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 Pier Carlo Sommo

 Nel corso dei nostri studi siamo stati assillati dall’analisi dei “classici”, in prima fila i “Promessi Sposi” di Alessandro Manzoni. Allora ci parve come una poco utile terribile seccatura. Invece ci ha consegnato nella memoria situazioni e  personaggi significativi, frasi e concetti che a distanza di tempo ci ritornano in mente e ci portano prima a rievocare con la memoria le letture fatte e poi  rileggere in chiave attuale quelle pagine che quasi avevamo dimenticato. L’epidemia di questo periodo fa ripensare  alla figura di Don Ferrante, personaggio minore dei “Promessi Sposi”, che merita di essere ricordato perché di inquietante attualità, ed è anche un po’ il simbolo del ripetersi degli errori umani.

Don Ferrante, come immaginato da  Francesco Gonin (1840)

Il nostro personaggio era un nobiluomo milanese che accolse nella sua casa Lucia Mondella dopo che fu liberata dal castello dell’Innominato.  Don Ferrante viene presentato da Manzoni nel corso del capitolo XXVII del suo romanzo come un uomo dotto, ma di una dottrina sterile e nozionistica che l’autore descrive con sottile ironia. Un uomo che trascorre il suo tempo a studiare i quasi 300 libri della sua biblioteca (per quel tempo moltissimi), senza curarsi della quotidianità delegata totalmente alla moglie Donna Prassede.

Il parallelo che a noi interessa oggi è il suo approccio culturale all’arrivo della peste in Lombardia allorché Don Ferrante è tra i più risoluti  negazionisti della pericolosità, quando non anche della sua stessa esistenza. Le motivazioni con cui sostiene le sue teorie sono molto simili a quelle dei negazionisti odierni, munite  di una “logica” distorta ma organizzata, che simula una realtà inesistente corretta per qualche ignorante  superficiale.

Scene della peste a Milano immaginate da Francesco Gonin (1840)

Come scrive Manzoni nel suo romanzo Don Ferrante non disserta facendo “ischiamazzi”, ma avvalendosi di ragionamenti complessi che si affidano addirittura alla “logica aristotelica”.

In rerum natura,” disserta don Ferrante “non ci son che due generi di cose: sostanze e accidenti; e se io provo che il contagio non può essere né l’uno né l’altro, avrò provato che non esiste, che è una chimera. E son qui. Le sostanze sono o spirituali o materiali. Che il contagio sia sostanza spirituale, è uno sproposito, che nessuno vorrebbe sostenere; sicché è inutile parlarne. Le sostanze materiali sono o semplici o composte. Ora, sostanza semplice il contagio non è; e si dimostra in quattro parole. Non è sostanza aerea; perché, se fosse tale, invece di passare da un corpo all’altro, volerebbe subito alla sua sfera. Non è acquea; perché bagnerebbe e verrebbe asciugata da’ venti. Non è ignea; perché brucerebbe. Non è terrea; perché sarebbe visibile. Sostanza composta, neppure; perché a ogni modo dovrebbe esser sensibile all’occhio o al tatto; e questo contagio, chi l’ha veduto? Chi l’ha toccato?”P

La Peste a Milano (stampa d’epoca)

È dunque forse un “accidente”? Nega anche quello Don Ferrante. La sua conclusione è che la colpa del contagio è da assegnare a una qualche maligna congiunzione astrale, contro cui l’uomo non può nulla. Ritornando alle parole del romanzo “Ma quel che non mi può entrare è, di questi signori medici, confessare che ci troviamo sotto una congiunzione così maligna, e poi venirci a dire, con faccia tosta: non toccate qui, non toccate là, e sarete sicuri! Come se questo schivare il contatto materiale de’ corpi terreni, potesse impedir l’effetto virtuale de’ corpi celesti! E tanto affannarsi a bruciar de’ cenci! Povera gente! brucerete Giove? brucerete Saturno?”.

La conclusione della storia di questo stravagante personaggio la lasciamo alle parole ironiche del Manzoni “His fretus, vale a dire su questi fondamenti, non usò nessuna precauzione contro la peste; la prese, e andò a letto, andò a morire, come un eroe di Metastasio, pigliandosela colle stelle. E quella famosa libreria? E’ forse ancora dispersa attorno pei muriccioli”.

Per Don Ferrante la parola di Aristo­tele era una specie di sacro verbo, adeguato a trattare qualsiasi argomento e trovare la giusta soluzione ad ogni proble­ma. Ciò unito ad una fiducia assoluta  nell’astrolo­gia, pienamente convinto che la congiunzione degli astri influiva sul corso degli eventi e sui più si­gnificativi aspetti della vita umana.

La  fine di Don Ferrante invita a riflettere e fidarsi della scienza medica e non dei ragionamenti di singoli personaggi che, apparentemente logici, non hanno alcuna vera base scientifica.

Purtroppo Internet e i social hanno moltiplicato il numero di pseudo esperti in tutti le discipline. La rete ha ampliato a dismisura le chiacchiere da bar un tempo declamate davanti a un cappuccino con croissant. Una marea di pseudo esperti disserta su qualsiasi materia, dalla politica al calcio, dall’economia alle imprese spaziali, dall’ultimo modello di auto fino, purtroppo, alla scienza. Il “professionista” da bar si sente autorizzato a pontificare, in mezzo a gruppi di persone, in genere, ancora più ignoranti di lui.  Ecco allora tutto spiegato, dall’ultima crisi politica al crollo delle borse a livello mondiale, dal mutamento del clima, all’esistenza degli extraterrestri…

Al bar oggi purtroppo è subentrata la rete, al bancone del caffè si è sostituita una tastiera, un cellulare, una webcam, che amplificano pericolosamente gli sproloqui degli pseudo esperti, dei negatori di evidenze professionali, creando spiegazioni incredibili e astruse che purtroppo fanno proseliti ovunque.

Don Ferrante (stampa d’epoca)

Quindi, anche oggi, di diverso aspetto, di don Ferrante è pieno il mondo. Sono personaggi non solo ignoranti, ma anche senza scrupoli, che per il piacere di mostrarsi, di comparire, raccontano menzogne, intasano la rete di insulsaggini costringendo i veri esperti a perdere tempo per smentire incredibili sciocchezze ed evitare che le fake news possano diventare pericolose e radicate, infettando i cervelli. Questi eredi di don Ferrante, pericolosi idioti che diffondono il virus dell’ignoranza, sono oggi i veri “untori”.

Questi dannosi rappresentanti del genere umano oggi li troviamo con prepotente e teatrale certezza a propinare osservazioni e soluzioni alla pandemia da coronavirus, simili per serietà e concretezza alle teorie di  Don Ferrante, a cui la pseudo cultura enciclopedica non salvò la vita dalla peste…

Per evitare di fare la fine di Don Ferrante, simulacro vivente della stupidità umana, che al reale so­stituì fantasiose e vuote, seppur ela­borate, costruzioni mentali dobbiamo neutralizzare i moderni untori, con l’unico vaccino possibile: una tempestiva, professionale e corretta informazione.

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.