Carola Vai
“Lo sport ha bisogno di certezze e di programmazione per vivere. Senza queste due linfe perde la possibilità di esistere”. Livio Berruti, medaglia d’oro alle Olimpiadi di Roma 1960, laureato in chimica, non usa mezzi termini per commentare i gravi effetti del coronavirus sul mondo sportivo. Il nemico invisibile che non fa distinzioni di alcun genere ha, del resto, paralizzato tutti i settori: da quello agonistico con campioni milionari a quello più umile presente nei piccoli comuni o nei quartieri alveari delle grandi città. A rischio sopravvivenza, ancora prima delle varie specialità, la carriera di molti atleti penalizzati proprio dall’assenza di pianificazione.
La pandemia ha spaventato tutti: super campioni e atleti di supporto, dirigenti di fama mondiale, tecnici, allenatori, medici. Pertanto la lunga quarantena più che criticata è stata accettata con convinzione. Ma lo stop che impatto ha su un settore con varie rilevanze: sociale, economiche, turistiche, salutari?
Lo sport impone regole severe e programmazione dettagliata e certa. Quando si vivono momenti senza programmi è quasi impossibile far vivere un settore dove mancanza di pianificazione, superficialità, dilettantismo sono letali. Certo la salute è prioritaria su tutto, ma nello sport allenamenti, preparazione e tempistiche sono assolutamente indispensabili. Vale per tutte le discipline: dall’atletica allo sci; dal tennis alla palla canestro; dal calcio al nuoto. Eccetera.
La paura di essere contagiati dal Covid-19 obbliga tutti all’isolamento. In tale situazione cosa impedisce ad un atleta di allenarsi?
Non è facile. Per mantenere l’efficienza fisica servono strutture adeguate agli allenamenti, tutte giustamente chiuse per evitare la diffusione della pandemia. Gli atleti più quotati hanno in gran parte trovato modi per mantenersi in forma. Il velocista Filippo Tortu, ad esempio, come lui stesso mi ha confidato, non ha mai smesso di esercitarsi. Si è procurato gli attrezzi giusti, ha trovato una pista aperta solo per lui. Gli atleti meno quotati in questo difficile momento forse hanno meno possibilità. A loro auguro di trovare la giusta opportunità per addestrarsi nel modo necessario. Resta il fatto che nello sport è complicato prepararsi senza un obiettivo preciso.
Si riferisce al rinvio delle Olimpiadi di Tokio 2020 dove l’italiano Tortu specializzato nella corsa sui 100 metri era
atteso come una stella dell’atletica? Olimpiadi rinviate al prossimo anno, con data comunque ancora incerta?
Il rinvio è stato giusto. L’incertezza provoca spreco di risorse economiche e fisiche. La pandemia e la conseguente quarantena hanno posto un freno alla vita del mondo intero. Tale freno nel settore sportivo ha effetti negativi difficilmente superabili per chi alle spalle ha una lunga carriera agonistica e di conseguenza è già penalizzato dall’età anagrafica. I più giovani hanno ovviamente più opportunità. Lo sport ha comunque due esigenze imprescindibili: una sportiva, fisiologica e l’altra economica. Vanno rispettate entrambi. Il coronavirus sta avendo dannose ripercussioni su tutte e due. Normalmente ogni sportivo è ottimista. Ed io lo sono anche per natura. Ma davanti ad una “realtà confusa” è difficile esserlo. Penso comunque che la drammatica vicenda di questi mesi porterà ad una evoluzione positiva per tutti. Purtroppo si concluderà con un numero spaventoso di vittime, una sorta di pulizia fisiologica, dove resisteranno solo i più forti. Oltre coloro che avranno seguito tutte le regole di salvaguardia dal contagio.
Il Covid-19 ha ucciso molte glorie dello sport, qualcuna di anni nemmeno troppo lontani come Donato Sabia, 56 anni, due volte finalista olimpico negli 800 metri piani, a Los Angeles 1984 e Seul 1988; oro agli europei indoor di Goteborg, nel 1984. Eppure avevano quasi tutti un fisico più forte della media delle persone.
Lo sportivo pensa di uscire vincente da ogni situazione. Nel caso della pandemia tutto è diverso. Lo sport fa vivere meglio, ma non più degli altri. E nemmeno dà una sicurezza maggiore degli altri. Il Coronavirus serve per accelerare molti studi, compresi gli effetti su chi fa sport e chi non lo pratica. L’idea di adottare e studiare a fondo strumenti di tutela della salute può però celare anche un intervento manipolatorio per controllare il comportamento delle persone. La richiesta di un consenso fa sorgere la domanda: fino a che punto si è disposti a perdere la libertà a vantaggio della salute? In un Paese con scarsi diritti democratici, un dittatore potrebbe approfittarne e ricattare le persone. Non è il caso dell’Italia In ogni modo in questo periodo prevale la difesa della salute. Non sempre libertà vuol dire tutela della salute.
La ripartenza dell’atletica è più facile di altre discipline sportive?
Credo di no. Certo che tanto l’atletica come altre discipline per ripartire dovranno rivedere molte cose. Ogni evento agonistico impone ai partecipanti di presentarsi in forma fisica perfetta. E come ho già detto, senza una programmazione precisa, è tutto molto difficile.