Pier Carlo Sommo
La sigla DPCM, diventata famosa con l’avvento del Covid, è l’abbreviazione di “Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri”. E’ un atto convalidato dal Presidente senza passare per il Parlamento, allo scopo di varare provvedimenti urgenti in situazioni di emergenza. Tali atti un tempo erano cosa seria, scritti con il sussidio di giuristi ed esperti di settore, calibrando parole e valutando con attenzione situazioni e realtà. Purtroppo oggi i DPCM che si susseguono da un anno a ritmo incalzante, e sono capolavori di scarsa comprensibilità giuridica, pieni di incongruenze e assurdità, sono solo atti burocratico-amministrativi lontani dalla logica e vita reale. La questione delle seconde case, da poco tempo finalmente accessibili, è significativa. E’ stata una proibizione insensata che, senza valida ragione, ha aggravato la crisi economica delle località turistiche.
Prima di tutto alcune regioni come la Valle d’Aosta, Liguria e Trentino Alto Adige, ad esempio, hanno un alto numero di seconde case di proprietà o uso di cittadini che prevalentemente abitano in altre regioni . Chi le usa alimenta la loro economia in modo molto rilevante, bloccare l’accesso ha portato molte località turistiche per mesi a una quasi totale desertificazione. Il permettere invece l’accesso alle seconde case solo a chi abita nella stessa regione è stato una assurda disparità, forse utile nelle grandi regioni, ma insensata nelle piccole. Se usciamo dalle regioni montane, anche in zone marittime vi sono località costituite prevalentemente da seconde case. Ad esempio, in Emilia Romagna nelle località balneari dei sette Lidi Ferraresi alla foce del Po, i residenti sono pochissimi a fronte di migliaia di persone che affluiscono in certi periodi.
La chiusura è stata assurda perché le regole di prevenzione anti COVID dettate per chi rimane nella propria città possono essere applicate ugualmente e anche più facilmente nelle località turistiche, dove si possiede o affitta una seconda casa. Il 24 gennaio 2021, prima giornata di accessibilità delle seconde case, Courmayeur (AO) che ha circa 2800 abitanti ha registrato 5000 presenze, nonostante gli impianti di risalita chiusi. Ad esempio, chi è in area gialla, può andare a spasso e fare gli acquisti nei negozi. Essendo le località turistiche più piccole delle grandi città, sono ovviamente meno facili gli assembramenti e i contatti, sia per strada, sia negli esercizi commerciali. Se il problema sono i locali pubblici, dove bisogna controllare gli assembramenti, le problematiche tecniche di prevenzione e sanificazione sono uguali, ma è logico che in piccole località sono più facilmente controllabili delle metropoli.
Prova ne è quanto è accaduto al Sestriere (TO) pochi giorni fa con l’irruzione dei Carabinieri in una discoteca affollata da giovani. E’ molto più facile controllare le 2/3 discoteche di un paese di mille abitanti che operare in una città come Torino con circa novecentomila abitanti. Anche sui trasporti nelle stazioni sciistiche bisogna valutare con logica. È evidente che l’uso dei dispositivi di protezione e l’accesso alla cabina di una funivia, con una stazione di partenza ed un di arrivo, è molto più controllabile di una metropolitana o bus urbano con venti o trenta fermate. Sulle seggiovie o skilift addirittura è ridicolo pensare di contagiarsi e la fila di accesso può essere facilmente regolamentata e controllata.
Permane anche l’insensato divieto per i camper, considerato c he è una casa viaggiante, un nucleo famigliare lo utilizza esattamente come un monolocale in un condominio. Altra assurdità, nella seconda casa può andare soltanto chi dimostra di avere la casa in proprietà o con un contratto di affitto firmato prima del 14 gennaio. La ratio è incomprensibile e l’applicazione ancora più oscura, perché punire acquisti e affitti stipulati dopo quella data?
