi in una chiesa e avere come copertura direttamente il cielo è cosa rara. E’ stata utilizzata più volte per riprese cinematografiche.
Oggi è possibile visitare l’interno dell’Abbazia, la Sala Capitolare, lo Scriptorium (al cui interno si trova la biglietteria e il punto informazioni turistiche con bookshop) gli ambienti esterni come i resti del Chiostro e le aree adiacenti intorno al complesso abbaziale. Sono in corso lavori di restauro che permetteranno di visitare altri locali. A Montesiepi, a pochissima distanza dall’ Abbazia è possibile visitare l’interno dell’ Eremo, dove è custodita la misteriosa Spada nella Roccia e la cappella con gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti
Per orari di accesso e tariffe si può consultare la pagina del Comune di Chiusdino, che dal 2017 è proprietario del complesso.