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Dario Gedolaro

Giuseppe Conte è furbo, la sua professione, quella di avvocato civilista, lo rende sgusciante, camaleontico. Un colpo al cerchio e uno alla botte per ottenere alla fine quello che vuole. E, nel caso specifico, sfilare a Grillo la leadership del Movimento 5 Stelle, che, però, conserverebbe poco o nulla delle sue origini demagogico/populiste. Insomma, a lui sembra calzare a pennello la battuta dell’Avvocato Gianni Agnelli, che aveva definito un leader politico italiano dall’ eloquio poco comprensibile e cavilloso: “Intellettuale tipico della Magna Grecia”. Forse però Conte non ha fatto i conti (mi si scusi il gioco di parole) con la grossolana furbizia di un tipico prodotto della seconda repubblica, il comico Beppe Grillo: “Sono il garante, non un coglione”, ha elegantemente affermato per respingere l’affondo dell’avvocato Giuseppi.

Giuseppe Conte

Ora si parla di rottura definitiva (termine un po’ impegnativo per un cavilloso avvocato della Magna Grecia), anche se una parte del M5S, sapendo che “mala tempora currunt” e che alle prossime elezioni politiche potrebbe scattare il “tutti a casa”, si aggrappa a Conte considerandolo un’àncora di salvezza. Certo non c’ è personaggio più distante dalle radici “squadristiche” del M5S, uno che infatti ha parlato più volte di un nuovo Movimento moderato e borghese, insomma una sorta di riedizione dei partiti centristi (a cominciare dalla Dc) della Prima Repubblica. Inevitabile che a Grillo venisse il sangue agli occhi.

In effetti l’operazione “annacquamento” dei 5 Stelle tentata da Conte (appoggiato in questo dal maggiore esponente dell’ala destra, Di Maio) ha in sé qualcosa di ridicolo, innaturale, se non fosse che l’Italia è il Paese del “trasformismo”, del “mai al governo con loro” per poi subito dopo sedersi a un tavolo e spartirsi le poltrone.

Luigi Di Maio

La coerenza sembra essere merce rara fra i nostri leader politici, che ora si stanno azzuffando intorno a una “leggiucchia” di cui non si sentiva la mancanza, il ddl Zan, se non fosse che, secondo autorevoli costituzionalisti (primo fra tutti Giovanni Maria Flick), il testo di legge proposto ha in sé i germi della violazione di una delle principali libertà personali: la libertà di espressione. Questione evidentemente considerata di poco conto se il sempre più sorprendente segretario del Pd, Enrico Letta (quello del voto ai sedicenni), continua a ripetere: “Va approvato così com’è”, pensando più alla propria poltrona (e a quelle del suo partito in grave difficoltà) che ai delicati problemi costituzionali.

D’altronde, è confortato in questa sua rigida posizione da personaggi competenti, come quel tal Fedez, campione di esibizionismo consumistico, il quale, di fronte alle “ingerenze” vaticane, diffonde in rete messaggi a sostegno de ddl Zan che lasciano di stucco per la loro ignoranza e superficialità: “Ma cos’è ‘sto Concordato? Voi avete concordato qualcosa? Perché il Vaticano impedisce alla giustizia italiana di processare i preti pedofili?”. E al diavolo se anche un campione dell’anticlericalismo, il matematico Piergiorgio Odifreddi, afferma (La Stampa 24 giugno): “Il Vaticano si preoccupa che la legge Zan possa obbligare le scuole a insegnare l’identità di genere, e paradossalmente non ha tutti i torti…

Beppe Grillo

La legge decreterebbe una cesura tra la percezione psicologica di un individuo e la sua realtà fisiologica: la prima dev’essere naturalmente tutelata e difesa, perché ciascuno ha diritto di avere le opinioni e i sentimenti che desidera, ma la seconda non può semplicemente essere negata o rimossa, perché anche i fatti hanno i loro diritti… E non è un caso che gli scienziati si secchino, perché sanno che i fatti ci sono eccome, e che le interpretazioni non vanno affatto tutte bene, se li negano o li rimuovono”.

Una volta chi aveva determinati incarichi e responsabilità si chiamava “classe dirigente”, perché si presupponeva che fosse in grado di orientare nella giusta direzione con la sua competenza e preparazione le scelte legislative ed esecutive di parlamenti e governi. Oggi invece si corre dietro a “maitre a penser”  tipo Grillo e Fedez e allora mi viene il dubbio che abbia ragione il garante del Movimento 5 Stelle:  qualcuno pensa che siamo tutti dei “coglioni”.

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)