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Paola Claudia Scioli

Causa pandemia quella del 2020 è un’estate particolare. Niente turisti stranieri, limitate code sulle autostrade, molte lamentele da parte degli operatori del settore turistico. Ma per chi non ama gli affollamenti, indipendentemente dai vincoli del post Coronavirus, è l’occasione giusta per godersi il “Bel Paese”. Percorrerlo in lungo e in largo, magari a bordo di un camper, è una garanzia di sicurezza, oltre che un piacere. Uno dei territori affascinanti dal punto di vista storico, artistico, culturale e naturalistico è la Tuscia romana, cioè quella parte dell’antica Etruria (Toscana, Lazio settentrionale e Umbria occidentale) che corrisponde all’attuale provincia di Viterbo. Dai Monti Cimini al lago di Bolsena fino al lago di Bracciano si succedono necropoli etrusche, vestigia romane, castelli medievali, palazzi rinascimentali, parchi meravigliosi, antichi conventi, borghi abbarbicati su rocce di tufo, acque termali e faggete rigogliose.

 

Paola Claudia Scioli e Aaron a Lubriano,terrazza panoramica

Sono terre storicamente appartenute allo Stato Pontificio, rifugio per papi, cardinali, e nobili in fuga dalla città eterna, come si legge nel romanzo Il Fermaglio di Perla di Antonio Forcellino (HarperCollins, 2020). Basta pensare al Palazzo Farnese di Capodimonte (la “Rocca”), fatto costruire nel XV secolo sulle fondazioni di un antico castello dal tanto chiacchierato Pier Luigi Farnese, figlio di Alessandro che divenne Papa Paolo III; o lo splendido palazzo rinascimentale di Caprarola, abitato dalla nobile famiglia dagli inizi del XV secolo fino al 1649, o al Palazzo Farnese di Viterbo, dove Alessandro visse insieme all’affascinante sorella Giulia prima di diventare papa.

La storia qui però è lunga millenni. Lo dimostrano le città etrusco-romane di Ferento, Volsinii (oggi Bolsena), Acquarossa (oggi Viterbo), le città Falische di Falerii Veteres (oggi Civita Castellana), Fescennium (diventata Corchiano) e le necropoli etrusche di Pianezze e Centocamere (Grotte di Castro),

Lubriano area camper

di Ischia di Castro, di Castel d’Asso a Viterbo. Ma anche la miriade di borghi medievali e rinascimentali – Bassano e Castiglione in Teverina, Civitella d’Agliano, Civita di Bagnoregio, Celleno, Lubriano, Graffignano, Grotte di Castro, Bolsena, Montefiascone, Capodimonte, Gradoli, Roccalvecce, Vitorchiano – costruiti su rocche tufacee, con i loro palazzi signorili, le loro chiese, i loro meravigliosi giardini, le loro piazze e viuzze, i loro incantevoli scorci sui fitti boschi, sulle vallate di uliveti e vigneti e sui calanchi tipici di questo territorio vulcanico e costantemente battuto da piogge e venti.

È grazie a questi fenomeni atmosferici che le rocce della Valle dei Calanchi, composte da strati di argille sabbiose, calcare e residui delle eruzioni vulcaniche dei Monti Volsini, sono state scolpite ed erose fino a formare creste affilate, che acquisiscono sfumature di colore diverso in base alla luminosità della giornata. Simbolo di questi fenomeni è la rupe di Civita, famosa per essere stata definita la “città che muore” dallo scrittore Bonaventura Tecchi . Si tratta di uno dei borghi più belli d’Italia distribuito su uno sperone collegato artificialmente alla

