Pier Carlo Sommo
La frase “hic sunt leones” (in latino «qui abitano i leoni»), compariva sulle carte geografiche dell’antica Roma in corrispondenza delle zone ancora inesplorate. La frase non segnalava la presenza di leoni, ma indicava che non si sapeva cosa c’era in quelle lande sconosciute, a parte il fatto che erano abitate da belve ed erano territori che non potevano essere conquistati. Insistere sull’assurda questione della chiusura delle stazioni sciistiche, fa immaginare che a Roma pensino ancora che sulle Alpi “hic sunt leones” . Pare che ritengano le zone montane territori sconosciuti e probabilmente non conquistabili con “redditi di cittadinanza” e strani “bonus” rilasciati a pioggia che nessuno ancora sa chi pagherà…
Prima di tutto bisogna considerare che l’economia delle montagne è fragile. Infatti poggia totalmente sul turismo e sulle sue ricadute economiche collaterali. Sulle Alpi, un certo benessere diffuso, e la fine delle emigrazioni, è iniziato solo a partire dalla fine degli anni ‘60 del secolo scorso. Alle spalle ci sono secoli di difficoltà. Gli abitanti delle montagne avevano una vita difficile e dura. Vivevano prevalentemente di agricoltura povera e di pastorizia. In qualche zona al massimo potevano ambire al durissimo lavoro in miniera. Molti si arruolavano negli eserciti per sfuggire alla dura vita.
Tutte le montagne del Nord erano terra di emigrazione, nazionale o internazionale, definitiva o stagionale. C’è ancora il ricordo, anche con monumenti, di quelli che partivano per lunghi mesi per fare gli spazzacamini o venditori ambulanti.
Il turismo oggi impegna molto personale, sia direttamente in alberghi, ristoranti e impianti sciistici, sia indirettamente in edilizia e servizi tecnici e commerciali vari di supporto e manutenzione.
Il turismo ha, lentamente e faticosamente, innescato anche una rinnovata economia parallela di agricoltura di pregio, ad esempio enologia e mele. Come anche una pastorizia organizzata modernamente che produce apprezzati formaggi tipici di montagna. Anche l’artigianato, ad esempio del legno, ha trovato nuova vita e mercato. Ma ciò è tutto quello che ha la montagna, non vi è altro. Il difficile territorio e la collocazione geografica non permette molte divagazioni sul tema economico.
I tempi dell’economia montana sono inoltre rigidamente scanditi dalle stagioni. È pienamente produttiva circa metà dell’ anno solare: dicembre- aprile e luglio- agosto. Il resto dell’anno è turisticamente marginale o dedito alla manutenzione degli impianti e immobili.
Valenti infettivologi, come il prof. Giovanni Di Perri dell’ Università Torino, hanno spiegato chiaramente e dettagliatamente che con cautele e distanziamenti è possibile una parziale apertura delle stazioni sciistiche. Inoltre, visti gli spazi aperti, le probabilità di contagio sono molto basse e i flussi facilmente controllabili. Una apertura parziale può attenuare di molto i problemi. Con una dissennata propaganda si sono distorti i tempi di durata della crisi. E’chiaro da tempo che dovremo convivere con il COVID19 ancora circa un anno. Continuiamo a tenere fermo il mondo?
Alla preoccupazione di chi fa rispettare le regole, vorremmo ricordare che la gente dei monti, abituata da generazioni ad affrontare ogni sorta di difficoltà, è tra la più tenaci e disciplinate in assoluto. Dalle montagne sono venuti alcuni tra i più grandi statisti italiani, Giolitti e De Gasperi ad esempio.
Il Corpo degli Alpini ha inquadrato generazioni di montanari, che si sono sempre dimostrati ottimi soldati in pace e in guerra. È assurdo sostenere che i montanari di oggi non sono capaci di applicare le norme di prevenzione, inoltre sono fortemente motivati da una necessità di sopravvivenza. È evidente che i nostri attuali governanti non conoscono né le montagne né chi le abita.
Occorre informare i nostri governanti, che forse si credono Imperatori solo perché dalle finestre vedono le rovine dell’Impero Romano, che sulle Alpi non ci sono i leoni, al massimo dopo qualche grappa si può avvistare il mitico e innocuo Dahu, animale che ha la caratteristica di avere le due zampe di un lato più corte per adattarsi ai ripidi pendii, e per questo è condannato a girare attorno alla montagna nello stesso verso.
Ma, appunto, noi non abbiamo bevuto e da sobri vediamo solo dei governanti zoppicanti come il Dahu, che non conoscono il proprio Paese, la sua gente e le sue risorse.