Dario Gedolaro
La celebrazione della Giornata della memoria è anche l’occasione per riflettere se la tragedia della Shoah fu favorita dai silenzi al limite della connivenza. Inevitabile a questo proposito affrontare il tema del comportamento di Papa Pio XII, che a un certo punto (non nell’immediato dopoguerra) finì sul banco degli imputati. Pur se la storiografia contemporanea ha corretto e modificato molti dei giudizi negativi (o pregiudizi) nei suoi confronti, nell’opinione pubblica resta l’idea che il Capo della Chiesa Cattolica abbia taciuto per poco coraggio o per una sorta di acquiescenza. Eppure – tanto per citare un dato – se quasi il 90% degli ebrei italiani si salvò dalla deportazione, in buona parte questo avvenne grazie all’opera della Chiesa cattolica, a tutti i livelli, che li accolse e nascose in conventi, istituti religiosi, seminari, parrocchie (un’opera di soccorso analoga avvenne in molti altri Paesi europei).
Ma allora su quali basi documentarie e testimoniali si sono poggiate le accuse a Pio XII? Diciamo subito che se parliamo di silenzi durante la persecuzione e lo sterminio degli ebrei, è indubbio che le democrazie occidentali e, spiace dirlo, anche la Resistenza italiana, ne furono colpevoli. E’ clamoroso l’episodio di come fu ignorata dai governi Occidentali la prima, vera denuncia pubblica dello sterminio. Comparve il 25 giugno 1942 sul quotidiano conservatore britannico The Daily Telegraph: “I tedeschi uccidono 700mila ebrei in Polonia”, la notizia era accompagnata da dati e dettagli orribili. Era uno scoop mondiale, ma lo stesso Daily Telegraph non gli diede il rilievo che meritava: pubblicò quella notizia a pagina cinque di un giornale che di pagine ne aveva solo sei, e nessun altro giornale la riprese. La notizia era arrivata tramite il rappresentante ebreo del consiglio nazionale polacco a Londra, Szmul Zygielbojm, la cui moglie e il cui figlio morirono nel ghetto di Varsavia. Poco dopo la loro morte si suicidò, lasciando un biglietto: “La responsabilità del massacro della nazione ebrea in Polonia ricade prima di tutto su coloro che lo stanno perpetrando. Ma indirettamente ricade anche su tutta l’umanità, sui popoli e i governi delle nazioni alleate che finora non hanno fatto nessun passo concreto per fermare questo crimine”.
Il noto filosofo francese (di origine ebrea) Bernard Henry Levy, in un articolo comparso sul Corriere della Sera (scritto all’epoca delle polemiche per il discorso di Ratisbona di Benedetto XVI) afferma che “un assordante silenzio scese nel mondo intero sulla Shoah”. E aggiunge: “Si fa portare tutto il peso, o quasi, a colui che, fra i sovrani del momento: a) non aveva cannoni né aerei a disposizione; b) non risparmiò i propri sforzi per condividere, con chi disponeva di aerei e cannoni, le informazioni di cui veniva a conoscenza; c) salvò in prima persona, a Roma ma anche altrove, un grandissimo numero di coloro di cui aveva la responsabilità morale. Ultimo ritocco al Grande Libro della bassezza contemporanea; Pio o Benedetto, si può essere Papa e capri espiatori”.
Anche lo storico e giornalista, Paolo Mieli, in un’intervista di qualche anno fa difende Pio XII e ricorda le testimonianze a suo favore di esponenti ebrei; nel 1944 il gran rabbino di Gerusalemme, Isaac Herzog, dichiara: ‘Il popolo d’Israele non dimenticherà mai ciò che Pio XII e i suoi illustri delegati, stanno facendo per i nostri sventurati fratelli e sorelle nell’ora più tragica della nostra storia’”. Cita poi la relazione del Commissario straordinario delle comunità israelitiche di Roma, Silvio Ottolenghi, del 15 ottobre 1944: “Migliaia di nostri fratelli si sono salvati nei conventi, nelle chiese, negli extraterritoriali (i palazzi romani di proprietà della Città del Vaticano, ndr.). In data 23 luglio ho avuto l’ordine di essere ricevuto da Sua Santità al quale ho portato il ringraziamento della comunità di Roma per l’assistenza eroica e affettuosa fattaci dal clero attraverso i conventi e i collegi (…) Ho riferito a Sua Santità il desiderio dei correligionari di Roma di andare in massa a ringraziarlo. Ma tale manifestazione non potrà essere fatta che alla fine della guerra per non pregiudicare tutti coloro che al nord hanno ancora bisogno di protezione“.
Quest’ultima battuta spiega il difficilissimo contesto in cui si muoveva il Pontefice, con decine di milioni di cristiani sotto il giogo di dittature feroci. Come ha scritto lo storico Riccardi, a volte alcune prese di posizione furono evitate “ad mala maiora vitanda”. Quando la conferenza dei vescovi olandesi, il 20 luglio 1942, fece leggere in tutte le chiese del paese una lettera contro il razzismo nazista, Adolf Hitler ordinò l’arresto di tutti gli ebrei convertiti (che fino a quel momento erano stati risparmiati). Fra di essi la carmelitana Edith Stein, proclamata poi beata, uccisa in una camera a gas nel campo di concentramento di Auschwitz.
