Dario Gedolaro
A sentire il discorso di Mario Draghi una prima sensazione viene immediata: il premier parla di cose che conosce. Non è uno di quegli “avvocati della Magna Grecia”, che, secondo la battuta di Giovanni Agnelli, affollano un po’ troppo le aule parlamentari. “Conoscere per deliberare”, diceva Luigi Einaudi, cioè la competenza è un requisito indispensabile per un politico. Non si pretende che sia un Pico della Mirandola o un Leonardo da Vinci, ma una persona che se fa il ministro della Sanità si intende di sanità, se parla di infrastrutture conosce come si costruiscono, a che cosa servono, quali problemi risolvono (vero, Danilo Toninelli?), se è ministro dell’ Istruzione ha un’ idea dei problemi dell’ insegnamento, dell’ organizzazione di una scuola o di un’ Università, delle esigenze di ragazzi e famiglie (erano i requisiti della ministra Lucia Azzolina?), se fa il ministro dell’ Agricoltura ha lavorato in questo fondamentale settore dell’ economia italiana (che c’ entra un Stefano Patuanelli?), se deve prendere decisioni in campo economico e finanziario è persona che si è dovuta confrontare con questi temi nella sua vita lavorativa.
Bene, Draghi nel suo discorso, pur senza entrare a fondo nel merito delle questioni, ha indicato alcune strade da prendere e un modus operandi, che deve vedere l’ Italia ancorata all’ Europa. Voglio sottolineare preliminarmente come Draghi abbia sgombrato il campo dalla prima polemica sul suo governo: il mancato rispetto delle “quote rosa” (polemica offensiva per le donne, che al giorno dì’ oggi non hanno bisogno, per affermarsi, di “percorsi protetti”). Ha parlato di “ipocrisia delle quote di genere”, sottolineando che il problema è la “parità di opportunità”, che era poi la battaglia di quelle donne lungimiranti che in Italia già 70 anni fa si battevano per “l’emancipazione femminile”. E’ vero, il Pd ha tre ministri maschi, ma allora il problema delle “quote” si porrebbe anche per Forza Italia che ha due ministri femmine e uno maschio. Insomma, parliamo di cose serie, di capacità e competenze, che, ad esempio, i due ministri già citati (Toninelli e Azzolina) non avevano, al di là che fossero maschi o femmine.
So che, a dire questo, mi attirerò le ire di femministe e comitati per le “Città per le donne”, ma se l’ Italia vuole diventare “un Paese normale” (come diceva Massimo D’ Alema) è ora che si affrontino i problemi veri e reali. E Draghi nel suo discorso li ha affrontati: dalla necessità di infrastrutture più moderne (a cominciare dall’ alta velocità ferroviaria) al superamento della farraginosità della burocrazia (carte d’ identità elettroniche che bisogna attendere mesi, procedure per accedere ai vari siti ministeriali o di enti statali complesse e funzionanti a singhiozzo, interpretazioni delle leggi sempre cavillose e restrittive), dai ristori rapidi alle casse integrazioni che devono arrivare tempestivamente, alla revisione della pressione fiscale.
C’ è un altro passaggio del discorso di Draghi significativo: le vaccinazioni stanno andando a rilento, troppo a rilento, per cui si devono prendere i vaccini dove si riescono a comprare (il caso Veneto docet) e utilizzare per le vaccinazioni tutti i luoghi possibili (anche caserme, palestre, grandi aziende). Gli esempi di Israele e soprattutto della Gran Bretagna dimostrano come si deve agire. Speriamo di non dover dare ragione agli inglesi che affermano di essere riusciti a vaccinare ben 16 milioni di persone grazie al fatto di essere usciti dai lacci e lacciuoli dell’ Unione Europea. “Basterebbe copiare cosa fanno gli altri”, afferma con buonsenso il professor Bassetti.
Ma Draghi è stato anche lucido nell’ indicare come si costruisce un Recovery plan, non una sommatoria di cose che finora non si era riusciti a fare o a concludere, ma un piano strategico che indichi i binari su cui si deve incamminare la ripresa e lo sviluppo del Paese: grandi infrastrutture, tecnologie dell’informazione e della comunicazione (Ict) per rendere più competitiva l’ Italia, investimenti nella formazione e nell’ istruzione; fare della scelta “green” non un’ ideologia retrograda o bucolica, ma un elemento fondamentale per un’ economia prospera, moderna, competitiva e climaticamente neutra: “Ricordiamoci – ha affermato Draghi – che l’ Unione Europea ha come obiettivo l’ impatto climatico zero entro il 2050”.
Comunque, ora anche Draghi dovrà passare dalle parole ai fatti, dimostrare capacità di leadership, altrimenti saremo di nuovo da capo: la solita inconcludente, parolaia politica italiana.
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