Carola Vai
Ci vorrebbe un Decreto legge “molto, molto, molto semplificato” per sostenere i lavoratori delle numerose aziende messe in difficoltà dall’emergenza #coronavirus. A sostenerlo è la consulente del lavoro, Giulia De Febe, laurea in Scienze Politiche, specializzata in procedure concorsuali (fallimenti, concordati preventivi ecc…), studio a Torino dove svolge l’attività da trent’anni, affiancata da esperti collaboratori.
De Febe ammette di aver vissuto professionalmente “settimane da incubo, come credo i colleghi di tutta Italia” per districarsi nella ragnatela dei provvedimenti normativi indispensabili ad aiutare i lavoratori messi in cassa integrazione dalle imprese paralizzate dal lockdown. E le stesse imprese.
“Il ‘Decreto Legge 18’, quello dello scorso mese di marzo, ha previsto la Cassa Integrazione a causale ‘Covid-19’. Tuttavia non ha ipotizzato un percorso di emergenza per concederla. In pratica la causale Covid-19 è stata sovrapposta a tutti i trattamenti già esistenti che prevedono applicati diversi. Con l’ultimo ‘Decreto Legge’, quello del 19 maggio scorso, la situazione è stata migliorata. Ma non è ancora applicabile”, spiega Giulia De Febe.
Cosa significa? “Significa che le richieste di Cassa integrazione devono ancora essere basate sul ‘Decreto Legge di marzo”.
Il documento è stato messo sotto accusa da più parti perché complicato e zeppo di indicazioni contrastanti. Lei cosa ne pensa? “Hanno ragione i critici. Al momento la situazione è comunque migliorata perché tutti, in particolare noi consulenti del lavoro che siamo dei tecnici, abbiamo imparato come risolvere problemi complicati da provvedimenti spesso approssimativi ”.
Cosa ha reso la situazione caotica visto che le forme di Cassa Integrazione sono quattro( Ordinaria, in Deroga, Fondi di integrazione salariale, Ente bilaterale artigiani) e dunque per tutte le situazioni? “Il fatto che la causale Covid-19 è andata a sovrapporsi sui quattro trattamenti che, ovviamente, hanno tutti applicativi diversi. Per di più, in molti casi, con una serie di indicazioni già insufficienti in periodo normale. In un momento di emergenza tutto si è aggravato. Insomma strumenti identici, per esigenze differenti. Senza contare che in un mese, quello della Fase 1, all’Inps è arrivato un numero di richieste di Cassa Integrazione quante normalmente giungono in un anno. Ad accrescere difficoltà e stress ha in pratica contribuito l’assenza di piattaforme informatiche adeguate alle sfide”.
Da più parti si sostiene che la crisi provocata dal coronavirus ha sottolineato la necessità di persone competenti nei vari settori professionali e politici. E’ capitato pure nel mondo dei Consulenti del Lavoro?
“La competenza è indispensabile sia tra coloro che realizzano le normative da applicare, sia tra noi consulenti del lavoro. Le caratteristiche della nostra professione sono precisione, accuratezza, flessibilità di orario oltre la preparazione conseguita nelle aree giuridico – economiche. La competenza è l’unico modo nel nostro ambito per ottenere risultati utili ai lavoratori. Purtroppo nella ‘Fase Uno’ l’arrivo improvviso dell’emergenza sull’inefficienza ha rischiato di far crollare il sistema. Molti lavoratori hanno ricevuto in ritardo o addirittura ancora non l’hanno ottenuta la Cassa Integrazione. ’”.
Il governo come avrebbe dovuto agire per snellire la situazione?
“A qualcuno competeva capire che essendo un momento eccezionale, serviva un sistema alternativo a quello già esistente. Un sistema molto, molto, molto semplificato. Solo in questo modo si riesce al appoggiare davvero i lavoratori”.
Molti esperti sostengono che in autunno le piazze si riempiranno di disoccupati. E’ un’ipotesi catastrofica?
“Come è noto i licenziamenti sono stati sospesi per Decreto Legge fino al 16 agosto prossimo. Il Decreto Legge di marzo prevede per le imprese di poter chiedere per i lavoratori 9 settimane di Cassa Integrazione che potevano decorrere dal 23 febbraio, utilizzabili fino al 31 agosto. Con il Decreto del 19 maggio scorso è stata aggiunta la possibilità di chiedere altre 5 settimane che aggiunte alle precedenti arrivano a 14. Richiesta, sottolineo, che va fatto entro il 31 agosto prossimo. Dunque poco più di un trimestre in sei mesi. Poi bisognerà tornare al lavoro. Quante aziende saranno pronte a riaprire? Molte annunciano di non poterlo fare. Pertanto molti lavoratori verranno licenziati”.
Il mondo dei Consulenti del Lavoro è sempre più femminile. Per quale motivo?
“Da quando le donne hanno cominciato ad accedere a studi universitari tecnici, hanno mostrato un crescente interesse per l’attività della consulenza del lavoro in tutte le varie applicazioni. Inoltre nel gennaio 1979 in Italia è stato creato l’Ordine dei Consulenti del Lavoro. In precedenza chi svolgeva la nostra attività era definito ‘contabile’. Oggi su 28.000 iscritti all’Ordine, il 46 per cento è rappresentato da donne. Un tempo prevalenti soprattutto al nord d’Italia (ad esempio in Piemonte le donne sono il 50 per cento), oggi sempre più numerose pure al sud”.
Dunque, mentre molte donne sono state professionalmente penalizzate dalla crisi causata dal Coronavirus, nel settore Consulenti del lavoro non hanno avuto problemi?
“Nella nostra attività le criticità sono state opposte. Cresciuto l’impegno, diventato molto più complesso, costretti tutti a lavorare da casa, molte donne obbligate a badare ai figli, alle varie attività casalinghe, hanno dovuto lavorare spesso di notte per risolvere le richieste professionali”.
Significa che troppo lavoro ha messo le donne in condizioni di non reggere lo stress?
“E’ una situazione che si scoprirà nei prossimi mesi. Noi donne non siamo propense ad arrenderci facilmente. Ma lo stress da troppo lavoro, troppe responsabilità, rischia di penalizzare uno o tutti gli aspetti dell’esistenza femminile: dalla famiglia alla professione”.