Di fronte alla repressione spietata e sanguinaria di qualsiasi dissenso era anche assai rischioso lasciare tracce scritte e, quindi, “carte” a futura memoria. A Torino monsignor Vincenzo Barale, segretario del cardinale Maurilio Fossati, fu arrestato dai nazisti proprio perché aveva scritto lettere, su indicazione di Fossati, per raccomandare a parroci e conventi alcune famiglie ebree da nascondere. Come Fossati si mossero, su ordine diretto del Vaticano, molti altri alti prelati, cito come esempio il cardinale di Firenze, Elia Dalla Costa (con cui collaborava anche il campione di ciclismo Gino Bartali), l’allora vescovo ausiliare di Genova, Giuseppe Siri, l’arcivescovo di Nizza, mons. Paul Rémond. Per non parlare della coraggiosa fermezza antinazista del “leone di Munster”, Clemens August von Galen, il vescovo tedesco che pronunciò infuocate omelie contro i nazisti con il pieno sostegno di Pio XII (che scrisse in questo senso all’arcivescovo di Berlino e poi lo creò cardinale). Si era in piena guerra (estate del ’41) e Goebbels infuriato lo definì, «l’attacco frontale più forte sferrato contro il nazismo in tutti gli anni della sua esistenza”.
E’ anche storia provata l’appoggio di Pio XII all’organizzazione tedesca “Orchestra nera”, che prima e durante la guerra cercò di organizzare vari complotti per rovesciare il regime di Adolf Hitler. Pio XII fece da tramite fra gli oppositori del nazismo (fra cui alti ufficiali dell’esercito tedesco compreso il capo del servizio segreto militare, l’ammiraglio Wilhelm Franz Canaris) e gli Alleati (se ne parla ad esempio nel libro “Gli uomini che hanno detto no a Hitler”, scritto nel 2020 dal politico e diplomatico britannico Paddy Ashdown).
Ma allora come mai il Papa finì sul banco degli imputati? A fare scoppiare il caso fu il commediografo Rolf Hochhuth, autore del famoso ”Il vicario”, che nel 1963 innescò la polemica sui “silenzi di Pio XII”. Chi era Hochhuth? Ce lo dice ancora Bernard Henry Levy: “Questo focoso giustiziere è anche un negazionista patentato, condannato più volte come tale e la cui ultima provocazione…fu di prendere le difese, in un’intervista al settimanale di estrema destra “Junge Freiheit”, di colui che nega l’esistenza delle camere a gas, David Irving”. Levy aggiunge: “Voglio ricordare che il terribile Pio XII, nel 1937, quando ancora era soltanto il cardinale Pacelli, fu il coautore con Pio XI dell’Enciclica “Mit brennender Sorge. Con viva preoccupazione“, che ancora oggi continua a essere uno dei manifesti antinazisti più fermi e più eloquenti”. Inoltre, il “silenzioso Pio XII” pronunciò alcune allocuzioni radiofoniche (per esempio Natale 1941 e 1942) che gli valsero, dopo la morte, l’omaggio di Golda Meir: “Durante i dieci anni del terrore nazista, mentre il nostro popolo soffriva un martirio spaventoso, la voce del Papa si levò per condannare i carnefici”. William Zuckermann, direttore della rivista americana “Jewish Newsletter”, a lode di Pio XII scrisse: “Tutti gli ebrei d’America gli rendano omaggio ed esprimano il loro compianto perché probabilmente nessuno statista di quella generazione aveva dato agli ebrei più poderoso aiuto nell’ora della tragedia”.
Anche una piccola parte del mondo cattolico (condizionato dal “politicamente corretto”) ha accusato in passato il Papa, perché non ha fatto in quelle drammatiche circostanze “gesti profetici”. A questo proposito nel 1964 Robert Kempner, magistrato ebreo di origini tedesche, numero due della pubblica accusa al processo di Norimberga scrisse: “Qualsiasi presa di posizione propagandistica della Chiesa contro il governo di Hitler sarebbe stata non solamente un suicidio premeditato, ma avrebbe accelerato l’assassinio di un numero ben maggiore di ebrei e sacerdoti“.
Ma perché allora ci si è accaniti contro Pio XII? Mieli è perentorio: “Pio XII paga il conto per il suo anticomunismo…L’odio per Pio XII nacque in un contesto preciso, quello dell’inizio della guerra fredda“. E aggiunge: “Va detto che le critiche a Pio XII provengono sempre da mondi nei confronti dei quali le critiche potrebbero essere dieci volte tanto: chi ricordiamo, durante la seconda guerra mondiale, tra le personalità di questi mondi che abbiano levato la voce nella maniera in cui si rimprovera al Papa di non averlo fatto? Io non ne conosco”.