Dario Gedolaro
(#italiaunicaqui) – Doveva essere il “risarcimento” per la mancata designazione a sede del Tribunale Europeo dei Brevetti (Tub), ma sull’Istituto Italiano per l’Intelligenza artificiale (I3A) a Torino finalmente tutti i nodi sono venuti al pettine. Chi aveva letto con attenzione le decisioni prese da governo e parlamento nel 2021 già sapeva che il progetto sbandierato dal sindaco di Torino, Chiara Appendino, era stato fortemente ridimensionato. Ma ora tutti lo ammettono.
Appendino nel settembre del 2020 aveva annunciato: “L’Istituto italiano per l’Intelligenza artificiale sarà a Torino e avrà l’obiettivo di coordinare le attività di ricerca in questo campo”. Non è così. L’ attuale sindaco, Stefano Lo Russo, intervistato da La Stampa, conferma: “Quel progetto, va detto con chiarezza, non è mai stato attuato dal Parlamento e non è più tale già da luglio dello scorso anno, quando il governo ha deciso di fare di Torino la sede di un centro per l’intelligenza artificiale associata alla mobilità sostenibile”. Insomma non più la sede italiana di un centro studi sull’ Intelligenza Artificiale, ma uno dei 10 centri che dovrebbero sorgere nel nostro Paese e, forse, nemmeno il più importante.
“La scelta del governo – prosegue imperturbabile Lo Russo – è stata sviluppare la ricerca su verticalità settoriali, nel caso nostro l’auto e l’aerospazio”. Peccato, fra l’altro, che non ci sia ancora il comitato esecutivo che deve attuare il progetto. Lo ammette lo stesso Lo Russo: “Ho chiesto alla ministra di dare seguito a quanto previsto dalla legge che prevede che sia il ministero dell’Economia, sentiti i ministeri allo Sviluppo e all’Università, a dare impulso alla creazione della fondazione a partire dal suo statuto”.
Comunque, il caso dell’Istituto per l’Intelligenza Artificiale è tornato di attualità solo perché venerdì 27 maggio il ministro dell’Innovazione e della Ricerca, Maria Cristina Messa – parlando a investitori e istituzioni alla Nuvola Lavazza, riuniti per discutere del Pnrr – aveva detto che sull’intelligenza artificiale Torino “dovrà partecipare a un bando come tutti” e che per la città è previsto invece “un Centro per la mobilità sostenibile che però non ha competenze specifiche sull’intelligenza artificiale”. Parole chiare e finalmente qualcuno ha reagito. E così il ministro, interpellato dai giornali, ha precisato che sul tema dell’intelligenza artificiale “non ci sono equivoci”, sostenendo di essersi riferita nel suo discorso “ai fondi del Pnrr, 1,61 miliardi di euro che verranno assegnati in modo competitivo”. Peccato che la domanda arrivata dal pubblico fosse: “Che ne è stato di I3A, l’istituto italiano per l’intelligenza artificiale, annunciato il 3 settembre 2020 dal governo Conte?”.
La vicenda conferma purtroppo quello che è stato il refrain di alcuni articoli comparsi su La Stampa negli scorsi mesi: e cioè l’inadeguatezza della classe dirigente cittadina e il poco peso che la città ha a livello nazionale. Fra l’altro, all’ Istituto per l’Intelligenza Artificiale si era arrivati per il semplice fatto che a sede del TUB era stata designata dal governo l’onnivora Milano, la città in cui, secondo alcuni esponenti della nostra leadership (si fa per dire), dovremmo andare col cappello in mano per farci aiutare. L’ esempio del Salone del Libro, che Milano ha cercato di scippare a Torino, ha chiarito come stanno le cose. Tornando al TUB, la candidatura era stata presentata solo grazie a un’iniziativa delle cosiddette “madamine” (nessuna forza politica, economica, professionale torinese ci aveva pensato), quelle che avevano dato una svegliata alla sonnolenta Torino con le grandi manifestazioni a difesa della Tav Torino-Lione, la linea ad alta velocità “bocciata” dalla maggioranza pentastellata del Consiglio comunale.
Insomma, se non si vuole andare ancora più a fondo (dopo i mancati insediamenti di Intel e della Gigafactory di Stellantis) e recuperare i 5 anni persi con il sindaco Appendino, bisogna tirare fuori gli attributi, non perdere più opportunità e farsi sentire a livello nazionale, oltre ad attirare in città attività economiche con una dura competizione soprattutto con Milano. Come sottolinea giustamente l’economista e accademico Pietro Garibaldi: “Per garantire un futuro piemontese ai nostri figli e soprattutto ai circa 120 mila studenti, la Città ha bisogno non solo di grandi eventi, ma anche di grandi aziende e di grandi centri di ricerca”.