Carola Vai
Come avrebbero reagito i Premi Nobel per la medicina, Rita Levi-Montalcini e Renato Dulbecco in questi tragici giorni di guerra contro il Coronavirus, o Covid-19, a sentire: “le vittime sono soprattutto ultra-ottantenni? Parole ripetute con freddezza, quasi a far pensare “in fondo si tratta di vecchi”, persone fragili, fuori dal mercato del lavoro, peso per la società. Eppure, sia Rita Levi-Montalcini, morta a 103 anni, nel dicembre 2012, che Renato Dulbecco, mancato a 98 anni, nel febbraio 2012, lavorarono fino a poche settimane prima. E con successo mondiale. Nella biografia che ho scritto sulla scienziata, “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” (#Rubbettino), dedico varie pagine al pensiero dei due ricercatori sul tema “vecchiaia ”, periodo da entrambi ritenuto “costruttivo”, se in buone condizioni di salute.
Proprio Rita Levi-Montalcini non mancò di sottolineare: “nella vita di tutti noi ciò che conta è il cervello”. In una persona, anche alla soglia dei cento anni, “il cervello ha capacità enormi, purché sia mantenuto in esercizio”. Del resto la storia ci riporta molti esempi di uomini e donne che, pur avendo superato gli 80 anni, hanno lasciato all’umanità doni spettacolari. Bastano alcuni nomi di svariati settori professionali per avere un minuscolo quadro di come gli anni senili siano in molti casi produttivi. Tra i più famosi: Michelangelo Buonarroti (1475-1564), vissuto 89 anni, autore dei più importanti capolavori dell’intera storia dell’arte. Lui che, in soli due anni, scolpì nel marmo la famosissima statua della “Pietà” conservata nella Basilica di San Pietro, in Vaticano, terminandola intorno i suoi 24 anni di età, dipinse l’altrettanto famoso “Giudizio Universale” della Cappella Sistina, luogo dove si tengono le elezioni del Papa, detto “conclave”, in quattro anni, tra i suoi 62-66 anni. Ma realizzò l’ultimo capolavoro della sua vita, “La Pietà Rondanini”, poco prima di morire, alla soglia dei suoi 89 anni. L’opera, ricavata dal marmo, oggi è visibile nel Museo Sforzesco di Milano.
Qualche secolo più tardi, rimanendo ancora nel campo della pittura, troviamo uno dei più prolifici artisti post ottantenni: Pablo Picasso. Nato in Spagna nel 1881, l’autore del dipinto “Guernica”, nel 1937, ispirato al bombardamento della cittadina omonima, nella sua esistenza lunga 92 anni, realizzò oltre 120.00 opere. Tra queste, molti dipinti considerati dei capolavori ed oggi esposti in vari musei. Un’attività mantenuta con
ininterrotta frenesia anche dopo aver compiuto 80 anni. Del resto, superata la soglia anagrafica che in tempi di coronavirus viene definita “la più penalizzata dal contagio”, Picasso continuò a lavorare riservando, come sempre, le uniche pause a mogli, amanti, figli, nipoti, in un’esistenza sfrenata. L’ultimo dipinto, ispirato al tema dell’amore e intitolato “Donna sul divano”, lo compose a 90 anni, tra il 1970-1971, poche settimane prima di morire. Oggi l’opera fa parte di una collezione privata.
Nel periodo di Picasso, ma non coetaneo, troviamo colui che è considerato “il più grande giornalista del Novecento”: Indro Montanelli. Nato il 22 aprile 1909, stesso giorno e stesso anno di Rita Levi-Montalcini, Montanelli, stimato, amato, invidiato, considerato un “maestro” da intere generazioni di giornalisti, scrisse e pubblicò articoli e libri fino alla soglia della morte avvenuta a 92 anni, nel 2001. Esistenza impegnata e produttiva fin quasi gli ultimi giorni anche per due donne totalmente diverse, eppure conosciute a livello mondiale: la scienziata Margherita Hack, nata nel 1922, l’anno
dell’avvocato Giovanni Agnelli, ma morta a 91 anni, nel 2013; e la cantante Nilla Pizzi, nata nel 1919, medesimo anno di Giulio Andreotti, mancata a 92 anni, nel 2011. Nilla Pizzi , ancora unica concorrente canora ad aver conquistato il primo, secondo e terzo posto al Festival della canzone di San Remo (era il 1952) con i brani “Vola Colomba”, “Papaveri e Papere” “Una donna prega”, calcò le scene praticamente fino agli ultimi anni della sua movimentata esistenza. Infatti nel luglio 2010 inaugurò la terza edizione del “Padova Pride village”. Sei mesi prima di morire, iniziò dei lavori per la registrazione di un nuovo album canoro che sarebbe dovuto uscire nel 2011. Lei purtroppo morì il 12 marzo 2011 , alcuni giorni dopo un intervento chirurgico.
Nel medesimo periodo, lo scrittore Andrea Camilleri che essendo nato nel 1925 , mentre se ne andava per sempre Nilla Pizzi lui aveva già superato gli 86 anni, scriveva libri, articoli e sceneggiature a ritmo continuo. Senza quasi mai opporsi alle frequenti interviste di giornalisti di televisioni, giornali, radio. Un impegno vorticoso interrotto solo dalle pause famigliari.
L’inventore del commissario Montalbano, che ha ispirato la serie televisiva trasmessa da #Raiuno e interpretata da Luca Zingaretti, ha lavorato fino agli ultimi giorni della sua vita conclusa a 94 anni, nel 2019. La morte lo sorprese dopo un grave malore che lo colpì in piena attività. Poco prima di uscire dalla scena esistenziale, ha terminato il suo ultimo libro: un romanzo giallo breve intitolato “Km 123”. Per smentire chi immagina improduttive le giornate degli ottuagenari, Camilleri, a 92 anni, diete alle stampe “Esercizi di memoria”, libro di successo.
Il coronavirus, come dicono molti esperti, è probabilmente più crudele con le persone più avanti con gli anni rispetto ai giovani, perché è una fascia di popolazione con maggiori probabilità di sviluppare l’infezione. Logico chiedere a queste persone di agire con cautela per evitare la trappola del virus. In caso di atroce sconfitta, non mi pare tuttavia il caso di annoverare le vittime dietro l’etichetta “si è trattato di anziani”. Creando la dolorosa impressione che trattandosi di una fascia generazionale ormai improduttiva per la società, a volte addirittura costosa, la si può perdere, senza dispiacersene troppo. Se l’Italia ha un gran numero di uomini e donne più longeve della Cina e di molti altri Stati,
è dovuto al fatto che tali anziani hanno in genere costruito un Paese tra i migliori al mondo, curando alimentazione, stili di vita e persino di sanità (benché negli ultimi anni sempre più in difficoltà). Un Paese dove si vive più a lungo che in molti altri sparsi nei vari continenti perché si vive meglio. Pur tra molte fatiche. Definire l’Italia un “Paese di vecchi” dovrebbe essere considerato un pregio. Spesso, in tutti i settori dell’esistenza italiana, si tratta di persone produttive, anche se poco visibili, abituate da tutta la vita alla generosità (verso figli, nipoti, società) più che a egoismi che accorciano l’esistenza. Come avviene, invece, in molte altre nazioni del mondo. Del resto, l’unico modo per avere un Paese a prevalenza giovane è morire prima di diventare vecchi.