Pier Carlo Sommo
È Primavera, si avvicinano le elezioni e nei partiti si risveglia l’insana voglia di “primarie”. Ritengo che le cosiddette elezioni “primarie” all’italiana siano una delle più grandi sciocchezze pubblicitario-demagogiche inventate ultimamente, prodotte scimmiottando malamente gli Stati Uniti, create senza pensare che il loro sistema politico-partitico-mediatico è lontano dall’Italia mille anni luce. Personalmente, in virtù di una formazione giuridica e di una cultura liberale, sono decisamente contrario alle cosiddette “primarie” svolte da qualsiasi partito dell’arco costituzionale. Quello che penso non è però una critica indirizzata a un partito, ma la critica ad una tendenza che si è diffusa da qualche anno, a mio parere rischiosa per la “vera” democrazia.
I partiti attuali, ormai praticamente privi d’ideologia precisa, tendono a copiarsi tra loro in tutti i comportamenti, anche in quelli più sciagurati, le parole d’ordine sono “lo fanno anche loro” o “lo fanno tutti“.
Cos’è un partito in Italia? Un partito politico è definito dall’Art. 49 della Costituzione Italiana: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. È quindi un’associazione libera di cittadini i quali detengono il diritto di amministrare democraticamente la vita politica nazionale. La nostra Costituzione in certe parti dimostra i suoi anni, perché la suprema carta ha evocato la figura del partito, ma non ne ha delineato né la personalità giuridica, né tanto meno le modalità organizzative.
Il dibattito istituzionale ha rimarcato più volte la necessità di attuare con leggi il disposto costituzionale, ma ciò è stato accuratamente evitato dai politici che hanno smerciato come rivendicazione di “autonomia” il timore di qualsiasi controllo a numeri autentici degli associati, attività finanziarie, strutture interne, ecc.
Il risultato finale raggiunto nella cosiddetta “seconda repubblica”, con la fine dei partiti nati nel dopoguerra, è un sistema di partiti estremamente disordinato e complesso, con continue aggregazioni e scissioni. Un sistema sempre più incomprensibile e ostile ai cittadini che lentamente abbandonano le urne votando sempre meno. Le vecchie strutture partitiche, con le emanazioni territoriali, garantivano un minimo di partecipazione alla politica, ma le cosiddette “sezioni” sono pressoché scomparse o non hanno più il peso di un tempo. Il discorso “tesseramento” già critico nei partiti della prima repubblica, è diventato ovunque un immenso pasticcio, peggio alimentato, quando si inizia a parlare di “primarie”.
Questo sistema di fare votazioni “primarie”, senza regole valide, senza sapere chi vota e per quale ragione lo fa, è praticamente una presa in giro, un “simulacro” di democrazia.
Sergio Cofferati, nel 2015 sconfitto tra dubbi e sospetti, in modo “strano”, alle primarie liguri del Partito Democratico per la Regione, lasciò il suo partito dichiarando che le primarie sono “uno strumento che ha delle pecche e che è da rivedere alla radice…. Bisognerà cambiare in profondità le modalità con cui vengono attuate”. Ma da allora poco o nulla è mutato.
Se giuridicamente i partiti sono associazioni, chi ha mai visto in uno statuto associativo, anche di una bocciofila, la regola che pagando uno o due euro, un qualsiasi individuo, anche se non tesserato, vota decisioni o assetti organizzativi? Siamo al di fuori di ogni logica, se non vi sono regole precise nei tesseramenti. Siamo pressoché nel campo dell’accattonaggio politico, post fine del finanziamento pubblico dei partiti…
Non penso che ci sia da aggiungere altro, salvo che, considerato che i partiti non sono più adeguati ai tempi e sono ormai lontani dai cittadini, il dibattito principale dei politici dovrebbe incentrarsi su cosa dovrebbe essere un partito oggi, culturalmente e strutturalmente. Purtroppo, la diffusa carenza di cultura in troppi politici, unita ad una notevole sete di potere, fa sì che di questo dibattito tutti dicano che è da fare, a volte si avvia, ma non si conclude mai perché in realtà i gestori del potere interno ai partiti ritengono che “meno siamo nel partito, meglio è” innescando così lenti processi di autodistruzione per mancanza di ricambio generazionale…
Quando la democrazia diventa un oggetto incomprensibile ai cittadini e langue nelle sue manifestazioni pubbliche, il futuro diventa grigio e imprevedibile…
Ogni idea politica è un organismo vivo. I partiti sono quasi sempre destinati a diventare dei grandi cadaveri gloriosi. (Filippo Tommaso Marinetti)