Carola Vai
Sessanta anni fa, il 22 novembre 1963, veniva ucciso John Fitzgerald Kennedy mentre attraversava la città di Dallas, nel Texas, all’interno di un corteo di automobili, con al suo fianco la first lady, Jacqueline Kennedy. Con la sua morte svanì la nostalgia per un’America che non c’è più, nostalgia creata anche da una raffinata “politica spettacolo”. La fine dell’illusione di un futuro più prospero gli americani l’avevano già vissuta poco più di un secolo prima, il 14 aprile 1865, con l’uccisione di Abramo Lincoln.
Il Presidente dei record fortunati e dei record sfortunati, la personificazione del “sogno americano”, il primo inquilino della Casa Bianca ad essere assassinato, venne ferito alla testa da un colpo di pistola calibro 44 mentre si trovava al Ford’s Theatre di Washington con la moglie e first lady Mary Todd. La coppia stava per assistere alla commedia musicale, “Our American Cousin” dello scrittore britannico Tom Taylor in programma in anteprima. A sparare fu un attore, John Wilkes Booth, simpatizzante sudista. Lincoln dopo alcune ore di agonia morì il 15 aprile sotto gli occhi della moglie. Come avvenne per Kennedy abbracciato stretto da Jackie per tutta la forsennata e inutile corsa in ospedale.
Due delitti separati da un secolo, eppure con molti punti in comune a cominciare dall’incognita dei veri mandanti. Due omicidi che sconvolsero l’America, stupirono il mondo intero, e affogarono nella tragedia le due coppie più conosciute della storia delle rispettive epoche. Tempi diversi, eppure due uomini che pur avendo alle spalle una storia totalmente differente (famiglia ricchissima Kennedy, infanzia e giovinezza nella totale povertà Lincoln), avevano vari aspetti in comune a cominciare dall’abilità di comunicare con le persone e di affascinare la mente e il cuore della gente.
Due politici sposati a due donne Jacqueline Bouvier e Mary Todd ricche, ambiziose, determinate a rendere la Casa Bianca un luogo di attrazione non solo politico, ma pure per la sua bellezza. Due Statisti appassionati di animali, soprattutto di gatti, come narro nei rispettivi capitoli a loro dedicati nel mio libro “GATTI DI STATO, tra uso pubblico e passioni private” (Rubbettino editore), mici che entrambi hanno ospitato alla Casa Bianca forse per dimostrare che quella era la Casa di tutti gli americani. John Kennedy amava ripetere: “Il futuro non è un regalo, è una conquista”; Abramo Lincoln che nella sua infanzia ebbe come compagni di gioco solo qualche gatto, non perdeva occasione per sottolineare: “La religione di un uomo non vale molto se non ne traggono beneficio anche il suo gatto e il suo cane”.
Due Presidenti capaci di rimanere impressi nella memoria dei popoli anche a distanza di decenni per la bravura di regalare il sogno di una vita migliore. Tutte e due innamorati della libertà che concedevano anche ai loro gatti. Il pelosetto privilegiato di Kennedy si chiamava Tom Kitten e apparteneva alla figlia Caroline; quello prediletto tra i tanti di Abramo Lincoln, fu Tabby. Per tutti coloro che vivevano nella Casa Bianca tanto ai tempi di Kennedy che di Lincoln c’era un ordine tassativo: Tom Kitten e Tabby non dovevano mai essere disturbati. I due mici potevano entrare liberamente nello Studio Ovale anche in presenza di importanti ospiti internazionali. Ai tempi dei due Presidenti assassinati internet e i social non esistevano nemmeno nelle menti più fantasiose. Ma i giornalisti erano già una realtà.
Il kennediano Tom Kitten, micio dal pelo bianco e nero, compariva davanti ai giornalisti trattato come una star, rispettato e vezzeggiato. I figli della coppia presidenziale, John John e Caroline, erano liberi di girare ovunque nell’abitazione più importante degli Stati Uniti. Con loro anche l’amato gatto che apparteneva a Caroline. Ma Jackie non voleva che le fotografie dei figli finissero sui giornali. Difendeva la loro privacy e quella dei loro pelosetti compagni di gioco e fonte di serenità. Al Presidente non importava, tuttavia non voleva contraddire la first lady. Così chiese ai giornalisti e ai fotografi di non inseguire Caroline e il gatto.
Massima libertà anche per Tabby al quale Abramo Lincoln consentiva pure di partecipare ai pranzi ufficiali. Come ricordo in GATTI DI STATO le cronache storiche narrano che un giorno Tabby salì sul tavolo mentre era in corso una cena ufficiale con l’ex presidente James Buchanan, predecessore di Lincoln. La first lady, Mary Todd, con fermezza suggerì al marito di far scendere il gatto dal tavolo. Lincoln senza scomporsi, ma con altrettanta risolutezza, osservò: “Se il cibo che abbiamo nel piatto è gradito al Presidente Buchanan, certamente piacerà anche a Tabby”. Non si conosce la reazione di Buchanan che morì tre anni dopo Lincoln. Tabby primo gatto americano di Stato, con le sue fusa e la sua carezzevole vicinanza contribuì a lenire la malinconia di Lincoln ogni volta che si trovava alla Casa Bianca.
Anni dopo l’omicidio di John Fitzgerald Kennedy rimasto al potere solo mille giorni, come quello di Abramo Lincoln, che invece governò quattro anni, i sogni di una società egualitaria e migliore sono pressoché svaniti. Ma non il ricordo dei due Presidenti americani tra i più celebrati degli Stati Uniti.