Il DPCM recita ancora in riferimento alla seconda casa: “ La sussistenza di tutti i requisiti indicati potrà essere comprovata con copia del titolo di godimento avente data certa o eventualmente anche con autocertificazione. La veridicità delle autocertificazioni sarà oggetto di controlli successivi e la falsità di quanto dichiarato costituisce reato”. Quindi bisogna portarsi al seguito l’atto di proprietà (atto notarile, contratto, estratto del catasto o cosa?). Ovviamente per semplicità la gente farà l’autocertificazione, ma allora i controlli come si faranno, se saranno centinaia di migliaia? Chi li farà? E quanto costerà?
Altra originalità è quella di non poter cenare al ristorante. Tanto per andare nel concreto, la scorsa settimana mi sono recato alle ore 13 in un ristorante di una località sciistica piemontese in zona gialla, il ristoratore aveva mascherina ed era disponibile gel disinfettante all’ingresso e nei servizi, i tavoli erano distanziati e separati da lastre in plexiglass, prima di farmi sedere la cameriera ha disinfettato sedia e tavolo. Orbene, quale rischio correvamo se tutte queste operazioni venivano effettuate ugualmente per una cena alle ore 20? Anche qui siamo nell’assurdo.
Visto che la situazione non è cambiata, il libero accesso alle seconde case poteva essere dato a dicembre, salvando almeno in parte l’economia del periodo natalizio, ora è tardi e poco utile specialmente per le località sciistiche. La Conferenza Stato Regioni ha ratificato il documento che detta le regole per la gestione in sicurezza degli impianti di risalita, ma il comitato tecnico temporeggia ancora, per cui è ipotizzabile, ma non certa, la partenza della stagione dello sci dopo il 15 febbraio. La stagione in ogni caso è compromessa. Ad esempio la TH Resorts che in Val d’Aosta gestisce grandi alberghi a La Thuile, Pila, Gressoney-La-Trinité e Courmayeur, ha comunicato che rimarranno chiusi. Sono state perse ad oggi 193mila presenze, a dicembre si era ipotizzata una apertura posticipata, ma la situazione è peggiorata e il Gruppo TH Resorts, nell’incertezza dell’ apertura degli impianti e del transito tra regioni, ha deciso di mettere la parola “fine”. La mancata apertura lascerà a casa 475 lavoratori stagionali che non avranno altro reddito all’infuori degli ammortizzatori sociali. Cambiando regione, in Piemonte, nell’alta Val di Susa sono rimasti a casa 1800 lavoratori stagionali.
Da mesi anche valenti infettivologi, ma forse troppo seri e poco teatrali e telegenici, hanno spiegato dettagliatamente che con cautele e distanziamenti è possibile una parziale apertura delle stazioni sciistiche e che le probabilità di contagio non sono più elevate che in città e i controlli sono fattibilissimi. (vedi: http://www.viavaiblog.it/covid19-a-roma-non-conoscono-le-montagne/ ). Una apertura parziale poteva e può attenuare di molto i problemi che stanno diventando drammatici, è ormai chiarissimo che dovremo convivere con il COVID19 ancora almeno per un anno.
Pertanto invece di emanare DPCM astrusi e di difficile applicazione, bisogna valutare le situazioni con concretezza senza isterismi e regolamentare in modo logico. Contemporaneamente bisogna pubblicizzare e curare al massimo la prevenzione per poter “convivere” l’epidemia. L’attenzione del pubblico deve essere rigorosamente indirizzata solo su mascherine, distanziamento, sanificazioni, per poter attendere nel modo più sicuro e sereno possibile l’ effetto dei vaccini. La politica deve fare un passo indietro, lasciando spazio ai tecnici, ovviamente quelli “giusti” anche se non hanno la tessera di partito…
http://www.viavaiblog.it/covid19-a-roma-non-conoscono-le-montagne/
http://www.viavaiblog.it/covid19-il-governo-penalizza-la-montagna/
http://www.viavaiblog.it/covid19-chiudere-la-montagna-e-un-disastro/