Pier Carlo Sommo
L’arresto nei giorni scorsi dell’ufficiale di marina italiano che passava informazioni ai russi, fa ripensare alla letteratura e cronaca dell’intelligence vissuta dal secondo dopoguerra ad oggi. Abbiamo capito che la decadenza della politica internazionale ha travolto anche gli affari segreti. La “guerra fredda”, tra realtà, romanzi e film ci aveva abituati al racconto affascinante dello spionaggio. Nel passato era un susseguirsi di scaltre spie, abili e con intelligenza diabolica, donne fatali, per tutte si ricorda l’antesignana, mitica Mata Hari, fucilata dai francesi nel 1917.
Spionaggio che creava incidenti politici complessi, come quello dell’inglese John Profumo, segretario di Stato per la guerra del governo britannico, che nel 1963 bruciò la sua brillante carriera per la relazione con un’affascinante modella al servizio dello spionaggio sovietico. I dossier di Vasilij Nikitič Mitrochin, ex archivista del KGB, hanno svelato le intense attività illegali dei servizi segreti sovietici in Italia durante la guerra fredda, causando ipotesi e diatribe per anni.
Sulle pagine dei romanzi settimanali della collana “Segretissimo” Mondadori leggevamo romanzi scritti da autori che si ispiravano spesso a fatti reali ben dissimulati. Gli attraenti personaggi, OSS117, James Bond, “SAS” Malko Linge erano uomini belli e affascinanti che tra donne fatali e complotti si giostravano tra Saint Moritz, Cannes, Cortina d’Ampezzo, Londra, Parigi e nella Berlino ancora con il “muro”. Mangiavano caviale beluga, sorseggiavano champagne d’annata o cocktail famosi. Viaggiavano su Aston Martin, Ferrari, Maserati, i più poveri avevano una Ford Mustang o una Mercedes Coupé.
Erano protagonisti del grande scontro ideologico tra il capitalismo occidentale e il comunismo russo. Le spie erano intensamente motivate politicamente o ideologicamente, oppure erano bassamente e totalmente veniali, miravano solo a ingenti fortune da godere alle Bahamas o altri paradisi tropicali in ville principesche con donne bellissime. Quel mondo tra realtà e fantasia è in parte caduto con il crollo del muro di Berlino e la fine del comunismo. Ma qualcosa ancora viveva negli scontri ormai soft tra CIA e FSB (il successore russo del KGB), qualche barlume di spionaggio di buon livello appariva.
Per tornare agli italiani fatti odierni, a Roma abbiamo assistito a una strana spy story, tutto sommato, tra il buffo e il patetico. Come è noto in ogni ambasciata del mondo sono presenti uno o più funzionari legati allo spionaggio immancabilmente sorvegliati dal controspionaggio del paese che li ospita. Per cui se un militare, specialmente in servizio allo Stato Maggiore, incontra ripetutamente uno di questi funzionari è ovvio che immediatamente viene posto sotto sorveglianza. Quindi sull’astuzia e professionalità spionistica dell’italiano e del russo qualche dubbio viene… .
Le spie del passato si incontravano in grandi alberghi e casinò di località famose, i nostri due si sono incontrati di sera nel parcheggio di un supermercato della periferia di Roma, luogo che di notte è pressoché deserto e due auto utilitarie ferme possono anche insospettire un po’. Considerato che pare che l’ufficiale in questione, per sua ammissione, appartenga ai traditori per ragioni economiche, i 5.000 euro per i suoi servigi ricevuti nel parcheggio, sono ben pochi di fronte alle valige di dollari, lingotti d’oro e diamanti di cui si parlava nel passato, adibiti ad andare a vivere in località di sogno dei mari del sud e non di certo in una villetta di Pomezia…
Le spie classiche erano accompagnate da donne durissime silenziose anche sotto tortura. La moglie chiacchierona del nostro marinaio pasticcione è riuscita a creargli ulteriori guai, rendendolo su tutti i giornali inviso e ridicolo. La signora, che risulta di professione psicoterapeuta sessuologa, ha avuto la balzana idea di dichiarare ai giornali che suo marito ha venduto dei “segretucci” di poca importanza, perché preoccupato di non riuscire a mantenere il tenore di vita della famiglia, elencando tra i problemi, quattro figli, quattro cani, il pagamento del mutuo della villa di Pomezia e le quote delle palestre dei figli.
In buona sostanza, come anche lui ha affermato tramite il suo avvocato, non ha tradito per avere il lusso, ma per salvaguardare il tenore di vita dei suoi cari. Tanto per tentare di appellarsi al più melenso familismo italiano, il noto «tengo famiglia » che il grande Leo Longanesi aveva proposto di scrivere al centro del tricolore al posto dello scudo sabaudo all’alba della Repubblica, come grande scusa per qualsiasi cosa. Per chiarire ulteriormente la posizione del nostro marinaio, bisogna precisare che è Capitano di Fregata della Marina Militare, grado equivalente a Tenente Colonnello di Esercito, Aeronautica o Carabinieri. Quindi un ufficiale superiore con stipendio dai 3 mila euro mensili in su, cifra che oggi molti vorrebbero avere. Essere un militare di carriera è un mestiere ma anche una vocazione, mantenere il segreto è ancora più rilevante che per gli altri cittadini. Nell’Ordinanza del GIP di Roma l’uomo viene descritto come un “traditore senza scrupoli” e di “estrema pericolosità”. Secondo il Giudice le prove sono sintomatiche dello spessore criminale dell’indagato, che non si è posto alcuno scrupolo nel tradire la fiducia dell’istituzione di appartenenza al solo fine di conseguire profitti di natura economica.
In conclusione, una storia lontana dai romanzi di Jan Fleming, piuttosto analoga ad una bizzarra vicenda dominata dal ridicolo. I russi, post comunisti e quindi a parole meno brutali, hanno fatto dichiarazioni del tipo “non vi sarete mica arrabbiati perché vi spiamo un po’ ”, ed espelleranno probabilmente un paio di funzionari dell’ Ambasciata italiana di Mosca tanto per rimanere fedeli ai vecchi schemi.
Il nostro marinaio, a quanto pare incastrato da parecchie prove, rischia invece da 15 anni all’ergastolo, in quanto non ha ancora capito che non sta bene per un militare arrotondare lo stipendio con lo spionaggio e non spetta a lui decidere quali siano i segreti o segretucci possibili di vendita ai russi. La sua loquace signora e famiglia dovranno cercarsi un più modesto appartamento, poiché è difficile immaginare la banca titolare del mutuo sulla loro villa sia comprensiva del loro disappunto. Speriamo almeno che i 4 cani, privati del giardino della villetta, vengano adottati da persone comprensive.
Una storia , davanti ai fatti attuali, adatta ad occupare un posto d’onore nella letteratura del ridicolo. Non di certo nelle spy stories.