Carola Vai
(#Italiaunicaqui) – Aveva poco più di un anno Rita Levi-Montalcini quando uno dei più grandi astronomi d’Italia, Giovanni Schiaparelli, il 4 luglio 1910, moriva a Milano. Colei che sarebbe entrata nella storia della medicina quel giorno d’estate giocava insieme alla gemella Paola, mentre la scienza di tutto il mondo piangeva l’uomo che con i suoi studi aveva diffuso l’idea che sul pianeta Marte esisteva una vita intelligente. Schiaparelli, nato a Savigliano, in provincia di Cuneo, il 14 marzo 1835, ebbe molto in comune con la futura scienziata nata a Torino il 22 aprile 1909. Entrambi piemontesi, entrambi Senatori, due glorie della scienza e dell’Italia, tenaci, determinati, conquistarono il palcoscenico mondiale, un’infinità di premi e onorificenze, con la passione per la ricerca che li portò a risultati eccezionali, benché in campi diversi: lui nell’astronomia, lei in medicina.
Quando Rita Levi-Montalcini arrivò per la prima volta negli Stati Uniti, in compagnia del collega e amico Renato Dulbecco, nel settembre 1947, Giovanni Schiaparelli era da oltre settant’anni tra i nomi italiani più conosciuti nelle università americane. La vita fu subito generosa con il futuro astronomo. Infatti, il piccolo Giovanni Virgilio crebbe in buona salute, circondato dall’amore dei genitori, e senza problemi economici. Fece le primissime esperienze a Savigliano , sua città natale, elegante, tranquilla, punteggiata di palazzi nobiliari ancora oggi ben visibili, chiese, piazze e strade affiancate da portici, e piccoli negozi. Una leggenda narra che a sette anni, la mattina dell’8 luglio 1842, la mamma svegliò Giovanni affinché potesse vedere l’eclisse solare. L’evento colpì talmente tanto il bambino da suscitargli il desiderio di diventare uno degli uomini che studiavano il fenomeno. A risvegliare l’interesse di Giovanni Virgilio Schiaparelli per l’immenso mondo dell’astronomia pare abbia contribuito anche il padre, Antonino, parlandogli spesso delle Pleiadi, del piccolo e grande Carro, della via Lattea, delle stelle cadenti. Ma finite le scuole primarie il ragazzo proseguì gli studi laureandosi in ingegneria all’università di Torino. Era il 1854. Solo dopo la laurea si dedicò all’astronomia. Per farlo si trasferì all’Osservatorio di Berlino, poi a quello di Pulkovo, in Russia. Ed è durante il soggiorno a San Pietroburgo, nel 1860, che ricevette l’invito dal ministro dell’istruzione del governo del re di Sardegna a tornare in Italia con l’incarico di entrare all’Osservatorio astronomico di Brera, a Milano. Il giovane Schiaparelli rientrò subito in patria. Dopo una breve tappa a Savigliano a salutare genitori, parenti e amici, si dedicò a cercare casa a Milano. E subito dopo a lavorare senza sosta . Due anni. Poi, con l’appoggio del capo del governo, Quintino Sella, diventò direttore. Conserverà il ruolo fino al 1900. Infaticabile lavoratore – come Rita Levi-Montalcini – Schiaparelli si impegnò talmente tanto a osservare i sistemi di stelle doppie (ne studiò 1100) e gli oggetti all’interno del sistema solare, a studiare le comete, a inventare nuovi strumenti per i suo studi, da diventare uno degli astronomi migliori del suo tempo. Ogni volta che realizzava un nuovo risultato o una nuova scoperta anticipava la notizia a “Il Saviglianese”, primo settimanale del Piemonte sabaudo che si pubblicava nella sua città d’origine. Schiaparelli lavorava a ritmo continuo. Mai soddisfatto dei risultati. Convinto di poter fare sempre di più, e meglio. Come capiterà anni dopo a Rita Levi-Montalcini. Le sedute di osservazione dell’astronomo piemontese divennero talmente costanti e regolari da farlo etichettare come uno “stacanovista”. Tanto impegno portò a enormi risultati. Sciaparelli aveva poco più di 26 anni quando scoprì un pianetino sconosciuto al quale diede il nome di “Hesperia”, lo stesso usato dagli antichi greci per definire la penisola italiana. La scoperta cominciò a farlo entrare tra gli astronomi di successo mondiale . A Savigliano tornò sempre meno, ma coltivò i rapporti con famigliari e amici. Viveva a Milano. Il tempo lo consumava tutto a lavorare, studiare, osservare il mondo delle stelle e dei pianeti. Nell’agosto del 1877 si appassionò all’osservazione della superficie di Marte. Tracciò una sorta di cartina geografica assegnando nomi di mari e monti alle varie configurazioni che vedeva. Inoltre individuò una serie di strutture regolari che chiamò “canali”. Le sue osservazioni scatenarono un lungo dibattito fra scienziati sulla natura dei canali. Solo molti anni dopo, grazie a sofisticate strumentazioni, si scoprirà che si trattava di illusioni ottiche. Schiaparelli diventò comunque talmente esperto da essere oggi ritenuto il padre della geografia marziana (l’aerografia). Uomo di grande cultura, appassionato di lingue moderne e antiche, negli ultimi anni di vita si dedicò alla storia dell’astronomia. In particolare approfondì lo studio dell’astronomia dell’Antico Testamento. La conoscenza delle antiche lingue del mondo ellenico, ebraico, indiano e assiro-babilonese gli permisero di consultare le fonti originali.
Quando morì, venne seppellito nel cimitero Monumentale di Milano. Immediatamente a Savigliano si costituì un Comitato cittadino per dedicargli un monumento. L’opera doveva essere realizzata dallo scultore torinese, Davide Calandra. Ma l’artista morì nel 1915. Così il compito venne affidato al conte Annibale Galateri, anche lui scultore molto noto in quel periodo. Il monumento, oggi molto fotografato, venne inaugurato il 15 novembre 1925 davanti al Duca di Pistoia in rappresentanza del Re, e al Ministro della Pubblica Istruzione, Pietro Fedele.
Cento anni dopo, nel 2010, le Poste Italiane gli dedicarono un francobollo commemorativo del valore di euro 0,65 con raffigurato sopra il suo volto stilizzato. Stesso riconoscimento venne fatto a Rita Levi-Montalcini , il 16 novembre 2013, con un francobollo del valore di euro 0,70. Ma la scienziata era morta meno di un anno prima: il 30 dicembre 2012.
Sia in Giovanni Schiaparelli che in Rita Levi-Montalcini non c’era solo lo scienziato o la scienziata da ammirare, ma pure l’uomo e la donna. Il primo disse di se stesso: “Memoria poca, genio nessuno, molta pazienza e infinita curiosità di saper tutto. Questo è press’a poco il mio ritratto intellettuale”. Mentre la “principessa della scienza” come era definita Rita Levi-Montalcini così si descrisse “la mia intelligenza è mediocre, il mio ingegno poco più che mediocre. Credo di avere due sole qualità: l’intuito e la capacità di vedere un problema nella sua globalità”. Un astronomo e una scienziata che pur mostrandosi modesti realizzarono risultati ancora ineguagliabili.