Carola Vai
Strade e portici vuoti. Stazione ferroviaria di Porta Nuova quasi deserta e pressoché priva di treni; piazze e piazzette silenziose. Serrande abbassate. Poche auto, qualche ciclista spesso indifferente alle piste ciclabili. E’ il cuore di Torino che ho scoperto oggi durante 7 chilometri di camminata a piedi. Un’immagine malinconica e grigia come il cielo di questa giornata. A cinque giorni dall’inizio della Fase 2 del dopo Coronavirus il capoluogo piemontese sembra ammutolito davanti alla scelta di lasciare ancora chiusi locali pubblici, negozi, musei. Giovani e meno giovani hanno preso d’assalto la periferia, soprattutto giardini e parchi, dove l’invito a usare guanti e mascherine e mantenere la distanza sociale è più ignorato che ascoltato . Ma il centro di Torino, elegante polmone della storia del Piemonte e per un breve periodo dell’Italia intera, è diventato bivacco di barboni e ‘senza casa’ numericamente ancora cresciuti per colpa della crisi.
Gli effetti del Coronavirus mettono a rischio la sopravvivenza di molti esercizi del centro di Torino? Alcuni commercianti hanno già annunciato di meditare la chiusura definitiva delle proprie strutture perché in gravi difficoltà economiche. L’aumento delle tasse di vario tipo, del costo degli affitti e di tutta una serie di orpelli fiscali avevano già martoriato la vitalità del cuore del capoluogo piemontese prima dell’arrivo della pandemia. Numerosi negozi storici, bar frequentati da intere generazioni, persino librerie, negli ultimi dieci anni avevano scelto poco a poco di chiudere l’attività e in qualche caso, raro, di trasferirsi in luoghi meno prestigiosi, ma meno cari. Così il cuore della città-salotto con la più ampia zona pedonale d’Europa, rivitalizzato dalle Olimpiadi invernali del 2006, acciaccato qua e là dalla Grande Recessione mondiale che si è fatta sentire all’ombra della Mole Antonelliana tra il 2008-2013, dopo aver iniziato a smarrire il suo smalto luccicante, ora rischia di diventare un luogo per fantasmi. La riapertura della Fase 2 sta convincendo gli abitanti di Torino, diventati diffidenti verso l’uso dei mezzi pubblici, a servirsi della bicicletta tanto da indurre l’amministrazione comunale, a maggioranza Cinque Stelle, ad annunciare l’arrivo di un bonus di 500 euro per l’acquisto di mezzi
sostenibili.
Ma l’impoverimento del centro di Torino dove tra l’altro si trovano edifici unici in Italia (ad esempio Palazzo Reale; Palazzo Madama; Palazzo Carignano con il museo del Risorgimento per citare i più noti), musei famosi in tutto il mondo (l’Egizio, la Mole Antonelliana con il museo del Cinema; il museo della Sindone e tanto altro) si ribalta negativamente sull’intera città. Il fallimento di una serie di piccole imprese commerciali a causa del tracollo finanziario provoca la perdita di un gran numero di posti di lavoro. Senza dimenticare che concorre ad appannare il richiamo dei turisti per il momento del tutto assenti anche nelle prenotazioni dei prossimi mesi per la perdita dei visitatori stranieri. Unica alternativa per i fiduciosi è confidare
nell’arrivo degli italiani che a loro volta difficilmente andranno all’estero. Torino non basa la propria economia principalmente sul turismo. Ma il settore aveva assunto con le Olimpiadi Invernali 2006 un peso produttivo in grado di rendere meno traumatico il tracollo industriale. L’appello lanciato da più parti di interventi immediati per la ripartenza del dopo Covid-19 a cominciare da sburocratizzazione e semplificazione, regole chiare e lineari, deve comprendere, come hanno detto molte associazioni, “una definizione chiara delle responsabilità” poste a capo dell’imprenditore . E questo per consentirgli di lavorare senza l’angoscia di multe e penalizzazioni fiscali. Pertanto la riapertura totale delle varie attività imprenditoriali, commerciali, turistiche, culturale non deve trasformarsi per il centro di Torino in un lungo elenco di cartelli con l’annuncio “chiuso per fallimento”. Introdurre bonus per l’acquisto di biciclette o monopattini non può far trascurare la vita del cuore cittadino. Distruggere il centro di Torino potrebbe contribuire a impoverire ancora di più l’intera città dove molti abitanti da giorni fanno la coda per affidare i loro gioielli al banco dei pegni e ottenere in cambio un poco di denaro per sopravvivere.