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Dario Gedolaro

“Accentrare o decentrare? Questo è il problema”. Parafrasando Shakespeare, si può affermare che l’ emergenza Coronavirus Covid 19 , affrontata in Italia con tanta generosità e non poca disorganizzazione, ha riacceso le polemiche ideologico/politiche fra chi pensa ad uno Stato fortemente centralizzato e chi invece crede nel regionalismo.

Naturalmente le forze politiche italiane quando si tratta di litigare lo fanno anche in momenti in cui di tutto ci sarebbe bisogno, tranne che di divisioni e faziosità. Ma veniamo al punto. Sul “centralismo democratico” si sono gettate quelle forze che per ideologia o per interesse lo amano: la sinistra di Leu, dove si annidano alcuni dei più inconsolabili comunisti, orfani di quel “centralismo democratico” totalmente inefficiente di sovietica memoria, le burocrazie romane, anche purtroppo quelle sanitarie (in primis l’ Istituto Superiore di Sanità), i ministri dei 5 Stelle (per scaricare sulle Regioni incompetenze proprie). Chi vuole marcare questa supremazia centralista sa anche bene che da essa derivano ovviamente posti di lavoro garantiti, carriere e soldi.

Ora se dovessimo giudicare da come si è mossa a livello centrale la macchina per combattere il Covid 19, non ci sarebbe partita: mi faccia il piacere! Direbbe Totò, considerando la mancanza di previdenza e di capacità organizzativa dimostrata dallo Stato. Non c’ erano scorte di dispositivi di protezione individuale, tamponi e reagenti per i test, macchinari sanitari e, dopo la proclamazione dello Stato di emergenza sanitaria (30 gennaio), non si è fatto per settimane quasi nulla per organizzare una produzione autarchica, visto che dall’ esterno non ci mandavano quasi niente. Eppure Giuseppe Conte sosteneva (27 gennaio a La7) che l’ Italia era pronta e non c’ era nulla da temere. Non c’ erano i dispositivi e allora gli esperti sanitari dicevano che “le mascherine non servono a nulla”, che “i tamponi di massa sono inutili”. Borrelli, capo della Protezione civile, affermava: “Io la mascherina non la metto, basta rispettare le distanze”. Salvo poi fare marcia indietro e arrivare all’ oggi in cui è probabile che a chi uscirà o a chi andrà a lavorare sarà imposto l’ obbligo della mascherina. Del Dipartimento della Protezione Civile, delle sue carenze, ma anche della presunzione dei suoi vertici, ho già scritto: l’ avergli affidato in toto l’ organizzazione della macchina anti Covid 19 (salvo poi correre ai ripari e nominare il manager Arcuri commissario all’ emergenza) è un’ altra dimostrazione della scadente competenza politica a livello centrale.

Vincenzo De Luca

Si è detto che anche le Regioni hanno mostrato incertezze e compiuto errori, che sono andate in ordine sparso (ma è poi così vero?).  A parte che un governo centrale efficiente certe decisioni univoche a livello centrale le può imporre (e in alcuni casi lo ha anche fatto), il Covid 19 ci ha insegnato che  persino le regioni  meridionali, spesso fanalino di coda nell’ efficienza amministrativa e nella gestione sanitaria, hanno dimostrato una buona/discreta capacità di risposta. Alcuni governatori del Sud, ad esempio De Luca ed Emiliano, sono stati pronti nell’ organizzarsi. Lo stesso Vincenzo De Luca (Pd) il 3 aprile affermava in un’ intervista: “Se non ci fosse stato l’impegno delle Regioni, lo Stato sarebbe sprofondato”. E, a proposito del rigurgito di centralismo,  il governatore dell’ Emilia Romagna, Stefano Bonaccini (Pd, pure lui) ha dichiarato: “”Se qualcuno pensa di gestire la sanità tutta da Roma e viene a spiegarlo in Emilia Romagna, non troverà  l’ostilità di Bonaccini, troverà l’ostilità degli emiliano-romagnoli”.

Stefano Bonaccini

Dunque, lasciamo perdere. Piuttosto riformiamo finalmente l’ apparato statale italiano, che ha ancora una volta palesato incapacità, lentezze e sordità: dal blackout dell’ Inps alla dichiarazione del direttore dell’ Agenzia delle Entrate che in piena emergenza economico/industriale, nel corso dell’ audizione davanti alla Commissione Finanze (22 aprile), sottolineava la necessità di ampliamento di due anni delle attività di accertamento e sosteneva che, in assenza di tale proroga, saranno trasmessi 8,5 milioni di atti entro dicembre 2020. Peccato che i commercialisti (e non solo)in questo periodo denuncino difficoltà nel contattare gli uffici locali dell’Agenzia delle Entrate e facciano notare che i loro clienti siano più preoccupati del loro fosco futuro, che del recupero della documentazione necessaria per rispondere alle richieste del fisco.

E poi ci sono le ambiguità nel sostegno economico, che finora per gran parte si è ridotto a garanzie su prestiti, cioè sull’ ulteriore indebitamento delle imprese, fra ritardi e resistenze delle banche (chiedono documentazione chilometrica). Non io, ma esperti economici hanno sottolineato che bisognerebbe anche prevedere aiuti “a fondo perduto”, gli unici in grado di salvare le attività economiche più compromesse.

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)