Dario Gedolaro
In un precedente articolo mi domandavo di che colore fosse l’ idiozia, contestando che il popolo “no green pass” fosse soltanto “nero” e non anche “rosso” o “giallo” (in riferimento alle aree politico/culturali che vengono così identificate). Ora ripropongo la stessa domanda in relazione alle polemiche suscitate da un’intervista allo storico Alessandro Barbero, accusato da più parti di bieco maschilismo.
Innanzi tutto, prima di esprimere giudizi bisognerebbe leggere e comprendere le affermazioni di Barbero, altrimenti si cade nei due più grandi difetti che una parte del cosiddetto mondo progressista dimostra con sempre più di frequente idiozia: l’ ottusità e il conformismo.
Nel caso di cui tratto si è presa di mira una frase di Barbero, che non era fra l’ altro un’ affermazione, ma una risposta interrogativa alla domanda: “Perché le donne faticano tanto non solo ad arrivare al potere, ma anche ad avere pari retribuzione o fare carriera?”
E lo storico così rifletteva: “Rischio di dire una cosa impopolare, lo so, ma vale la pena di chiedersi se non ci siano differenze strutturali fra uomo e donna che rendono a quest’ultima più difficile avere successo in certi campi. E’ possibile che in media, le donne manchino di quella aggressività, spavalderia e sicurezza di sé che aiutano ad affermarsi? Credo sia interessante rispondere a questa domanda”.
Dunque, un invito a una riflessione problematica, non una certezza. Ma la reazione ottusa di chi parla per luoghi comuni è immediatamente scattata. E’ una situazione che si ripete con preoccupante ripetitività: è accaduto con la questione “No green pass”, ma la stessa cosa vale per il Ddl Zan, con cui si vorrebbe propagandare nelle scuole la cosiddetta antiscientifica “teoria gender” (cioè che i generi maschile e femminile praticamente non esistono). La scrittrice Paola Mastrocola ha lucidamente scritto: “Mi sembra che dire di una persona che non è “aggressiva” né “spavalda” sia rilevarne due virtù non da poco, soprattutto in questi tempi di energumeni e rozzi tra cui ci troviamo ahimè a vivere. In quanto a dire che ci sono “differenze strutturali” tra uomo e donna, semmai mi sembra un’affermazione banale e troppo generica. Una di quelle banalità che appartengono al senso comune, oggi molto disprezzato, e che quindi forse, a volerle dire oggi, richiedono una buona dose di audacia e masochismo, e che purtroppo puntualmente, se dette, ogni volta scatenano l’inferno…”.
Poi ha rincarato la dose: “Che viviamo ormai sotto una cappa ideologica mi è chiaro da anni, ma non pensavo fino a questo punto. Temo che sempre di più ci si dovrà autocensurare preventivamente, o assoldare qualcuno che individui in noi e nelle nostre incaute parole quel quid di disallineato e scorretto e gentilmente, per la nostra incolumità, ce lo cancelli. (del resto, le case editrici americane già lo fanno con i sensitivity readers…!). Tapparsi la bocca meglio ancora, e tappare anche la mente impedendole di pensare ciò che non è ritenuto bene pensare, rientrare immediatamente nel coro e semmai chiedere scusa…”.
Sempre a proposito della querelle Barbero, mi ha confortato il commento di Piergiorgio Odifreddi, il quale ha sottolineato con amara ironia: “Il professor Barbero, da storico, avrebbe dovuto sapere che rischiava reazioni pavloviane a parlare del ruolo sociale delle donne. Se non fosse stato un esperto di Medioevo antico, ma di femminismo americano moderno, avrebbe saputo che da decenni quest’ultimo si lamenta che persino la parola history sia maschilista (a causa del prefisso his, che significa «suo», al maschile), e propone di passare a una femminista herstory! In italiano, oltre che in latino e in greco, «storia» è invece femminile, ma nessun uomo se n’è mai lamentato, proponendo di passare a «storio»… Chi pensa che sia tutto uno scherzo, cerchi su Wikipedia inglese herstory e vedrà…”.
Siamo al grottesco ed allora mi viene spontaneo ricordare l’ appello “ai liberi e forti” di sturziana memoria: non facciamoci tappare la bocca e il cervello da un’anticultura e un’antiscienza che cercano di essere dominanti e monopolizzanti. Si deve uscire dal coro del conformismo più idiota, dal luogo comune, dal salotto radical chic, dove domina la difesa di quelli che definisco “i capricci civili” e si trascurano i problemi reali della gente.