Carola Vai
I no-vax, e in genere i contrari al vaccino, non sono una caratteristica del tempo del Covid-19. Sono sempre esistiti. Fin dai secoli passati. Basta ricordare la vicenda della zarina Caterina II (1729-1796) detta Caterina la Grande. Figura femminile tra le più leggendarie, l’imperatrice di Russia nel 1768 promosse la prima, clamorosa campagna in favore dell’immunizzazione contro il vaiolo che mieteva migliaia di vittime. La scelta causò una violenta reazione da parte di nobili e religiosi. Inutilmente. Caterina, fiduciosa nella scienza, non si fermò. E offrì lei stessa l’esempio sottoponendosi alla pratica.
All’epoca una vaccinazione vera e propria non esisteva. Si era diffusa una procedura piuttosto rudimentale che prevedeva una “inoculazione” contro il vaiolo. L’imperatrice, donna coraggiosa, temeraria, determinata, ma terrorizzata dal morbo che imperversava in Europa da decenni, quando sentì che c’era un’opportunità per evitare di essere contagiata, scelse di utilizzarla. Tanto più che suo marito, Pietro III, aveva subito una grave forma di vaiolo da ragazzo uscendone con il volto deturpato e la salute danneggiata per sempre. Inoltre, qualche mese prima della sua irrevocabile decisione, la malattia aveva ucciso a pochi giorni dal matrimonio programmato, una delle sue dame di compagnia, la giovane e bellissima Anna Sheremetjeva, fidanzata a Nikita Panin, uomo a capo degli Affari esteri della Russia. Davanti al tragico fatto, Caterina che aveva già sentito parlare di una pratica esistente per evitare la malattia, chiese a Panin di trovare un medico che potesse trattarla contro il vaiolo. Panin, attraverso l’ambasciatore russo in Inghilterra, trovò Thomas Dimsdale
, autore di un libro pubblicato da poco su un nuovo metodo contro il vaiolo: l’inoculazione. Il medico venne invitato in Russia con la scusa di spiegare il suo metodo. Dimsdale, in compagnia del figlio, anche lui medico, raggiunse San Pietroburgo. Qui venne accompagnato in un ospedale organizzato di tutto il necessario, in una delle case della città. Ad attenderlo trovò l’imperatrice Caterina, trentanovenne, decisa a farsi inoculare il vaiolo. Dimsdale suggerì alla zarina di testare il suo metodo su una donna della sua medesima età, statura e peso.
Ma la zarina rifiutò. Il medico insistette ancora: inutilmente. Anzi, l’imperatrice si mostrò impaziente di passare all’azione. Il metodo, noto in India sin dai tempi antichi, consisteva nel fare 10-15 tagli sulla pelle in modo da far uscire gocce di sangue; poi la zona di epidermide così ferita veniva coperta con un pezzo di stoffa imbevuto di una soluzione di acqua e liquido prelevato dalle pustole del vaiolo. Era il 12 ottobre 1768 quando Dimsdale inoculò il materiale infetto preso dal braccio di un bambino di sei anni, nel braccio di Caterina. Subito dopo l’imperatrice partì in compagnia di Dimsdale, e di suo figlio che lo assisteva, per una delle sue residenze, Tsarskoe Selo, dove visse isolata da tutti. L’imperatrice a conferma che era guidata da profonda razionalità, aveva fatto preparare una carrozza segreta pronta a partire in ogni momento con i due medici. Il suo timore era che se lei fosse morta, padre e figlio sarebbero stati immediatamente uccisi dai suoi cortigiani. Giunta a Tsarskoe Selo la sovrana, continuamente assistita dai due medici, trascorse la prima notte tranquilla. Thomas Dimsdale scriveva minuziosamente le condizioni della paziente. Sei giorni dopo Caterina ebbe per la prima volta un po’ di febbre. Sul suo corpo iniziarono a comparire le pustole del vaiolo. Perse l’appetito. Ma dopo dieci giorni si riprese. Alla fine di ottobre era completamente guarita. Il 1° novembre, la zarina tornò a San Pietroburgo, festeggiata dalla sua corte. Quello stesso giorno, anche suo figlio Paolo, futuro zar, che all’epoca aveva 14 anni, venne vaccinato. Il risultato fu un successo. Appena si sparse la notizia dell’evento, molti esponenti della nobiltà reagirono con aspre critiche. Forti perplessità teologiche sorsero nel mondo religioso secondo il quale il vaccino contravveniva i piani di Dio. Ed anche in seguito mentre la scienza andava avanti, la religione continuava esprimere contrarietà e il popolo aveva paura, i primi vaccini trovarono sempre più consensi ed ampi risultati. Intanto Caterina II rispose con risolutezza alle severe osservazioni sul suo comportamento. Tra coloro che la disapprovarono ci fu anche Federico II, re di Prussia, detto il Grande. A lui la zarina scrisse parole che si possono dire più che mai attuali: “Ogni uomo ragionevole, vedendo due percorsi pericolosi dinanzi a lui, a parità di condizioni sceglie quello che lo è di meno. Sarebbe vigliaccheria non seguire la stessa regola nelle cose di massima importanza: rimanere per tutta la vita in un pericolo reale, insieme a diverse migliaia di uomini; o preferire un pericolo minore che dura solo poco tempo e salvare molte persone?” Poi lo esortò a non correre rischi inutili e seguire il suo esempio.
