Paolo Girola
Sono figlio di due genitori antifascisti. Ma non quelli del 26 aprile 1945, i partigiani del giorno dopo, magari già balilla o avanguardisti o giovani italiane o addirittura iscritti ai GUF ( gruppi universitari fascisti) durante il Ventennio. No , proprio di vecchie famiglie cattoliche , antifasciste e, prima, Popolari. I miei nonni , paterno e materno , erano iscritti al partito di don Sturzo . Mio nonno materno, Pier Nicola, subì una dura discriminazione durante il fascismo. Era segretario nazionale del sindacato CIL ( progenitore della Cisl) per il settore trasporti. Lavorava in ferrovia come funzionario tecnico, cattolico militante, aveva 5 figli, 4 femmine e un maschio. All’ avvento del fascismo fu licenziato dalle ferrovie. La sua famiglia fu ridotta alla fame : la più grande dei figli era mia madre Anna Rosa Gallesio, che era del ’12, ed andava a prendere dalle buone suore della mensa dei poveri di Torino la minestra per la famiglia.
Mio nonno era anche scrittore di commedie e campò per un certo tempo scrivendo commedie per le filodrammatiche parrocchiali. La famiglia viveva sorvegliata dalla polizia . Ma, per fortuna, come spesso accade in Italia , gli agenti che dovevano controllarli non erano molto vessatori. Anzi, raccontava mia mamma che , un po’ commossi dalla loro situazione ,un po’ perchè c’erano quattro ragazze in casa , si comportavano piuttosto umanamente. Addirittura qualche volta parteciparono alle piccole feste familiari in cui si ballava , castamente ,al suono di un gracchiante grammofono ( con disapprovazione della loro vecchia zia che condannava il ballo come una cosa licenziosa…).
Mio nonno paterno , Michele, partecipò all’ultimo congresso del PPI al teatro Scribe di Torino ( dal 12 al 14 aprile 1923). Mio padre ricordava di esserci andato ( aveva 11 anni) e che mio nonno salutò don Sturzo all’ingresso. Mio nonno era un alto funzionario delle ferrovie ( con il grado di direttore centrale). Lasciò l’incarico nel 1931, quando il fascismo impose agli alti funzionari dello Stato la tessera del partito. Mio nonno era legato alla diocesi di Casale. Noi abbiano una bella casa a Calliano (AT) ( di nostra proprietà dal 1835). Mio nonno Michele amava Calliano , dove portava la famiglia tre mesi d’estate e fu anche dirigente dell’azione cattolica della diocesi di Casale. Entrambi i miei genitori furono militanti dell’Azione Cattolica. Quando cadde il fascismo, il 25 luglio 1943, e anche a Calliano fu saccheggiata la casa del fascio, il nome di mio nonno fu trovato nell’elenco dei “ pericolosi antifascisti” schedati. In casa mia circolava una sua parodia di “Giovinezza giovinezza” (l’inno fascista) che terminava con “…siam fascisti dei milioni , noi rubiam per poi scappare , alle spalle dei minchioni mangiar bene non lavorare. Giovinezza , giovinezza la cuccagna finirà”.
Mia madre, Anna Rosa Gallesio Girola, partecipò attivamente alla Resistenza. Fu ingaggiata nell’inverno del ’43 dalla nascente e clandestina Democrazia cristiana, mentre lavorava al quotidiano cattolico L’Italia, redazione di Torino. Era stata assunta in sostituzione di mio nonno che nel 1938 ,dopo 15 anni senza lavoro , era stato chiamato a collaborare dal direttore Arata ,che ne apprezzava la scrittura. E’ questa una testimonianza storica di come la Chiesa – dopo le frizioni con il fascismo del 1931 e soprattutto l’alleanza di Mussolini con Hitler e le leggi razziali del 1938- aveva capito che il regime stava portando l ‘Italia alla tragedia : così cercava di radunare i vecchi popolari. Mio nonno Pier Nicola vide la caduta del regime il 25 luglio del ’43 , ma in quell’inverno fu aggredito sotto casa da una squadraccia repubblichina , lasciato svenuto e sanguinante , si prese una polmonite e morì pochi giorni dopo.
Insomma, dalla fine del 1943 la redazione torinese de L’Italia era un covo di “ cospiratori”, dove si redigeva anche la stampa clandestina democristiana. Mia madre entrò così nella direzione del CLN torinese in rappresentanza delle donne democristiane. Mentre lavorava come giornalista all’Italia, fu convocata dall’allora Arcivescovo di Torino, il Cardinale Maurilio Fossati. E’ questo un altro pezzo di storia vissuta. Sua Eminenza le chiese se voleva far parte di una rete segreta per il salvataggio degli ebrei , che il Vaticano stava mettendo in piedi. Voglio sottolineare una cosa: molto spesso si sente criticare papa Pio XII perché non avrebbe fatto nulla per salvare gli ebrei. E’ una menzogna totale e ne porto indiretta testimonianza. E’ storia nota che, nell’estate del 1944, i tedeschi arrestarono a Torino, in Arcivescovado, il segretario particolare del cardinale Fossati , mons. Barale ,dopo aver intercettato lettere a parroci in cui si raccomandava di nascondere famiglie ebree.
Per quanto riguarda Pio XII , basti quanto scrisse pochi anni fa il noto intellettuale francese Bernard Henri Levy ( ebreo) sul Corriere della sera : “ Quanto alla vicenda molto complessa di Pio XII, ci tornerò, se necessario. Tornerò
sul caso di Rolf Hochhuth, autore del famoso Il vicario, che nel 1963 lanciò la polemica sui “silenzi di Pio XII”. In particolare, tornerò sul fatto che questo focoso giustiziere è anche un negazionista patentato, condannato più volte come tale…Il terribile Pio XII, nel 1937, quando ancora era soltanto il cardinale Pacelli, fu il coautore con Pio XI dell’Enciclica Mit brennender Sorge (“Con viva preoccupazione”), che ancora oggi continua ad essere uno dei manifesti antinazisti più fermi e più eloquenti.” E prosegue Bernard Henri Levy: “Per ora, dobbiamo per esattezza storica precisare che, prima di optare per l’azione clandestina, prima di aprire, senza dirlo, i suoi conventi agli ebrei romani braccati dai fascisti, il silenzioso Pio XII pronunciò alcune allocuzioni radiofoniche (per esempio Natale 1941 e 1942) che gli valsero, dopo la morte, l’omaggio di Golda Meir: “Durante i dieci anni del terrore nazista, mentre il nostro popolo soffriva un martirio spaventoso, la voce del Papa si levò per condannare i carnefici”.
Mio padre e mia madre, nel 1946, furono sposati nella cappella privata dell’arcivescovado di Torino dal Cardinale Fossati. A mia madre fu data anni dopo la medaglia d’argento per la Resistenza. Fu la prima donna assessore in Provincia a Torino, ma soprattutto una delle prime giornaliste in Italia . Terminò la sua carriera a La Stampa.
Mio padre , a Calliano (AT), dove era sfollato, collaborava con la formazione partigiana Monferrato, di cui nascondeva in casa delle armi . Da bambino , sentii quelli della sua età dire pomposamente “ che era il capo della Resistenza a Calliano” . Naturalmente , lui ricordava come di tutto fosse al corrente il parroco , mons Maggiora.