Dario Gedolaro
Sci no, sci sì? E’ l’interrogativo che tiene banco in questi giorni di seconda ondata di Covid 19. Per molti, soprattutto nei Palazzi romani così lontani e poco sensibili ai problemi della montagna, la risposta è scontata: gli italiani rinuncino ad andarsi a divertire sulle piste da sci, non è un grande sacrificio, si tratta in sostanza di poca cosa di fronte al pericolo che la pandemia torni a dilagare proprio mentre sta rallentando. Il fantasma che viene agitato è quello della terza ondata.
Detto così sembra tutto molto logico, ma logico tanto non è. Innanzi tutto perché giustamente gli operatori del settore sciistico fanno notare che anche lo shopping natalizio, consentito dal governo, non è altrettanto indispensabile, se parliamo di sacrifici per contenere il Covid 19. E poi perché l’ attività sciistica si svolge all’ aperto, e non al chiuso fra gli scaffali di un negozio, e i gestori assicurano che prenderanno tutte le misure per far rispettare le norme anti contagio.
L’ obiezione è che gli italiani sono indisciplinati e che gli affollamenti si formerebbero comunque. Ma qui casca l’asino. Proprio ieri sera il filosofo e politico Massimo Cacciari , ospite della trasmissione di Biancamaria Berlinguer su Rai Tre, di fronte a una foto con una folla di clienti all’ esterno di un centro commerciale romano diceva: “Ma i controlli dove sono? Cosa costava mandare una pattuglia di vigili urbani a far rispettare le distanze o a fare multe?”.
E già. In Italia non si riescono a smuovere dalle loro cadreghe i pachidermi di certi settori pubblici (non parlo della sanità ovviamente) e così si sceglie la via più semplice (ma anche più disastrosa per l’ economia) tutti chiusi in casa. Cito solo il caso di Torino: il Comune ha circa 1.800 vigili urbani, dove sono, che cosa fanno? Non certo le multe, affidate ai cosiddetti ausiliari, né li trovi sulle strade (se non in pochissimi e saltuari casi), e allora? Potrebbero agevolmente avere il controllo del territorio, affinché siano rispettate le norme anti Covid. Verificare che i mezzi pubblici non siano sovraffollati, che nei locali pubblici si adottino tutte le misure precauzionali per evitare il contagio, che si indossino le mascherine per la strada. Un amico che ha un ristorante mi ha detto che nel periodo di apertura, fra maggio e settembre, non ha avuto nessun controllo, di nessun genere.
E allora si chiude: ristoranti, bar, negozi, piste da sci e pazienza se si tratta di attività che vanno a ramengo. Per la montagna la crisi è micidiale. Alcuni decenni fa la gran maggioranza delle nostre vallate alpine erano terre poverissime; basta leggere “Il Mondo dei vinti” di Nuto Revelli per rendersi conto della miseria che vi albergava. Poi è esploso il turismo invernale legato alla pratica dello sci e il benessere ha raggiunto anche queste aree. Colpire a morte quella attività, vuol dire far ritornare la miseria e lo spopolamento, non c’ è alternativa. Parliamo di 10 miliardi di giro d’ affari complessivo che rischia di andare in fumo e di 120 mila addetti (15 mila solo per i 1.500 impianti di risalita). Dunque bisognerebbe essere molto cauti nel decidere chiusure tout court, che potrebbero essere evitate con un efficace sistema di controlli (non lo dico io, lo ha sostenuto il virologo torinese prof. Giovanni Di Perri).
Ma a Roma non si brilla per efficienza e previdenza. Basta pensare a che cosa è successo a settembre alla ripresa delle attività produttive e delle scuole. Nessuno che si è preoccupato delle movide, quelle sì da vietare, dei mezzi pubblici sovraffollati, delle scuole che avrebbero ospitato 8 milioni e mezzo di studenti e 1 milione e 200 mila insegnanti, oltre, all’ ora di uscita, migliaia di genitori. Pensare a doppi e tripli turni e a ingressi differenziati per diluire anche l’affollamento su tram e bus era pretendere troppo dai nostri burocrati o forse si temeva la reazione degli insegnanti, una categoria estremamente importante, ma non sempre così disposta a fare sacrifici (eppure non ha mai perso in questi mesi una lira di stipendio).
Come Stato siamo sempre in ritardo. Proprio ieri la commissaria europea Ursula von der Leyen ha annunciato che per fine dicembre potranno iniziare le vaccinazioni contro il Covid. E l’ Italia che fa? Il ministro della Salute ha detto che le prime vaccinazioni si potranno fare a fine gennaio, un mese dopo. E’ la solita storia… .