Carola Vai
“Meridionalista, politico e statista, costituente europeista, economista, antifascista, esule, scrittore e saggista”. Così la Presidente del Senato, Elisabetta #Casellati, ha tracciato la figura di #Nitti aprendo il convegno “I cento anni del Governo guidato da Francesco Saverio Nitti (1919-2019)”, nella sala Capitolare di Palazzo della Minerva, a Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’evento, su iniziativa della Commissione Biblioteca e Archivio Storico del Senato e della Fondazione Nitti, presiedute la prima da Giovanni Marilotti e la seconda da Stefano Rolando rientra tra i lavori del Comitato per le celebrazioni del centenario del Governo Nitti, presieduto da Giuliano Amato.
Elisabetta Casellati, prima donna Presidente del Senato, ha tracciato un intenso profilo di Nitti, politico che
sostenne la necessità di concedere il voto elettorale anche alle donne. “Non vi è dubbio che la figura di Nitti può e deve essere approfondita sotto ogni aspetto attraverso l’esame della sua notevolissima produzione politica e letteraria”, ha osservato.
Nitti nato nel 1868 da un rivoluzionario e da una contadina, nonostante le molte difficoltà economiche riuscì a studiare e a pagarsi l’università facendo il giornalista con collaborazioni a varie testate, compresa “La Gazzetta del Popolo”. Dopo la laurea a Napoli, diventò docente, apprezzato intellettuale e presto entrò in politica introducendo idee innovative sul Meridione. Più volte ministro, Presidente del Consiglio nel 1919-1920, dopo l’ascesa al potere di Mussolini si allontanò dal fascismo e per salvarsi fuggì prima a Zurigo, poi a Parigi, con moglie e figli. Come economista scrisse molte opere apprezzate anche all’estero. Tornato in patria dopo la fine della seconda guerra mondiale, si occupò ancora di politica fino alla morte avvenuta a Roma nel 1953.
“Nitti nelle vesti di ricercatore sociale e di meridionalista, seppe anticipare i risultati che la storiografia raggiunse solo decenni più tardi a partire dal ruolo del brigantaggio e delle reali cause alla base della arretratezza delle Province del Sud Italia. Senza mai indulgere nella retorica filo borbonica, né accondiscendere alle teorie in voga in alcuni ambienti fortemente anti –piemontesi, Nitti fin da subito coniugò una lucida analisi geo-antropologica con una riflessione scientifica sull’economia e sulle capacità produttive degli Stati pre-unitari”, ha detto Elisabetta Casellati. Che poi ha aggiunto: “Gli squilibri nella gestione finanziaria dell’Italia unita venivano da Nitti sempre accompagnati da una fotografia della realtà che nulla lasciava al caso anche per quello che riguardava il Piemonte. Infatti dal punto di vista della finanza – affermò in uno dei suoi scritti – bisogna ricordare che nel 1860 il Piemonte aveva una grandissima rete stradale; numerose ferrovie e canali e opere pubbliche di molta importanza”. Casellati ha pure ricordato che “la stessa impostazione realista la si può ritrovare nel rifiuto di qualsiasi agiografia risorgimentale, da Nitti sempre considerata un’epoca di conquiste da far risalire essenzialmente all’azione e alle scelte delle elites. La distanza della popolazione dai moti ottocenteschi, oggi punto condiviso dalla gran parte degli studi storiografici, fu quindi anticipata e sapientemente contestualizzata, Sarà questo uno dei tratti peculiari anche del Nitti politico”. Casellati ha poi rammentato come Nitti ritenesse “che dalla guerra l’Italia non avrebbe tratto alcun beneficio, anche in caso di vittoria, perché l’alleata Germania non avrebbe mai soddisfatto le concessioni promesse”. Nonostante le molte perplessità espresse sul conflitto bellico, a fine guerra “ Nitti riuscì a mantenere lucidità di pensiero e azione. Se oggi tante responsabilità politiche sulla fine della Repubblica di Weimar – e quindi l’avvento di Hitler al potere – vengono fatte discendere dall’insostenibile livello delle riparazioni di guerra al quale fu sottoposta la Germania, non possiamo non sottolineare come fu proprio Nitti – diventato Presidente del Consiglio il 23 giugno 1919 – tra i pochi, pochissimi, a nutrire forti perplessità rispetto alla quantificazione dei risarcimenti chiesti”.
Nitti nei lunghi anni di esilio in Francia divenne un tessitore di rapporti e un punto di riferimento e “mai smise di lavorare alle sue riflessioni su fatti e protagonisti della scena pubblica, con ironia e lungimiranza”. Casellati ha concluso il lungo intervento ricordando “il prezzo personale e familiare pagato da Nitti per aver da subito negato legittimità a quello che sarebbe diventato il regime fascista”.
Nell’appassionato intervento, Giuliano Amato, ha rievocato che “Nitti, liberale convinto, si era laureato con una tesi sul socialismo cattolico, aveva scritto che le gerarchie sociali sono frutto del proprio potere delle proprietà sul lavoro, e che compito dello Stato non è fare il guardiano notturno, ma promuovere lo sviluppo, essere anche imprenditore diretto per favorire la crescita e ridurre le disuguaglianze.” Infine Amato ha voluto ricordare l’ironia di Nitti davanti ai dubbi espressi in aula di concedere il diritto di voto alle donne perché sarebbe dovuto essere esteso pure alle contadine analfabete di Brindisi forse senza sapere che il Presidente Francesco Saverio Nitti era figlio di una contadina analfabeta del sud della quale il padre si era innamorato e la coppia era vissuta felice per l’intera vita.