Pier Carlo Sommo
Tra le curiosità di Roma vi sono le sei statue parlanti, su cui, fin dal XVI secolo, i Romani affiggevano (l’abitudine permane tutt’ora) messaggi anonimi, contenenti critiche e componimenti satirici contro i governanti. I messaggi sono detti “pasquinate” in relazione alla statua parlante più nota, il Pasquino. Pochi sanno che una riproduzione del Pasquino è a Torino in piazza IV Marzo. Il monumento ricorda Casimiro Teja, che fu pittore, incisore e soprattutto vignettista satirico. Venne definito il “principe dei caricaturisti piemontesi“, era praticamente il Forattini dell’ Ottocento. Aveva frequentato la Reale Accademia Albertina di Belle Arti, era nato a Torino nel 1830, dove operò per tutta la vita e vi morì del 1897. Il monumento a lui dedicato, che nel basamento porta il suo ritratto in bassorilievo, fu inaugurato nel 1904, era stato commissionato dal Comune di Torino al famoso scultore Edoardo Rubino, artista di grande valore, tra le tante opere a lui si deve anche il Faro della Vittoria sul colle della Maddalena a Torino.
In un periodo in cui non c’erano computer e social network l’informazione, anche politica, viaggiava con il disegno, con le sue vignette Casimiro Teja ha incarnato, per il suo tempo, la migliore satira politica, fustigando implacabilmente i politici a partire dalla metà dell’ Ottocento.
Casimiro Teja, dopo aver collaborato con i principali giornali satirici, divenne nel 1863 direttore del giornale il Pasquino (1856 – 1930), con cui raggiunse fama nazionale.
Il Pasquino inaugurò una tipologia di periodico con caricature innovativa nel contesto italiano, un giornale «umoristico» settimanale, «non politico», con otto pagine invece delle quattro dei satirici in uso allora e con un maggior numero di vignette, sull’esempio dei similari giornali francesi. Il giornale, apertamente frivolo e ridanciano, con caricature di carattere sociale e di costume, era concepito espressamente per oltrepassare le barriere censorie che impedivano la circolazione dei giornali politici piemontesi al di fuori del Regno di Sardegna. Ma la sua azione fu sempre misurata e garbata, La sua satira adottò sempre toni piuttosto delicati, tanto che lo scrittore Edmondo De Amicis dichiarò «tutti gli avversari che Teja bollò nel Pasquino gli possono stringere la mano».
Pochi sanno che si deve a lui la proverbiale imprecazione “Piove, governo ladro!”, che apparve per la prima volta nel 1861 in una sua vignetta nel giornale Il Pasquino, in occasione di una dimostrazione dei mazziniani fallita a causa della pioggia. La vignetta raffigura tre dimostranti che si riparano dalla pioggia sotto un ombrello e uno di loro esclama la fatidica frase di protesta ancora in uso oggi.
A Teja si deve anche il soprannome di “Palamidone” (e cioè “lunga palandrana”) per Giovanni Giolitti, che come politico fu fra i più bersagliati nella storia della satira ( primato forse superato solo da Andreotti).
Fra i bersagli della sua satira, oltre ai politici, vi furono anche medici e farmacisti, accusati di proverbiale e secolare “ciarlataneria”: per esempio, una sua vignetta intitolata “Congressomania” viene pubblicata in occasione di un importante congresso di farmacisti tenutosi a Vienna nel 1869, e raffigura un gruppo di tronfi e paludati speziali impegnati in un anacronistico dibattito su una siringona colossale. Membro della massoneria fu anche attivo nella satira anticlericale, allora piuttosto diffusa, a causa della “questione romana”.
Dopo la sua scomparsa i suoi lavori vennero raccolti in un volume con la prefazione di Edmondo De Amicis, che fu suo grande estimatore.
Nel 2013, in occasione dei 150 anni del CAI, il Club Alpino Italiano, ( Teja fu anche appassionato alpinista) il Consiglio regionale del Piemonte lo ricordò con una mostra delle sue opere.
Peccato che i torinesi non utilizzino in nostro Pasquino come i romani per affiggervi messaggi per i governanti della città, onorerebbero la memoria del grande caricaturista e avrebbero parecchio da dire…