Superate le critiche, il successo dell’operazione fu tale da convincere altri sovrani e i nobili di molti Paesi a seguire il suo esempio. Tanto più che Caterina trasformò l’avvenimento in una efficace battaglia pedagogica e propagandistica.
Dimsdale e suo figlio vennero ripagati generosamente: entrambi ricevettero il titolo di barone russo e 10.000 sterline come premio, oltre a 2.000 sterline per le spese di viaggio, e ciascuno di loro, una pensione annuale dell’enorme somma di 500 sterline. Tuttavia padre e figlio non lasciarono subito la Russia. Prima a San Pietroburgo, poi a Mosca, vaccinarono gran parte della nobiltà. Rientrarono in Inghilterra ricchissimi. Dimsdale con il denaro aprì una clinica per l’inoculazione del vaiolo, e una banca. Tornò in Russia nel 1781 per vaccinare Costantino e Alessandro, i figli dell’erede al trono, Paolo, e amatissimi nipoti della zarina Caterina.
Con il trascorrere degli anni la vaccinazione contro il vaiolo divenne una tecnica sempre più raffinata. Il primo a realizzare una sorta di vaccino vero proprio fu il medico britannico Edward Jenner nel 1796, l’anno della morte dell’imperatrice Caterina. Con il tempo molti Paesi scelsero di combattere il mortale vaiolo con campagne di vaccinazioni di massa obbligatorie. In Italia il provvedimento venne preso con il Regio Decreto 27 luglio 1934, n.1265, e proseguì fino alla sua sospensione con la legge n.323/1977. L’Organizzazione mondiale della sanità (WHO) nel 1967 avviò una campagna di vaccinazione globale per sconfiggere il vaiolo in tutto il mondo. Il risultato venne raggiunto nel maggio 1980.
Nonostante il successo, la vaccinazione ha sempre creato scabrose discussioni tra sostenitori e oppositori. Tra i motivi addotti ad opporsi: questioni di carattere ideologico e di carattere religioso. Poi venne diffusa l’idea che la vaccinazione, oltre essere inutile e dannosa, è anche una violazione contro la libertà personale che lo Stato non ha il diritto di imporre, e pertanto simile ad un crimine intollerabile. Eppure le vaccinazioni, oltre debellare il vaiolo, hanno sconfitto molte altre malattie tutelando la salute dei singoli e con importanti ricadute sociali e sulla collettività. I vaccini sono insomma la più grande scoperta medica per salvaguardare la vita umana da malattie e virus. Il suo valore venne compreso da subito negli ambienti militari tanto che nel 1801 l’esercito inglese decise di adottare la tecnica di Jenner, e persino Napoleone quando conquistò il potere fece vaccinare suo figlio contro il vaiolo, poi ordinò campagne di vaccinazioni in tutto l’impero.
Con il tempo le vaccinazioni hanno interessato sempre più malattie infettive con notevoli benefici per la salute di bambini e uomini e donne di ogni età. I vantaggi per la popolazione e per l’economia di un Paese sono tali da aver convinto il governo italiano a inserire le vaccinazioni tra i livelli di assistenza sanitaria che il Servizio Sanitario Nazionale (SSN) deve garantire ai cittadini.