Pier Carlo Sommo
Il palazzo Carignano di Torino è un prezioso concentrato di storia del Piemonte e d’Italia. Ma non tutti sanno che conserva due “segreti”: uno antico, l’altro più recente. Prima di parlare dei segreti, parliamo del prezioso contenitore. Collocato nel cuore della capitale sabauda, il palazzo fu costruito per ordine di Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano, detto “il Muto” dal celebre architetto Guarino Guarini. I lavori iniziarono nel 1679, e nel 1694 divenne dimora dei Principi di Savoia-Carignano, ramo cadetto di casa Savoia, poi regnante dal 1831 con Re Carlo Alberto, nato nel palazzo di famiglia, come suo figlio Vittorio Emanuele, che sarà il primo Re d’Italia.
La residenza, dopo essere stata dimora famigliare dei Savoia-Carignano passò, nel 1831 con l’ascesa al trono di Carlo Alberto, al Demanio che vi collocò inizialmente il Consiglio di Stato e la Direzione delle Regie Poste. Nel 1848, con la promulgazione dello Statuto l’edificio divenne sede del Parlamento Subalpino. L’architetto Carlo Sada di Bellagio modificò il salone delle feste, trasformandolo nell’ aula parlamentare. Nel 1861 fu poi sede del primo Parlamento italiano, ma l’aula era troppo piccola e così iniziarono i lavori per costruirne una più grande, ampliando il palazzo verso l’attuale piazza Carlo Alberto, che allora era il giardino del palazzo. I lavori iniziarono nel 1863 e terminarono nel 1871, quando però il parlamento si era trasferito a Roma. Durante i lavori i deputati si riunivano in un’aula provvisoria costruita nel grande cortile, ma solo nel periodo 1861 al 1864 perché la capitale fu trasferita a Firenze. Così la grande aula, destinata ad ospitare il Parlamento italiano, non fu mai utilizzata allo scopo per cui era stata costruita.
In questo palazzo nel 1861 si tenne la seduta della Camera durante la quale il Re di Sardegna Vittorio Emanuele II, proclamò la nascita del Regno d’Italia, evento memorabile per la storia patria. L’aula del Parlamento Subalpino fu dichiarata monumento nazionale nel 1898 e oggi è forse il pezzo più prezioso del Museo Nazionale del Risorgimento italiano che dal 1878 ha sede nel palazzo. È il museo più grande, antico e importante della storia patria, per la ricchezza e rappresentatività delle collezioni, ed è l’unico che dal 1901 si può fregiare ufficialmente del titolo di “nazionale”.
Dopo lunghi restauri edilizi e della collezione museale, terminati nel 2011, Palazzo Carignano oggi ospita il Museo Nazionale del Risorgimento, gli Appartamenti di Mezzanotte e Mezzogiorno e gli uffici della Direzione regionale Musei Piemonte.
Veniamo ora ai due “segreti”. Il primo, il più antico ma poco conosciuto, sono gli originali e strani fregi che adornano le finestre del piano nobile. Essi ricordano il copricapo di piume di un Indiano d’America. Somiglianza che non è un caso, perché ricordano la vittoria riportata dal reggimento dei Carignano a fianco dei Francesi nel 1667, contro gli Indiani Irochesi nel Canada. Nel 1641 Luigi XIV Re di Francia affidò a Emanuele Filiberto di Savoia-Carignano il comando di un reggimento di fanteria che si chiamò Reggimento di Carignano–Salières. Nella prima metà del Seicento, la sfida tra Francesi, Inglesi e Olandesi per il primato nel commercio di pellicce del Canada generò scontri militari, con alleanze con tribù indiane locali. Nel 1664 Luigi XIV inviò a sostegno dei coloni il generale Alexandre de Prouville con milleduecento uomini del Reggimento Carignano-Salières, nel 1666 il reggimento, formato da soldati europei e Indiani convertiti, costrinse gli Irochesi alla resa. Stipulata la pace tra i Francesi e Irochesi, oltre quattrocento soldati del Reggimento Carignano –Salières rimasero a popolare la colonia. Una memoria di loro è rimasta nella storia del Québec: la cittadina di Salières porta il nome del colonnello Henri de Chastelard de Salières, mentre il Lago Brandis ricorda il portainsegne Giovanni Nicolis di Brandizzo. Gli echi della vittoria giunsero a Torino e furono così immortalati nelle decorazioni del palazzo di famiglia dei Principi di Carignano.
Veniamo ora al secondo “segreto”, il più recente. Il palazzo a metà degli anni 80′ del secolo passato aveva rilevanti problemi strutturali, per cui fu oggetto di vasti lavori di restauro edilizio dal 1987 al 1994. I lavori furono progettati e diretti dall’architetto torinese Andrea Bruno, progettista di fama mondiale, specializzato nel restauro architettonico di edifici storici e di musei. La ristrutturazione esigeva la creazione di nuovi locali per i servizi tecnici, per cui si decise di scavare fino alla profondità di 11 metri nel grande cortile. Si ricavarono così due piani interrati. Il più profondo è utilizzato per i servizi tecnici (centrale termica ecc.), al di sopra fu ricavato un grande salone sotterraneo, allora pensato come salone polivalente a servizio del Museo del Risorgimento e degli organismi culturali circostanti (Museo Egizio, Galleria Sabauda, Teatro Carignano ).
L’opera è consona alla grande professionalità dell’ architetto Bruno. La sala ipogea, grande come tutto il cortile è coperta da un soffitto sorretto da quattro colonne, alte 5,50 metri. La superficie è pressoché analoga a quella del cortile. Nella pavimentazione del cortile in acciottolato quattro lucernari a raso segnano la posizione dei pilastri sottostanti richiamando il disegno della stella guariniana. Oggi i quattro lucernari sono invisibili, coperti da lastre di acciaio, il salone è totalmente abbandonato e dimenticato. Da informazioni assunte da fonte competente l’aula sotterranea è vuota, non è mai stata terminata, pare principalmente per motivi economici, anche perché nel frattempo sono cambiate le esigenze sulla sicurezza degli edifici destinati ad ospitare spazi pubblici, e ciò richiede ulteriori onerosi lavori
Purtroppo la storia spesso si ripete, Palazzo Carignano sembra portare appresso un destino di sale incompiute o inutilizzate. La sala del Primo Parlamento italiano, era troppo piccola e fu sostituita con una sala provvisoria in cortile. Realizzata quella definitiva di dimensioni adeguate, non fu mai utilizzata perché la Capitale andò a Firenze. E oggi, la grande sala dell’arch. Bruno è da un quarto di secolo tra i lavori incompiuti e beni pubblici mal utilizzati, probabilmente è una delle tante pratiche perdute tra i meandri degli uffici pubblici. Qualche timido articolo su testate locali ne ricorda ciclicamente l’esistenza, ma poi ritorna il silenzio, non si sa se pudico o vergognoso.
Il presidente Mario Draghi ha parlato delle troppe opere pubbliche incompiute, Il ministro Dario Franceschini del rilancio della cultura, speriamo che qualcuno si occupi anche di questa opera dimenticata che può contribuire al rilancio della Torino turistica del dopo Covid…
Sito del Museo Nazionale del Risorgimento:
https://www.museorisorgimentotorino.it/
Sito della Direzione regionale Musei Piemonte