Carola Vai
L’Italia potrebbe essere un Paese veramente ricco, se sapesse rendere davvero produttivo il suo petrolio: la bellezza. Quella della natura, dalle montagne al mare, dalla campagna ai laghi; quella dell’arte, presente ovunque; della storia con un passato che ha influenzato il mondo; della gastronomia. E tanto altro. Invece, il turismo ferito gravemente dal lockdown messo in atto per combattere la diffusione del covid-19, è costretto a implorare aiuti dal governo per evitare il tracollo.
Eppure l’industria turistica, da tempo tra le più produttive d’Italia, dovrebbe essere la numero uno, perché unica, e inimitabile da qualsiasi altra nazione. Del resto abbiamo la fortuna di vivere in un Paese traboccante di tesori in gran parte visibili gratuitamente . Ma ne siamo poco consapevoli. Per scarsa preparazione, negligenza, superficialità. A volte persino per stupidità. Così, anziché difendere in ogni situazione il nostro tesoro in grado di offrire posti lavoro a milioni di addetti e di conseguenza a creare ricchezza per tutti, ci limitiamo a considerarlo un prodotto come altri. In certi casi persino scontato. Non è così. Il turismo, più di qualsiasi altro comparto produttivo, necessita di persone competenti. Una preparazione molto variegata, ma sistematica. Imprenditori, dipendenti, associazioni in questi mesi di coronavirus lo hanno ripetuto più volte sollecitando presso le istituzioni rapidi interventi per salvare il settore. Allarmi e appelli rivolti al governo di Giuseppe Conte hanno purtroppo ottenuto per lo più il risultato di aggiungersi al coro di voci di altri comparti professionali in condizioni di difficile sopravvivenza. La catastrofe del coronavirus dovrebbe convincere tutti della necessità di potenziare l’industria del turismo. Nessuno possiede bacchette magiche, ma di certo ci sono persone con autentiche esperienze, capaci di realizzare cambiamenti positivi per l’intero Paese.
Viaggiare è un modo di aprire la mente a nuove culture e usanze, una scuola di apprendimento multicolore. L’istigazione a coltivare la passione per il viaggio dovrebbe essere materia scolastica fin dall’infanzia. Favorirebbe la conoscenza dei territori, l’integrazione sociale, il senso di appartenenza al proprio Paese. Noi che in Italia disponiamo di una mappa della bellezza in grado di soddisfare tutte le aspirazioni (natura, storia, arte, gastronomia) dobbiamo imparare con orgoglio di possedere un’offerta turistica senza uguali. Dunque, siamo noi italiani a dover conoscere, prima di chiunque, i tesori in nostro possesso. Perché solo avendoli visti, solo con la conoscenza, possiamo apprezzarli e difenderli dall’incuria del passare del tempo, dai gravi oltraggi di vandali, e da infinite ripercussioni negative che incidono sulla loro salvaguardia. Certo in questo 2020 abbiamo di fronte una contrazione economica senza precedenti. In tutta Europa. E più che mai in Italia. Tuttavia i tesori che rendono il nostro Paese una delle destinazioni più sognate e desiderate dagli abitanti di tutto il mondo, nessuna tragedia sanitaria può cancellarli. Dobbiamo esserne consapevoli. Intanto la riapertura, finito il lungo lockdown, sta privilegiando i viaggi individuali, quelli di poche persone, e il turismo territoriale. La drastica riduzione dei turisti stranieri se da un lato sta danneggiando pesantemente imprenditori grandi e piccoli del settore, dall’altro sta convincendo gli stessi a rivolgersi alla clientela italiana. Cambiamento non sempre facile. Richiede infatti tra le capacità quella di suscitare interesse, attrazione e curiosità in persone che spesso hanno sottovaluto il fascino del proprio Paese. Gli esempi sono infiniti. Ne cito alcuni. Moltissimi italiani pur vivendo a Torino, o a pochi chilometri di distanza, non hanno mai visitato il museo egizio, o il museo del cinema, o quello della Sindone per citare tre siti unici al mondo. Altri mai hanno visto la basilica di Superga, opera dell’architetto Juvarra, ad una manciata di chilometri dal capoluogo piemontese.
