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Carola Vai

Dalle immagini per il telegiornale scientifico Leonardo della Rai, a quelle della guerra in Ucraina, poi delle elezioni in India, ancora della guerra, ma in Israele, della situazione femminile in Iran, delle bombe in Libano, fino alle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Sono alcuni dei principali servizi del reporter piemontese, Ivo Bonato, un vero artista della telecamera, capace di filmare momenti fugaci con la stessa chiarezza usata per quelli fissati con precisione.

Ivo Bonato in Libano

Bonato ha mostrato ai telespettatori la sua arte in grado di catturare momenti della storia in molte occasioni con immagini simili a “quadri veristi”, ossia filmando la realtà con l’occhio dello scienziato, senza trascurare la bellezza, anche nelle situazioni più tragiche. Come confermano numerosi servizi in Italia e all’estero, al fianco di vari giornalisti Rai. Eppure ne parla con semplicità, appena velato da un filo di orgoglio. Del resto cominciare con dei documentari in uno studio, nella piemontese Biella, città dove abita con la famiglia, e arrivare a muoversi nei Paesi di ben quattro continenti (Europa, Africa, Asia, America) non deve essere stato facile. “Non so nemmeno io come ho fatto – ammette – io ho sempre cercato con tutte le mie forze di imitare i migliori. Non posso dire di esserci riuscito. Ma ci provo ancora. Ricordo quando studiavo con attenzione le immagini di Sergio Zenatti della Rai Piemonte e di altri professionisti. Lo facevo quando venni chiamato per alcuni servizi di cronaca a fianco della giornalista Caterina Cannavà, della TGR Piemonte; poi del Telegiornale scientifico Leonardo, che amavo molto, insieme a giornalisti come Girolamo Mangano e Maurizio Menicucci. Con loro iniziai avere l’opportunità di fare esperienze uniche. Quel periodo è stato il trampolino di lancio per arrivare ai telegiornali di RaiUno, RaiDue, RaiTre”.

Una possibilità data dal fatto che sei è un libero professionista, o come si dice un “free lance”. Dunque è un lavoro che offre più opportunità senza un contratto a tempo indeterminato?

Con il giornalista Andrea Lucchetta (RAI Tg 1) in Ucraina

Non saprei. Sicuramente se fossi stato dipendente di una Testata giornalistica non mi sarebbe stato possibile lavorare per altre. Io, comunque, nella mia vita ho sempre fatto delle selezioni: lavorare con persone che apprezzo e che, soprattutto, sono più brave di me. Così è uno stimolo continuo. Inoltre cerco di tenermi aggiornato il più possibile su attrezzature e sistemi di trasmissione. Ad esempio, ho preso l’abilitazione per far volare i droni circa 7 anni fa, quando la tecnica era appena agli inizi. Ho acquistato un drone e l’ho usato in diverse situazioni. In altre l’ho lasciato a casa perché vietato, come in Israele. Ma pure negli Stati Uniti. Nel mio lavoro bisogna avere competenze multiple”.

Hai catturato la realtà di molti eventi, puoi citarne alcuni?

“Ho vissuto moltissime situazioni: tutte indimenticabili. Quando andai nelle isole Svalbard con la giornalista Giulia Apollonio (TG2 Rai) per filmare il laboratorio dove studiano i cambiamenti climatici è stata un’esperienza straordinaria. Come straordinaria, ma in modo tragico, è stato il periodo in Ucraina per seguire la guerra con l’inviato Andrea Lucchetta (TG1 Rai). Stessa cosa posso dire dei giorni di guerra vissuti in Israele con Lucia Goracci (TG3 Rai), o in Libano con Stefania Zane (TG2 Rai). Incredibili le due settimane trascorse in India con Francesca Romana Elisei (TG2 Rai) per filmare le elezioni più grandi del mondo: quasi un miliardo di persone chiamate alle urne. Con Francesca Elisei seguo negli Stati Uniti le elezioni presidenziali”.

Ivo Bonato al lavoro nelle isole Svalbard a meno 35 gradi

La preparazione per un servizio all’estero in zone di pace è diversa da quella in zone di guerra? Ci sono situazioni più facili di altre?

Non esiste un lavoro più facile o più difficile: l’impegno è sempre lo stesso. A volte cambia il livello di pericolo. Nelle zone di guerra bisogna essere molto, molto attenti. La situazione è spesso stressante. Certo occorre studiare il territorio, cosa è permesso, e cosa è proibito. Conoscere un poco anche il clima. Io mi preparo ogni volta con la stessa minuziosità. In India abbiamo lavorato con una temperatura di quasi 50 gradi. Il caldo era soffocante. Non è stato facile, ma ci siamo riusciti benissimo. In quel caso mi ero portato due telecamere, una grande ed una più piccola che potevo usare senza essere visto nei luoghi dove era vietata la telecamera visibile”.

