Carola Vai
#italiaunicaqui – Una classe dirigente all’altezza del riscatto. E’ quello che si chiede da più parti in Italia perché il Covid19, oltre uccidere migliaia di persone, ha distrutto comparti professionali con milioni di addetti rimasti senza lavoro. Al primo posto il turismo. Il settore è stato fatto arretrare di 60 anni quando nel Dopoguerra si svelò come fenomeno domestico. L’industria turistica di enorme successo nel 2019 tanto da rappresentare il 13% del prodotto interno lordo, con un giro di affari di 87 miliardi di euro (44,3 miliardi di euro portati dagli stranieri) e 4,2 milioni di addetti impegnati in modo più o meno stabile, nel 2020 ha subito un calo delle spese in servizi turistici di 53 miliardi di euro. Perdite che hanno riguardato tutti i comparti: alberghi, ristoranti, pizzerie, impianti sciistici, terme, trasporti, musei, ecc. .
Per tamponare la situazione il governo ha stanziato 11 miliardi di euro da dividere anche con la cultura. Cifra definita “inadeguata” da tutti gli interessati, in particolare da Confindustria-alberghi. Del resto il solo settore alberghiero ha calcolato una perdita superiore ai 17 miliardi di euro.
Comprensibile la richiesta al ministro Dario Franceschini “di un piano per tracciare un percorso in grado di salvare imprese e lavoratori ”. Oltretutto vari esperti da giorni ripetono che gli effetti del vaccino anti-covid si vedranno solo fra molti mesi. Dunque, l’attesa per il ritorno alla normalità si preannuncia lunga.
Indispensabile ovviamente tutelare la nostra salute, ma pure la nostra economia. Fermare il turismo con lockdown ripetuti significa creare a cascata una povertà diffusa già in evidente crescita, come lo confermano le sempre più lunghe code di persone di ogni età e sesso davanti agli sportelli della Caritas per ricevere cibo e aiuti, e i Monti di Pietà per depositare beni in cambio di denaro in prestito.
Concepire i bonus come rimedio per risolvere la crisi ha l’unico pregio, se così si può dire, di tamponare una situazione momentanea. Poi la crisi si ripresenta più violenta. La soluzione è individuare formule adatte non solo a far vivere il turismo, bensì migliorarlo adattandolo alle esigenze attuali. La totale assenza nel 2020 dei turisti stranieri diventati negli ultimi 35 anni, complice la globalizzazione, la metà del turismo italiano, ha contribuito al tracollo di molte aziende. E’ l’Istat (Istituto nazionale di statistica) a mostrare, con dati precisi, un calo del 68,6% dei turisti stranieri in Italia nei primi 9 mesi 2020, rispetto lo stesso periodo 2019. Percentuale negativa salita al 73,2% nelle grandi città. Si può dunque parlare di “pandemia dell’economia” diversa da regione a regione. Infatti se Covid e lockdown hanno penalizzato tutta l’Italia, i territori finiti in passato nei circuiti di grande successo, e dunque più frequentati dal turismo, sono stati penalizzati più di altri. E’ ancora l’Istat con le sue ricerche ad avvalorare, ad esempio, che le isole, soprattutto Sicilia e Sardegna, hanno più di tutti vissuto la scomparsa del turismo. Ma se il turismo ha subito un drastico taglio in tutta Italia superiore al cinquanta per cento, certi territori hanno vissuto e stanno vivendo una situazione addirittura peggiore come molte località sciistiche dell’arco alpino, da anni famose in tutto il mondo, dal Piemonte alla Valle Aosta, fino alle Dolomiti. Nei vari centri lo stop di tutti gli impianti sciistici ha paralizzato un mondo vitale per migliaia di lavoratori.
Enormi difficoltà anche per tutta l’area del Lago Maggiore, tra Piemonte e Lombardia, punteggiata di storici alberghi rimasti in gran parte chiusi per tutto il 2020. Infine sofferenze economiche abissali pure nelle grandi città: da Milano a Roma, da Venezia a Firenze, da Torino a Napoli dove molti alberghi, ristoranti, locali pubblici dopo mesi di chiusura rischiano di scomparire definitivamente. Del resto, a martoriare il turismo del nostro Paese non è stata solo l’assenza degli stranieri, ma anche degli italiani sia per la chiusura a intermittenza, decisa dal governo, delle regioni, dei musei, degli spettacoli teatrali e musicali; sia per la mancanza di denaro per molti italiani. Scomparso del tutto il turismo congressuale e i viaggi per lavoro. Così, se il 2020 si è chiuso senza spiragli positivi per il turismo italiano, e non solo, la richiesta generale per il futuro è una classe dirigente all’altezza del riscatto.
Del resto le misure previste fino ad oggi dal governo con il protrarsi della crisi sono diventate del tutto inadeguate. Dunque è assolutamente indispensabile una classe politica capace di affrontare la situazione e frenare il tracollo economico dell’Italia. Mettere in campo provvedimenti e aiuti appena utili a inseguire la crisi non bastano a salvare né l’industria del turismo, né l’economia dell’Italia. E come stanno chiedendo Coldiretti, Unioncamere, Confindustria-alberghi “servono interventi che mettano le aziende a riparo dal default e permettano di arrivare a fine crisi vivi e capaci di competere e di tornare a portare valore al Paese”.