E questo si ripete per numerose altre strutture, opere d’arte, monumenti, laghi, montagne, borghi, località marine e così via, di molte zone d’Italia. I dati del 2019 testimoniano tuttavia un crescente interesse del turismo domestico. E’ proprio sui viaggi e sulle presenze degli italiani che il settore conta di recuperare il calo delle prenotazioni internazionali, ed evitare il collasso. Del resto secondo l’Enit (Ente Nazionale per il Turismo Italiano) il 40 per cento dei viaggiatori italiani fino all’anno scorso preferiva andare all’estero. Scelta che nei prossimi mesi dovrebbe essere sostituita con l’Italia. Da qui l’idea dello slogan #viaggioinitalia che Enit ha promosso con i suoi storici manifesti per raccontare il Paese. L’industria del turismo in Italia ha infatti radici lontane. Con il tempo è molto cresciuta anche se in modo non sempre rispettoso del territorio, come più volte emerso, prima della tragedia del coronavirus, dalle lamentele, ad esempio, dei troppi turisti a Venezia, causa del degrado della città. Bellezza, cifre e potenzialità dovrebbero comunque indurre la politica a prestare grande attenzione al settore. Nello sguardo al futuro del dopo lockdown il governo ha sottolineato di essere pronto a mettere in campo provvedimenti specifici, e aiuti di vario tipo: buoni vacanza, defiscalizzazini e altro. Eppure nella task force per la ripartenza non è stato incluso alcun esperto del mondo turistico e nemmeno un imprenditore. A cosa serve elogiare in modo ossessivo i tesori dell’Italia se poi si evita di collocare conoscitori della materia in grado di difendere, valorizzare e rendere produttivo tale patrimonio? Anche l’assenza di addetti capaci di far comprendere il concetto di cultura del viaggio, dell’importanza di conoscere la bellezza del territorio italiano, penalizza il turismo domestico.
E’ sicuramente lodevole la proposta del ministro Dario Franceschini di un piano in tre parti per rilanciare il turismo del Sud, a partire dalla dorsale adriatica. Federturismo Confindustria ha dato il suo sostegno all’iniziativa ritenendola “uno dei primi progetti della ricostruzione turistica” del dopo coronavirus. ”Bisogna ripartire dalla riqualificazione delle strutture, dall’Alta Velocità e dalla valorizzazione delle strutture minori per far fare un salto di qualità all’intero comparto turistico” sostiene l’organizzazione che vede negli “aiuti europei un’occasione unica per immaginare un’Italia in cui si viaggi alla stessa velocità ed in cui si sviluppi un’offerta turistica che metta al centro le specificità del nostro Paese”.
E proprio per far conoscere al meglio le caratteristiche del nostro Paese ai suoi abitanti sarebbe utile introdurre l’educazione al viaggio già nelle scuole primarie. Che non significa solo fare gite scolastiche, molto istruttive quando erano consentite, oggi annullate per colpa del timore da contagio del Covid-19. Ma per “educazione al viaggio” intendo una vera materia scolastica con al centro dell’insegnamento la bellezza dell’Italia. Un modo anche per contribuire allo sviluppo della fantasia e della creatività dei bambini, incentivare il desiderio di conoscere il territorio italiano difficilmente globalizzabile da tutti i punti di vista. Aosta, Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli, Reggio Calabria, Palermo sono città talmente diverse tra loro, con popolazioni altrettanto diverse, da sembrare nemmeno dello stesso Paese. Stessa cosa si potrebbe dire di altre città italiane. Un fatto che contribuisce all’attrazione mondiale dell’Italia e che dovrebbe spingere qualsiasi governo, qualsiasi istituzione, a considerare il turismo un settore tra i più produttivi del Paese anche perché unico e inimitabile, dunque da difendere in ogni situazione.