Per un reporter delle immagini è uguale lavorare con qualsiasi giornalista?

Non esattamente. Quando sono andato in Iran con Lucia Goracci, nel 2023, abbiamo dovuto usare molte precauzioni. Ma lei, conoscendo il Medio Oriente, ha agevolato la situazione. Siamo partiti con l’idea di fare un servizio sul velo imposto alle donne, poi abbiamo scoperto un quadro diverso e più pesante, e abbiamo cambiato programma. All’estero si ha comunque sempre un riferimento sul posto. E’ il Fixer o risolutore, colui, o colei, che conoscendo la lingua, gli usi locali, i personaggi chiave, aiuta a risolvere i problemi”.

Quali doti sono indispensabili per diventare un reporter delle immagini di successo?

Ivo Bonato con la giornalista Lucia Goracci (RAI Tg 3)

Predisposizione ai viaggi, tanto studio, capacità di adattarsi ai cambiamenti improvvisi, una certa abile ingegnosità per risolvere le situazioni difficili. E naturalmente una buona salute. Ma è un percorso che a volte accade per caso. A me sono capitati molti fatti che hanno richiesto una buona dose di adattamento. Ad esempio, per l’India sono stato avvisato dal TG2 con appena dieci giorni di anticipo. Ho dovuto ingegnarmi per ottenere il visto necessario; e poi prepararmi nei dettagli per il lavoro. Stessa cosa avvenne per un viaggio a Washington previsto lo scorso mese di luglio. Avvisato pochi giorni prima, ogni sforzo per ottenere il visto per gli Stati Uniti è stato vano. In quel caso è intervenuto il direttore del TG2, Antonio Preziosi, ed ho avuto un permesso valido due anni. Una grande fortuna. Un altro insolito episodio l’ho vissuto lo scorso 22 febbraio, poco dopo mezzanotte. Ero a casa, stavo scorrendo sul mio computer le notizie (sono abbonato a quattro agenzie stampa internazionali: Reuters, Ap, APF, EBU), quando ho visto le immagini di un enorme edificio avvolto dalle fiamme, a Valencia. Per curiosità mi sono informato dell’orario dei voli Milano-Valencia. Il primo aereo partiva alle sei del mattino con arrivo alle otto. Ho chiuso il computer con l’idea di andare a dormire. E’ squillato il cellulare. Era il caporedattore di RaiNews, Paolo Piras, che chiedeva se potevo informarmi come andare a Valencia. ‘Già fatto’, risposi. ‘Allora parti’ disse. Mi misi subito a preparare le borse e l’attrezzattura necessaria, e raggiunsi l’aeroporto della Malpensa. Alle otto, senza aver dormito un minuto, ero a Valencia, e poco dopo nel luogo della tragedia”.

Ivo Bonato in zona di guerra

Ivo Bonato, sposato da 27 anni con Mimosa,   una figlia farmacista, Adela, blogger di fotografie di cibo per hobby, una nipotina, Sofia, di cinque anni, cerca di dedicare alla famiglia e agli amici tutto il suo poco tempo libero Ma anche loro sono consapevoli di doversi adeguare a improvvisi cambi di programma.

E’ capitato lo scorso 21 settembre. Avevo prenotato un battello sul lago Maggiore e organizzato una cena con quaranta amici coetanei per festeggiare tutti insieme i nostri 60 anni. Mi trovavo a Beirut, ma ero convinto di rientrare in Italia. Invece, per via della guerra, all’improvviso tutte le compagnie aeree hanno sospeso i collegamenti con il Libano. L’unica rimasta in funzione era la compagnia di bandiera del Paese, MEA. Ma non aveva più posti per diversi giorni. Così ho avvisato gli amici di vivere la serata senza di me. Io, invece, ho raggiunto Dohar, la capitale del Qatar. E sono arrivato a Milano la notte del 22 settembre quando la mia festa sul lago Maggiore era ormai un ricordo”.

Il compleanno, 60 anni annunciati con fiera indifferenza (anche perché non visibili né fisicamente, né esteticamente) li ha festeggiati in famiglia nel giorno esatto, 18 ottobre, mentre intorno già erano pronti i bagagli e l’attrezzatura per raggiungere gli Stati Uniti e immortalare la corsa finale di Kamala Harris alla presidenza. Ottimista, innamorato del proprio lavoro, ammette: “ho vissuto esperienze eccezionali che certe volte avrei persino pagato per poterle immortalare con la mia telecamera, invece venivo pagato. Nelle zone di guerra siamo quasi sempre gli stessi operatori delle immagini, come in certi eventi eccezionali. Ma questo capita anche per i giornalisti.  Il nostro è un lavoro che richiede tanta passione per dimenticare fatica, stress e fatti atroci che a volte è impossibile cancellare dalla mente e persino raccontare a chi mai ha vissuto eventi analoghi”.

 

 

 

 

 

 

 

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)