Paola Claudia Scioli
Un merito dobbiamo riconoscerlo al Coronavirus: ha finalmente favorito il “distanziamento” sulle migliaia di chilometri di belle spiagge, che caratterizzano il nostro paese. So che non è così per tutti, specialmente per i giovani, ma ho sempre considerato stressante dover lottare per trovare uno spazio sulla sabbia dove sdraiarsi a pensare, a leggere un libro, a respirare la salutare aria di mare, ad ammirare il sole che sorge o tramonta nell’acqua blu all’orizzonte, a sognare di avventurarsi verso l’infinito.
Tutto questo si potrà fare ora anche in località generalmente sovraffollate nei mesi estivi, come la splendida isola di Grado, dove la presenza di una spaziosa area camper e di numerosi campeggi super attrezzati attira da sempre molti appassionati di viaggi in camper e caravan con i loro quattro zampe al seguito. E non è casuale perché proprio a Grado si trovano spiagge specifiche per il divertimento e la balneazione dei cani, attrezzate con aree recintate, ombrelloni, sedie a sdraio, lettini da spiaggia, rubinetti di acqua corrente, e dog toilette, cosa abbastanza rara nel nostro paese.
Nell’immaginario comune Grado è l’isola del sole con un suggestivo lungomare con vista sulla riviera di Trieste e sulla costa dell’Istria e con otto chilometri di spiaggia – su dieci totali – esposti a sud, pieni di luce per tutto l’arco della giornata. I fondali sono bassi, digradano dolcemente e le acque sono calme e pulite. Lo iodio di cui è ricca l’aria, la talassoterapia e gli effetti benefici dei sali minerali contenuti nella sabbia finissima hanno reso rinomata questa località, famosa in tutta Europa. Ma Grado è anche speciale il suo pittoresco centro storico, che richiama le architetture veneziane con il suo labirinto di calli (piccole vie) e campi (piazzette), i suoi resti archeologici di epoca romana e le sue basiliche paleocristiane.
Le origini risalgono al II secolo d.C. quando era un borgo di pescatori, presto diventato il porto per le navi che
risalivano il corso del fiume Natissa verso Aquileia.
Fu l’arrivo dei Longobardi in Friuli nel 569 che trasformò completamente l’assetto di questo territorio, determinando uno sdoppiamento del Patriarcato, che prima era solo ad Aquileia e da quel momento fu anche a Grado. Da allora la distanza tra i due centri divenne una vera e propria frattura: Aquileia gravitò sempre più verso l’Europa continentale, mentre Grado verso l’area mediterranea e Bisanzio. Altro esempio di come era frazionato il nostro territorio dove ogni piccolo centro a poca distanza da un altro faceva “per sé”.
E la presenza del Patriarcato, durata fino al 1451, fu determinante per la fortuna di questa zona, che solo dopo la metà del XV secolo tornò ad essere un’isola di pescatori per oltre due secoli, finché entrò a far parte dell’impero Austro-Ungarico, a cui si deve il riconoscimento di stazione balneare con straordinari poteri terapeutici. Una località questa spesso frequentata dagli imperatori d’Austria e dalla loro corte, che hanno lasciato numerose tracce dei loro soggiorni. Uno tra tutti: la porta di accesso alla spiaggia dorata utilizzata da Francesco Giuseppe nel 1892.
Passata allo Stato italiano, nel 1935-36 furono costruiti un terrapieno stradale e un ponte girevole, che posero fine al plurisecolare isolamento di Grado, collegandola alla terraferma.
È proprio questo lo spettacolare percorso che porta dritto alla città antica, la Gravo vecio, racchiusa dentro il perimetro del castrum romano, quel castrum che fu fatale per la salvezza degli aquileiesi nel periodo delle invasioni barbariche del V e Vi secolo. Un labirinto di calli e campielli, con architetture tratteggiate da muri di pietra e mattoni, piccole finestre, strette scalinate esterne, ballatoi e caratteristici comignoli, che ricorda molto Venezia alla quale Grado è legata anche per il percorso religioso.