Bolsena castello medievale

terraferma da un ponte pedonale, ma che un tempo era tutt’uno con il paese di Bagnoregio. Questa è solo una delle località inserite nell’area protetta della Valle dei Calanchi chiamata Forre della Teverina, della quale fanno parte Castiglione in Teverina, Celleno, Civitella d’Agliano, Graffignano e Lubriano. Proprio da quest’ultimo borgo, che sorge su un promontorio tufaceo di fronte a Civita, si può ammirare lo spettacolo naturale dalla prospettiva migliore e in tutta la complessità e varietà del paesaggio, attraversato da sentieri e antichi tracciati ancora oggi percorribili. Dalle parole appassionate del sindaco, Valentino Gasparri, si comprende quanto questo territorio, apparentemente impervio, riservi straordinarie sorprese. Non è arido e desolato come sembra ad un primo sguardo, ma straordinariamente ricco di acque e di sorgenti naturali, fonti ancora di approvvigionamento per la popolazione locale e, di conseguenza, di flora e fauna.  Il suo stesso nome sembra discendere dall’etrusco “Lùbrie”, che significa “luogo di purificazione” probabilmente dovuto proprio all’eccezionale abbondanza di acque sorgive. Tra queste, una – la sorgente del Pidocchio – è proprio lungo la strada che collega Bagnoregio a Lubriano. Non a caso Lubriano ha realizzato il “Percorso delle acque, dei fiori, dei frutti e delle erbe mangerecce” che insieme al Museo naturalistico, punta al recupero e alla valorizzazione delle tradizioni centenarie di raccolta e utilizzo di erbe commestibili, fiori e frutti antichi, che qui sono sempre cresciuti rigogliosi.

La valle dei calanchi

Alcuni ritrovamenti archeologici fanno pensare ad origini villanoviano-etrusche di Lubriano, paese ora di 900 abitanti. Il centro storico, caratterizzato da vicoli, archi e piazzette tipiche dell’epoca medievale, segue l’andamento del promontorio tufaceo su cui sorge. Al suo interno si apre la piazza principale, Piazza San Giovanni Battista con una panoramica terrazza affacciata sulla Valle dei Calanchi e su Civita di Bagnoregio.  Il monumento principale è l’omonima chiesa, che in realtà doveva essere dedicata a San Procolo, ritratto in più punti. Del primo edificio monastico benedettino dell’XI secolo rimangono solo la torre campanaria in stile romanico e qualche traccia dell’antica cappella conventuale sulle pareti laterali, mentre la facciata è barocca. Barocco è anche il palazzo dei Bourbon del Monte o Palazzo Monaldeschi della Cervara, costruito tra Sei e Settecento su rovine medievali secondo lo stile tipico delle ville patrizie della campagna romana, con giardino all’italiana, giardino pensile al piano nobile, grandi saloni per i ricevimenti, ricche decorazioni e giochi prospettici delle architetture. La Torre Monaldeschi costruita nel punto più alto del centro storico, nel quartiere dell’Ortale, è l’unica parte sopravvissuta dell’antico castello medievale.

La valle dei calanchi

All’interno della Torre si trova una scala che porta alla sommità dalla quale c’è una vista straordinaria sulle valli e le rocche circostanti. Lubriano, dotata di una ormai nota area sosta camper (piazza Paime), ben organizzata e funzionale, dotata di 17 piazzole con elettricità, circondate dal verde (un unicum nel territorio), è stata dichiarata “Comune amico del turismo itinerante”. E lo è davvero. La calorosa accoglienza da parte di Monia, che la gestisce insieme al bar Puff, sempre disponibile a dare informazioni utili per esplorare in modo originale il territorio e ad organizzare visite fuori dal comune, rende il soggiorno ancora più piacevole. Come sempre sono le persone che fanno la differenza. Vale davvero la pena di prendere in considerazione Lubriano come punto di riferimento per visitare il territorio circostante. Oltre all’area camper, a Lubriano si trovano numerosi Bed&Breakfast e agriturismi, oltre a trattorie caratteristiche frequentate spesso da romani, che arrivano qui anche solo per una cena. Un segnale positivo.

 

 

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)