Carola Vai
Le montagne in Italia tra Alpi, Prealpi e Appennini occupano il 35,2% del territorio. Le vacanze sulla neve sono diventate un affare da miliardi di euro negli ultimi anni e impegnano migliaia di lavoratori. Eppure il settore è tra i più trascurati dal governo nazionale. “L’ultimo Dpcm – Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – è uno schiaffo al mondo della montagna e a tutti i suoi abitanti”. A puntualizzarlo è l’architetto Valter Marin, sindaco di Sestriere (Torino) dal 2009 al 2019, presidente dell’Unione Montana dei Comuni olimpici Via Lattea dal 2013 al 2018, attualmente consigliere regionale del Piemonte nelle file della Lega. Sul tema “montagna” Marin è un esperto. Lo conferma il suo curriculum ricco di incarichi riguardanti il settore, ed anche la sua vita trascorsa in gran parte sulle montagne tra Pinerolo e Sestriere dove abita con la famiglia.
Dunque il mondo della montagna è in rivolta contro le decisioni del governo?
“Non siamo abituati ad urlare, ma di certo ci stiamo organizzando per far ascoltare la nostra voce. Lo stop al mondo dello sci nel periodo natalizio sta lasciando senza lavoro migliaia di persone sia nelle località dell’arco alpino che in quelle degli Appennini . Si tratta di lavoratori in gran parte stagionali e senza coperture economiche, come ad esempio la cassa integrazione. Senza contare la paralisi di tutto l’indotto. L’economia, in tutto l’arco alpino, prealpino e gran parte degli Appennini ruota intorno al turismo invernale. Quello che viene definito “divertimento” ha un peso economico stimato tra i 10 e i 12 miliardi di euro tra diretto, indotto e filiera. La paralisi del settore nell’arco natalizio, secondo le stime dell’Anef, l’Associazione nazionale degli esercenti funiviari, determina una perdita di circa 8,5 miliardi di euro, più o meno pari al 70% del fatturato. Migliaia di persone restano senza lavoro. Ad esempio i maestri di sci che in Italia sono circa 15.000, secondo l’Anef, al quale vanno aggiunti 1.200 impiegati impegnati nelle oltre 380 scuole. Ma potrei continuare l’elenco .
Eppure la chiusura del mondo sciistico viene attribuita alla necessità di frenare la diffusione del Covid19. Un modo per evitare assembramenti nelle località sciistiche.
E’ una spiegazione che può dare solo chi non conosce il mondo della montagna. Sui campi di sci in inverno si va con tuta, guanti, copricollo, occhiali, casco o berretto per difendersi dal freddo. Insomma ci si copre quasi completamente. Come si può dire che siano luoghi favorevoli al contagio del Covid19? C’è poi da ricordare che si è all’aperto, dunque con scarsi pericoli di contagio rispetto agli ambienti chiusi. Se si temevano gli assembramenti davanti agli sportelli per l’acquisto dei biglietti necessari per prendere i vari impianti di risalita o seggiovie o funivie, bastava imporre la vendita on line. Infine si poteva limitare il numero delle persone sulle cabinovie e seggiovie . Per concludere , bastava consultarsi con chi conosce bene il mondo della montagna. Invece non c’è stato e non c’è il minimo rispetto per un settore che crea economia e fa vivere territori già fragili e che faticano molto andare avanti.
Le piste da sci in Italia coprono migliaia di chilometri, in gran parte molto apprezzate anche dagli stranieri che arrivano da tutti i Continenti. Intere località vivono sull’industria sciistica. Pensate di unire le forze per affrontare la crisi?
Il comprensorio italiano più esteso nello sci di discesa è il Dolomiti Superski, 1200 km di piste e 450 impianti di risalita. In Piemonte il più grande comprensorio è La Via Lattea con 7 località: Sestriere, Sauze d’Oulx, Oulx, Sansicario, Cesana, Pragelato e Claviere per un totale di 400 km di piste e 63 impianti. Una totalità di 4.300 abitanti che creano oltre 5.500 posti di lavoro nel periodo invernale. Ci sono poi Breuil Cervinia con 322 km di piste e 52 impianti, mentre la sola Cortina possiede 120 km di piste e 29 impianti. Le cifre, e sono solo le principali, mostrano in modo evidente che la politica della montagna è una cosa seria, non può essere affrontata in modo superficiale.
Ma la montagna non è solo sci.
Infatti. Bisogna far capire che in montagna, anche in inverno, si possono praticare diversi sport . Ad esempio l’uso delle ciaspole o racchette da neve che consentono lunghe passeggiate sia in quota che tra i boschi. Certo non ha nulla a che fare con lo sci, nemmeno dal punto di vista economico. Ma dall’ultimo Dpcm si devono cogliere delle opportunità. Il Turismo è uno dei più importanti settori economici dell’Italia. Eppure il governo sembra dimenticarlo. O peggio: sembra volerlo distruggere. La gran parte delle località montane è trascurata rispetto le grandi e persino piccole città. Ad esempio, Sestriere grazie alle Olimpiadi invernali Torino 2006 ha ottenuto una buona copertura in ambito informatico, di reti e internet. A Sestriere si può lavorare in smart working . Molti altri centri di montagna non sono altrettanto fortunati. Stessa cosa capita in ambito sanitario dove i servizi sono spesso assenti o ridotti al minimo. Viene da chiedere: gli abitanti della montagna non hanno gli stessi diritti di coloro che vivono nelle grandi città? Perché il governo non capisce che la montagna muove un’industria non delocalizzabile? Nessuno può trasferire all’estero la bellezza delle montagne italiane. Perché trascurare, dimenticare e addirittura penalizzare gli abitanti delle varie località e territori montani anziché aiutarli, rafforzarli, potenziarli? L’ultimo Dpcm evidenzia ancora una volta la mancanza della conoscenza di base del mondo della montagna, che ha nel suo dna il rispetto delle regole. Le misure restrittive verso il mondo sciistico decise a tavolino provocheranno un crisi economica nel settore molto difficile da sanare.