Delle antiche mura del castrum rimangono le impressionanti fondamenta. In Campo dei Patriarchi, invece, si trovano gli splendidi edifici paleocristiani: le basiliche dedicate a sant’Eufemia, santa Maria delle Grazie, ma anche l’elegante Battistero, a pianta ottagonale con vasca esagonale del VI secolo e il lapidario. La basilica di sant’Eufemia (il Duomo), consacrata nel 579, conserva un bellissimo mosaico pavimentale molto più vicino ai canoni stilistici bizantini rispetto a quelli della basilica di Aquileia. L’interno, a tre navate, è ricco di tesori magnificamente conservati. Il massiccio campanile quattrocentesco in mattoni ha in cima l’arcangelo segnavento (Anzolo) del 1462, simbolo della città. Poco distante c’è la basilica di Santa Maria delle Grazie, paleocristiana del V-VI secolo d.C. con impianto ottagonale bizantino.
Sparse qua e là nel centro storico si trovano anche le caratteristiche trattorie e osterie, che si stanno attrezzando
per continuare ad offrire ai turisti, nonostante il Coronavirus, le specialità gastronomiche della costa – sardoni (le alici), sardelle (le sardine), sgombri, papaline, suri, aguglie, volpine, cefali, lanzardi, palamiti e tonni, ma anche molluschi e i crostacei locali più saporiti del solito grazie all’alto grado di salinità delle acque lagunari – e i pregiati vini dell’entroterra, oltre al Santonego®, un’infusione alcolica di assenzio marino che fiorisce tra agosto e settembre, ottimo digestivo e ingrediente per long drink e cocktail da accompagnare a dolci e cioccolato.
Un’altra caratteristica che rende questo territorio interessante è lo straordinario reticolo di piste ciclabili realizzate (ben 40 km complessivi), percorribili da chiunque, nella spettacolare natura lagunare, silenziosa e rilassante. Uno scenario naturale di 16.000 ettari di terra e di mare, compresi tra le foci dell’Isonzo e del Tagliamento in costante evoluzione, al quale si accede dal caratteristico porto, costruito dagli austriaci a forma di Y rovesciata, da sempre polo economico del borgo marinaro, suggestivo in ogni stagione per la combinazione di luci, riflessi e colori.
E la laguna – con le sue oltre cento “mote” (isole e isolette) percorse da canaletti e meandri (i ghebbi), le barene (terre sempre emerse e coperte di vegetazione bassa) e le secche, con i suoi colori che cambiano di ora in ora e di stagione in stagione, con la sua fauna così caratteristica – è il vero punto di forza di questa località. Scenario magico, che rende Grado speciale e che, forse, l’ha resa tale sin dall’antichità. È diversa dalla laguna di Marano, con la quale si fonde verso Ovest, proprio per la presenza di così tanti lembi di terra a fatica difesi dalle insidie marine. In laguna, le alte e basse maree garantiscono il rimescolamento delle acque salate del mare con le acque dolci dei fiumi, creando l’ambiente ideale per la vita di numerose varietà di piante (tamerici, olmi, pioppi, ginepri, pini), di pesci e di uccelli.
È il movimento delle maree che dà luogo alla emersione e sommersione di terre, che compaiono e scompaiono dalla vista e costituiscono il peggiore nemico dei navigatori inesperti: in gergo si chiamano “velme” e spesso sono popolate da molluschi e crostacei. Su molte delle isolette sorgono i casoni, le tradizionali abitazioni che i pescatori si tramandano di padre in figlio. Per raggiungerle si possono usare solo barche senza chiglia, tipiche di questa zona, chiamate “batèle”, condotte da rematori in piedi a poppa come per le gondole veneziane.
Nella laguna gradese sorge anche il Santuario Mariano di Barbana, meta di numerosi pellegrinaggi. Secondo la leggenda, il primo edificio fu costruito dal patriarca di Grado, Elia, nel 582 dopo una violenta mareggiata nel luogo in cui apparve un’immagine di Maria trasportata dalle acque. Ci volle poco perché si formasse attorno alla chiesa una comunità di monaci, ai quali subentrano intorno all’anno mille i Benedettini e, nel 1450, i Francescani che, dopo un’assenza di qualche secolo dovuta alla soppressione del monastero da parte della Repubblica di Venezia nel 1769, vi sono tornati, e ancora oggi gestiscono il sito. Qui il primo weekend di luglio si celebra il pellegrinaggio del Perdon di Barbana, con una manifestazione popolare che risale al 1237, quando l’isola fu salvata dalla pestilenza.
All’estremità orientale della laguna di Grado si trova la Riserva Naturale della valle Cavanata, raggiungibile da Grado in bicicletta, con ampi bacini salmastri, canali di marea di varia profondità e le barene della ex valle da pesca con diversi percorsi.