Dario Gedolaro
Povera musica affogata in un minestrone di maleducazione, conformismo e stupidità assortite. L’ultimo Festival di Sanremo che ci ha propinato Amadeus è stato veramente indigesto. Spiace che un conduttore bravo finisca col macchiare la sua carriera pur di inseguire gli indici di ascolto. E così la gara canora e le esibizioni dei cantanti migliori sono passate in secondo piano rispetto alla valanga di sceneggiate, dichiarazioni, provocazioni (il giornalista Tony Damascelli l’ha ribattezzato “il Rai pride”), che hanno trasformato l’Ariston in una tribuna elettorale dell’estremismo dogmatico della sinistra radical chic.
L’ impressione è che lo show in alcuni casi sia sfuggito di mano ad Amadeus e questo è grave per chi ha la responsabilità di dirigerlo dal palco e da dietro le quinte. Come non pensarlo quando si è visto il conduttore in grave imbarazzo nell’occasione in cui Gino Paoli ha parlato delle corna subite da Little Tony durante un Cantagiro o nell’occasione in cui Fedez si è esibito in un rap improvvisato (da lui stesso ammesso “non concordato”): “A volte anche io sparo cazzate ai quattro venti, ma non lo faccio a spese dei contribuenti, perché a pestarne di merde sono un esperto…”, e poi ha stracciato la fotografia di un viceministro.
Il giornalista del Corriere della Sera, Alessandro Trocino, parla di “…alluvione di parole e musica e banalità …”. E aggiunge che “le donne sono trattate come vallette ma definite co-conduttrici pro quota (ma allora non era meglio Belen?)…Ma forse siamo troppo boomer per capire il genio dei Maneskin (roba trita, buona per i ragazzini) e c’è il fondato sospetto che finiremo come l’irredimibile Uto Ughi a dire che ‘quelli c’entrano poco con la musica’ “. I Maneskin, ospiti d’onore divenuti “maitre a penser”, la cui volgarità di atteggiamenti non sembra avere limiti, e i loro imitatori che pensano di poter sfondare giocando sull’ambiguità sessuale, sul fare e dire cafonate che altri non osano, invece che di imporsi con la voce e con belle canzoni. E i furbastri uomini che si vestono da donne pur di trovare uno spazio nel caravanserraglio dello spettacolo? Senza rendersi conto della scelta inopportuna e fuori luogo (ma c’è ancora qualche femminista in grado di indignarsi?), uno di questi viene affiancato all’attivista per i diritti umani italo-iraniana che parla della repressione in Iran nei confronti delle donne “vere”. C’ è anche il comico che, non sapendo più come farsi notare, si è messo in mutande. Il massimo (sarebbe meglio dire il minimo) è stato toccato da quel tal Blanco che, forse perché infuriato per un guasto alla sua cuffia o forse perché pensava di farsi notare più degli altri, si è esibito in atti di puro vandalismo sul palco, distruggendo con furia vasi e mazzi di fiori. Un bel messaggio per le giovani generazioni, un inno agli esponenti dei centri sociali che spaccano e danneggiano tutto ciò che viene loro a mano durante i cortei di protesta. Perché allora prendersela con quei ragazzotti di periferia che, a Torino, hanno lanciato per divertirsi dai Murazzi una bicicletta in testa a un coetaneo, riducendolo in fin di vita?
E che dire dell’ immarcescibile coppia d’affari Ferragni-Fedez? Lei, imbarazzata valletta, si infuria perché il marito mima un atto sessuale anale con il torineseRosa Chemical, che poi lo bacia appassionatamente sul palco. “Sono senza parole”, balbetta la poveretta in diretta e viene poi ripresa dai telefonini (che mettono le immagini sui social) mentre in una pausa pubblicitaria dello spettacolo rimbrotta aspramente il marito. Insomma, Sanremo come una scheggia impazzita, un luogo in cui non conta cantare bene, ma stupire, provocare con parole e gesti. Altro che “spaccato” della società contemporanea, siamo al Festival del pensiero unico, del gender fluid italiano, dell’indottrinamento LGBTQIA , con canzoni, ospiti, conduttori e co-conduttrici, siparietti e gag. Un vero lavaggio del cervello senza un confronto, un contraddittorio, la presentazione di situazioni e punti di vista diversi, come imporrebbe il semplice fatto che è una trasmissione prodotta e trasmessa dalla Rai, cioè dalla tv pubblica pagata col canone di tutti gli italiani.