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Paolo Girola

Errare humanum est perseverare autem diabolicum – Credo sia giunto il tempo di guardare  oltre l’epidemia, che spero si risolva clinicamente. Amici medici e veterinari ( questi ultimi esperti di epidemie ricorrenti da coronavirus vari) mi dicono che , dopo i gravi errori iniziali, ora ci sono vari protocolli che ne limitano  fortemente la pericolosità: dalla plasmaferesi all’uso di antibiotici come l’azitromicina,  a antitrombotici come  cardioaspirina o eparina, antinfiammatori come la clorochina o il tocilizumab e mi fermo perchè non sono un esperto. E’ chiaro che dobbiamo guardare al futuro con occhi nuovi. Sappiamo che una pandemia  è possibile ,non solo nei film horror.  Ma che cosa ci ha insegnato lo tsunami che si è abbattuto sulla  nostra sanità?

Paolo Girola

1) Primo insegnamento:  Non bisogna più  farsi trovare impreparati : è stata una colpa grave, perché da secoli  le epidemie si annunciano, non sono terremoti improvvisi. La prima cosa che farei , se fossi un amministratore della cosa pubblica, è mettere in piedi centri regionali di stoccaggio con DPI e quanto serve ( almeno per un mese) per contrastare da subito la diffusone di un  virus. Centri tenuti sempre riforniti. E occorre riservare una quota degli acquisti pubblici a ditte italiane ,così che mantengano delle linee di produzione sempre attive ( anche se i prezzi saranno superiori ai prodotti di Paesi extraeuropei, vedi Cina) .

2) tutti ora parlano della medicina di territorio. A questo proposito , in un interessate dibattito trasmesso  in streaming dal Partito democratico del Piemonte , il prof.  Mauro Salizzoni ha detto cose che devono  far riflettere ( e che confermano autorevolmente quanto ho già scritto).

Per Salizzoni, l’epidemia  ha dimostrato che l’Italia è troppo “ ospedalocentrica” . Il vero epicentro delle cure deve essere invece  la medicina di territorio. L’Ospedale non è un lazzaretto e non è deve essere il baluardo contro il diffondersi di  epidemie. Anzi, bisognerebbe in queste evenienze stargli il più lontano possibile per non farlo diventare focolaio di diffusione del virus. In ospedale devono andare solo quelli che  la medicina di territorio non  riesce a curare a casa. Ma il cittadino è diseducato da anni  di cattiva medicina di territorio , diseducato da anni  di  “ospedalocentrismo”. Così parlò Salizzoni.

Salizzoni Mauro

Ma che cosa è questa medicina di territorio,  quale è il suo perno? Il perno sono i medici di famiglia ( detti anche medici di base  o di medicina generale). E qui si tocca un tasto dolente , molto dolente . Ma Questa dolorosa vicenda potrebbe essere l’occasione per una riforma. Bisogna dare ai medici di famiglia un nuovo ruolo, ma siamo sicuri che loro lo vogliano?

Occorre scalfire interessi consolidati,  abitudini difficili da intaccare. Quella che va innanzitutto ripensata è la loro funzione. Sono ,sì, loro la base della medicina di territorio, ma oggi il loro ruolo è molto carente. E’ inutile che ce lo nascondiamo. L’esperienza ci dice che troppi medici di base sono diventati burocrati della sanità, scrittori di ricette a richiesta, magari prescritte al paziente  ,dopo una vista privata , da uno specialista.

Il sistema non li incentiva. I guadagni sono buoni:   le statistiche ci dicono che nel 2020 lo “stipendio” medio di un Medico di Base è di 105.000 € lordi all’anno (circa 4.600 € netti al mese). Dipende ovviamente dal numero di pazienti, per i quali riceve una quota capitaria. Si può arrivare fino a un massimo di circa 180 mila euro lordi all’anno.  Oltre a questa quota il medico di famiglia riceve anche finanziamenti, nel caso in cui si organizzi in associazioni, altri  vengono dati ai medici che assumono del personale, si tratta di contributi della regione (che non coprono tutti i costi eventualmente sostenuti).

Ma sono pagati per fare quante ore di lavoro settimanali?  Leggo quanto ha detto Silvestro Scotti, vicesegretario nazionale della Fimmg ( sindacato medici di famiglia) : «Il medico di medicina generale deve essere presente in ambulatorio tutti i giorni feriali, con un orario che dipende dal numero dei suoi assistiti: il medico che ha fino a 500 assistiti deve essere presente per almeno 1 ora al giorno, per 5 giorni alla settimana; fino a mille assistiti il suo impegno minimo in studio deve essere di 2 ore al giorno, per 5 giorni alla settimana; fino a 1500 pazienti deve assicurare una presenza minima di 3 ore al giorno per 5 giorni settimanali».

Si è dunque tenuti a visitare in  ambulatorio da  un minimo di 5 ore settimanali a un massimo di 15. A queste si aggiungono le visite domiciliari…ma sappiamo che sono sempre più rare. I medici ospedalieri, con 38 ore settimanali hanno retribuzioni analoghe. I medici di base sono oltre 45.400, e quindi , fatto un breve calcolo, costano oggi , solo per i compensi, oltre 4 miliardi e 700 milioni all’anno.

E’ evidente che , se si vuole fare veramente una medicina del territorio si deve cambiare sistema: riduzione del compenso fisso , la quota capitaria a “mutuato” , e incentivi per le visite a domicilio( con bonus o ticket a carico dei  redditi maggiori da detrarre ) e altri servizi.

Con i risparmi fatti , i medici d base vanno dotati delle attrezzature più moderne, anche in ambulatorio, formati, protetti ( sempre DPI nei loro armadi) . Obbligo di visita anche in studio con la protezione ( come i dentisti). Obbligo di  assistente di studio ( almeno OSS con diploma), uno ogni un tot di medici associati ( prendono un contributo). Contributo per  affitto e pulizia studi ( spesso squallidi e non troppo puliti, talvolta con segretarie senza nessuna formazione che stampano ricette già preparate).

Le visite a domicilio sono fondamentali per evitare che negli ambulatori si propaghino infezioni.  Tutti  oggi devono andare in ambulatorio  anche con la febbre, in mezzo ai pazienti in  attesa. Sicuramente questa è stata una concausa del diffondersi della pandemia. Ed ecco che scatta l’ospedalocentrismo di cui parla Salizzoni: in generale quando un paziente ha  sintomi un po’ più seri , se telefona al medico è invitato ad andare al ponto soccorso . Ovviamente non parlo di infarti o ictus….    Questa è la norma e questa non è medicina del territorio,

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)