Carola Vai
#italiaunicaqui – Tre le sole vere novità del Salone Internazionale del Libro 2021 di Torino in corso nei padiglioni del Lingotto e dell’Oval: la realizzazione dal 14 al 18 ottobre, dunque in autunno anziché in primavera; l’utilizzo obbligatorio della mascherina e del green pass; la dimostrazione che il popolo affamato di libri e cultura preferisce le regole al disordine, la conoscenza all’ignoranza. Migliaia di visitatori di ogni età e provenienza, lontani dalle proteste dei no vax e no Green Pass, forse consapevoli che la salute fisica e mentale conta più di qualsiasi fantasiosa e assurda idea ricavata da convinzioni sbagliate create da false notizie. Girare tra gli stand degli oltre 700 espositori porta al passato anziché al futuro. Ma proprio la formula ripetuta dal 1988, anno della fondazione della kermesse, questa volta più che infastidire aiuta a ritrovare un poco di ottimismo dopo due anni stravolti dalla pandemia.
Del resto il direttore del Salone, Nicola Lagioia, all’inaugurazione ha ammesso l’obiettivo dell’appuntamento: “non fare numeri, ma ritrovare la nostra comunità. Un’edizione, questa, destinata a passare alla storia perché segna un prepotente ritorno alla normalità”. Infatti il desiderio di normalità rende “l’abito” del Salone ormai noto e ripetuto da trentatré anni, quasi gradevole, perché contribuisce a ritrovare un poco di serenità dopo un periodo reso tragico dal Covid. Persino l’inaugurazione della kermesse tenuta nella Sala Oro, la così detta Sala dei Famosi, all’Oval, ha avuto un clima simile ad una festa di fine guerra. La sfilata di ministri, sottosegretari, portaborse, fotografi e giornalisti subito dopo il taglio del nastro è passata nella totale indifferenza del pubblico più interessato a girovagare tra corridoi, stand e libri che a occuparsi di volti conosciuti al pari della tradizionale formula del Salone. Eppure anche il corteo dei big dell’inaugurazione ha contribuito ad appannare per qualche istante il ricordo degli ultimi due anni riportando il presente alla tranquillità del passato quando nessuno immaginava l’imminente arrivo della mortale pandemia. Il Salone del Libro di Torino si è davvero rivelato come una ripartenza dell’Italia migliore. Pure in fatto di vendite, soddisfacenti per la gran parte degli editori fin dall’apertura.
“Durante l’emergenza Covid i libri sono stati per molti cittadini un rifugio, un alleato, un’arma contro la solitudine e lo sconforto – ha scritto il Presidente Sergio Mattarella al popolo del Salone – laddove ci costringeva a distanziarci dagli altri, il libro ci ha permesso di avvicinarci a storie nuove, a personaggi diversi, a mondi inesplorati”. Parole confortanti per i visitatori del Salone, uomini e donne, giovani e vecchi, professori e studenti, dirigenti, impiegati, commercianti e cassaintegrati. Un mondo variegato, eppure unito da medesimi interessi: i libri. La divisione tra editori importanti e fighissimi sotto le volte dell’Oval ed editori più piccoli, più modesti, ma qualche volta più originali sotto le volte del Lingotto se per certi versi ha sottolineato una spaccatura, dall’altra ha offerto un’ottima opportunità a chi interpreta il Salone Internazionale del Libro un’occasione per scoprire perle editoriali poco note, difficilmente scovabili nelle sempre meno numerose librerie.
L’Italia ha mille colori. Ed anche i suoi abitanti, per fortuna. Il Salone del Libro non poteva ignorare questa realtà. Certo i sostenitori del fatto che dopo 33 edizioni ci sia molto da cambiare per rendere il Salone del Libro di Torino più brillante e attraente, non hanno tutti i torti. Molti incontri sono privi di smalto e l’unica scusante di certe scelte sono probabilmente attribuibile al fattore economico. Se un editore paga un determinato spazio, può ospitare e realizzare in quello spazio presentazioni e dibattiti a piacimento, purché non oltraggiosi di una certa linea comportamentale. Ben diversa è stata la formula degli accrediti on line che nonostante le infinite parole è parsa essere stata ideata più per scoraggiare che agevolarne l’uso. Rendere il servizio più semplice e comprensibile dovrebbe essere tra le priorità dell’edizione 2022. Inoltre, tra le indispensabili correzioni per il futuro, dovrebbe esserci pure quella di mettere qualche panchina nei vari corridoi per consentire alle persone che trascorrono ore nel salone di potersi ogni tanto riposare senza essere obbligate a rifugiarsi in uno dei bar o in qualche sala convegno. Insomma, il prossimo Salone ancora una volta, per la sesta, sotto la direzione di Nicola Lagioia, dovrebbe affiancare al ritorno della normalità anche un poco di originalità e una serie di correzioni pratiche. Le date in calendario indicano i cinque giorni dal 13 al 17 maggio 2022. Ma proprio in quel periodo Torino ospiterà l’Eurovision (dal 10 al 14 maggio). Pertanto la cinquina del Salone dovrà subire un cambiamento.
Intanto cuore del Salone anche in questo 2021 è stato fin dall’apertura lo stand del Libraccio, l’usato che passa di mano, il modernariato, 120 metri quadrati, 30 mila libri ordinati dove i “pescatori” di tesori noti e meno noti si sono accalcati ad ogni ora indifferenti all’attesa pur di entrare tra gli affollati scaffali. Simbolo assoluto del Salone, cercato, fotografato e ammirato è comunque stato ancora una volta la Torre dei libri, opera di Francois Confino.
Tra le notizie positive emerse dal Salone quella che l’editoria italiana potrebbe chiudere l’anno con una crescita a due cifre, compresa tra l’11% e il 16%, secondo l’Associazione Italiana Editori (AIE). “I dati dei primi nove mesi – ha spiegato il presidente di AIE, Ricardo Franco Levi – confermano la crescita strutturale dell’editoria italiana di varia e ci consegnano due fatti su cui riflettere. Il primo: dopo il sorpasso subito nel 2020, le librerie fisiche sono tornate a vendere di più delle librerie online, che comunque dopo la pandemia confermano il loro ruolo di primo piano. Il secondo: l’editoria italiana è sempre meno dipendente dai best seller e dalle novità, cresce il ruolo del catalogo e le vendite sono diffuse su un maggior numero di titoli”.