Carola Vai
Se muore il commercio, muore la città. Vale per Torino, come per tutta Italia. E’ la convinzione, in sintesi, della Presidente di Confcommercio Piemonte e di Ascom Torino, Maria Luisa Coppa. In attesa di quello che è stato definito “Decreto Rilancio “ del governo, o comunque idee chiare da parte del governo dei protocolli nei confronti della riapertura delle strutture dei vari comparti (commercio, turismo, servizi, trasporti), la gran parte delle imprese italiane sta dibattendosi tra enormi difficoltà economiche che stanno mettendo a dura prova la loro stessa sopravvivenza . L’Ufficio Studi Confcommercio ha stimato “in modo prudenziale” la chiusura definitiva di circa 270 mila imprese del commercio e dei servizi a causa delle gravi condizioni economiche se non dovessero migliorare rapidamente con una riapertura completa entro ottobre.
E mentre gli imprenditori tentano in tutti i modi di mantenere in vita le proprie imprese, alcuni di loro – come è stato rivelato da più parti – vengono avvicinati da acquirenti stranieri, in qualche caso cinesi, desiderosi di comperare a prezzi sempre più al ribasso le loro strutture . In particolare al centro degli appetiti di compratori smaniosi di approfittare delle difficoltà economiche create dall’emergenza del Coronavirus , ci sono le strutture collocate nelle posizioni migliori come quelle al centro di Torino. Unica possibilità per frenare un’eventuale svendita di vari “pezzi” delle città, è venire incontro al più presto ai bisogni di denaro dei piccoli e medi imprenditori messi quasi sul lastrico dall’assenza di guadagno da oltre due mesi. E’ una corsa contro il tempo..
“La tempestività è una delle caratteristiche più importante per salvaguardare qualsiasi impresa. Non fanno certo eccezione le strutture associate a Confcommercio, comprese quelle del Piemonte”, sottolinea Maria Luisa Coppa impegnata da giorni con i rappresentati dei vari comparti per ascoltare personalmente la situazione di tutti e trovare i modi più adatti per salvaguardare la sopravvivenza delle aziende. “Tutti gli imprenditori, piccoli e medi in particolare, stanno facendo ogni sforzo possibile per evitare il fallimento. Devo ammettere che la distruzione del centro di Torino è iniziata da quattro anni. L’amministrazione comunale guidata dal sindaco Chiara Appendino da tempo ignora il commercio, soprattutto del cuore di Torino, senza capire che nulla come il commercio è in grado di animare la città, di attirare il turismo, di aiutare la crescita dell’economia.
Naturalmente con la Fase 2 anche i commercianti e i vari piccoli imprenditori devono cambiare molte abitudini. Sforzo che non sarà facile. L’amministrazione comunale deve in cambio assicurare un certo decoro. Per fare questo i molti barboni dovranno lasciare i posti davanti ai negozi e sotto i vari portici. E’ ovvio che a loro si dovranno trovare dei luoghi per dormire perché vanno aiutati. Ma le entrate dei negozi, ad esempio, devono affacciarsi su un ambiente decoroso”. Maria Luisa Coppa, diploma da maestra con una breve fase di insegnamento ai bambini e una trentennale esperienza nel mondo dell’associazionismo di Confcommercio anche nazionale visto il ruolo, per un certo periodo, di vicepresidente nazionale, spiega di essere impegnata da settimane a sollecitare risposte e idee utili a evitare il crollo delle varie aziende. Certo il compito principale di Confcommercio Piemonte (circa 40.000 imprese associate e quasi 100.000 occupati) riguarda la promozione degli interessi delle imprese del commercio, turismo, servizi, trasporti presso la Regione Piemonte ed in particolare presso tutti gli enti e le istituzioni a livello regionale. In questo ambito nei primi giorni di maggio Maria Luisa Coppa, insieme al Presidente di Epat (Associazione Pubblici Esercizi) di Torino, Alessandro Mautino, ha ringraziato il Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio e l’assessore al commercio, turismo e cultura Vittoria Poggio, per il “Bonus Piemonte ”, contributo a fondo perduto ( oltre 88 milioni di euro in tutto, per 37 mila aziende piemontesi, che riceveranno un aiuto tra i 1000- 2.500 euro in base alla tipologia di attività) ad alcune delle categorie commerciali e artigianali più colpite dalla sospensione dell’attività per l’emergenza Coronavirus.
Intanto, in attesa di un ritorno all’attività i commercianti sono stati invitati a preparare le vetrine in modo da rendere attraenti i negozi al momento dell’apertura. Un passo che qualche negoziante intraprendente ha già messo in pratica con un sistema ingegnoso. Come si legge ad esempio su un avviso appeso alle vetrine di un elegante negozio di borse di via Po, nel cuore di Torino, i potenziali clienti vengono invitati a guardare attentamente la merce in vendita, scegliere “l’oggetto del desiderio”, fotografarlo e inviare l’immagine al numero di cellulare indicato. “L’oggetto del desiderio” verrà recapitato direttamente a casa . Come ha detto un commerciante: “viene fatto tutto il possibile per riuscire a sopravvivere, ma sono indispensabili norme sicure e indicate per tempo. Abbiamo bisogno di tornare al più presto a lavorare. Con sicurezza sanitaria, e pure normativa”. Richiesta quest’ultima più che mai necessaria considerato che a Torino per bere un caffè al bar, avere un gelato in gelateria o un pasto al ristorante, occorre telefonare e prenotare. L’imposizione pare essere stata stabilita per evitare code ed assembramenti, ma obbligatoria anche se il cliente quando arriva non ha davanti nessuna altra persona .In pratica, senza richiesta telefonica non si può avere nemmeno un caffè che poi si beve in piedi o seduti all’esterno del locale. Senza telefonata niente caffè, niente gelato, e ovviamente, niente cibo perché il barista, il gelataio o il ristoratore temono le multe che a Torino hanno già dimostrato di essere applicate in modo irrazionale, benché apparentemente secondo norma. “Purtroppo non esiste solo la burocrazia del cartaceo , ma pure la burocrazia del cervello”, conclude con amarezza Maria Luisa Coppa.