Carola Vai
Il Cardinale Richelieu, papa Leone XII e lo scrittore Chateaubriand adoravano i gatti. Molte sono le testimonianze nella storia. Alcuni autori prendendo spunto dalla passione di uomini di potere per i felini hanno tracciato in molti libri una diagnosi bizzarra: dittatori e leader ritenuti tali detestano i gatti; politici progressisti o democratici invece li amano.
Una forma di nobilitazione curiosa e incomprensibile visto che i gatti ignorano le idee politiche degli umani. Con il trascorrere dei secoli la “convinzione” è caduta nel ridicolo. E oggi non esiste più.
In passato dunque, tra i personaggi della Chiesa stimatori dei gatti, figura il cardinale Richelieu (1585-1642), primo ministro alla corte del re francese, Luigi XIII. Temutissimo, Richelieu perfeziona l’assolutismo, toglie il potere ai nobili attraverso le esecuzioni, distrugge l’influenza politica ed economica degli Ugonotti, fonda l’Academie Francaise. Il cardinale tenta più volte, inutilmente, di dominare il ducato di Savoia. Si scontra spesso con la sorella del re di Francia e della regina di Spagna, Cristina, diventata duchessa di Savoia dopo le nozze, all’età di 13 anni, con Vittorio Amedeo di Savoia. Cristina che il matrimonio porta a Torino per il resto della sua vita, assume il titolo di Prima Madama Reale alla morte del marito. Donna di carattere, coraggiosa e temeraria, riesce ad aggirare i tentativi di conquista di Richelieu.
Appassionata di cavalli e cani, Cristina si muove spesso in loro compagnia sia quando si trova a Torino che nelle altre residenze dei Savoia fuori città. Il Cardinale invece alterna la passione per la strategia politica e il potere, alla predilezione per i gatti. Allestisce vicino al suo studio una sala dove ospita 10-15 mici curati da due camerieri con il tassativo ordine di chiamare il medico se uno dei felini si sente poco bene. Ai gatti riserva la massima attenzione, affetto e cibo di prima scelta. Richelieu tutti i giorni, prima di tuffarsi nel lavoro, dedica tempo e giochi ad alcuni dei suoi mici che si fa portare in camera. Durante il giorno li va a trovare in continuazione rilassandosi con giochi fanciulleschi. Le cronache riportano alcuni loro nomi: la gatta Racan così chiamata perché partorita nella parrucca del poeta omonimo; Lucifero, un gatto d’angora nero, tra i preferiti perché ritenuto molto intelligente e con il quale il Cardinale ama passeggiare nel palazzo; un micio detto Ludovico il Terribile.
Per avere successo negli anni di Richelieu bisogna andare d’accordo con i suoi gatti. Il Cardinale che poco prima di morire ha 14 gatti, li ama tanto da includere nel testamento la richiesta agli eredi delle sue enormi ricchezze di accudire e mantenere insieme ai due servitori la piccola colonia felina. Desiderio rimasto inascoltato perché nella corte francese, poco dopo la sua scomparsa, cominciano accanite lotte di potere e i gatti, tra gli emblemi della potenza del Primo Ministro cardinalizio, finiscono per essere massacrati, travolti dall’invidia e dall’odio. Richelieu, nonostante il suo affetto per i gatti, pare non aver mai accettato di farsi ritrarre con loro. Una scelta dettata da motivi rimasti sempre nebulosi. Vergogna per la debolezza di amare i felini? Oppure altre ragioni? Nessuna rivelazione è ancora emersa in proposito.
Tra i pontefici attratti dai gatti c’è pure Leone XII, eletto nel 1823 con grandi festeggiamenti. Il papa, salutato alla sua elezione con grande gioia, porta negli appartamenti pontefici il suo amato gatto “Micetto”. Predisposto alla vita spartana, Leone XII non si separa mai dal micio. La presenza del felino è nota sia alle personalità dell’epoca che agli abitanti del Vaticano convinti di ottenere grandi miglioramenti. Leone XII comincia con riforme popolari e per prima cosa abbassa le tasse. E’ un successo. Al nuovo capo della Chiesa sembra indifferente il suggerimento di molti prelati della necessità di rinforzare le finanze vaticane. La riforma fiscale crea entusiasmo. Ma è una delle poche. Alla sua morte, appena cinque anni dall’elezione, nel 1829, il papa è più odiato che amato e gli sono rimasti pochi sostenitori. Severo con se stesso, ma ancora di più con il popolo, il pontefice rafforza il proprio potere con l’Inquisizione e un regime poliziesco che suscita il terrore.
Poco prima di morire, Leone XII, non sapendo a chi affidare “Micetto” si rivolge all’ambasciatore e scrittore francese Francois Rene Viconte de Chateaubriand. Lo scrittore accetta l’impegno. D’accordo con la moglie, porta con sé il gatto papale. In seguito Chateaubriand più volte dichiara di avere sempre avuto un forte dubbio verso le personalità che andavano a fargli visita. Quasi tutte domandano di vedere da vicino il gatto del defunto Papa. “Vengono a trovare me e mia moglie – si domanda il diplomatico – o Micetto?”. Per Chateaubriand il gatto, nonostante le attente cure e il grande affetto, pare abbia sempre sofferto molto di nostalgia, come un esiliato reale.