Pier Carlo Sommo
I villeggianti che nella amena Bardonecchia percorrono la centrale via Medail, sono nella pluralità ignari di chi sia il titolare della più bella via della città valsusina.
Giuseppe Francesco Médail, era nato a Bardonecchia nel 1784, impiegato presso la dogana della frontiera con la Francia ed impresario di lavori pubblici a Lione, aveva apprezzato l’enorme influenza sui commerci, e il progresso dovuto all’apertura di linee ferroviarie. Nel 1832 egli presentò al Re Carlo Alberto un suo progetto di una galleria fra Bardonecchia e Modane «sotto la montagna del Fréjus», ma i tempi non erano ancora maturi; il piano sembrò troppo ardito. Con testardaggine montanara Médail, nel 1839, inviò una memoria al riguardo al Generale Rachis, perché l’inoltrasse al Re, e nel 1841 si rivolse al Presidente della Camera di Commercio di Chámbéry (allora ancora compresa nel Regno Sardo-Piemontese) presentando un nuovo progetto. Nel 1844 Médail moriva a Susa, ma il suo lavoro non era stato vano, nel 1845 il Ministro dei Lavori Pubblici, Luigi Des Ambrois de Nevache diede incarico all’ingegnere Henry Joseph Maus e ad Angelo Simonda, professore di geologia all’Università di Torino, studiare un progetto per il collegamento ferroviario fra Torino e Modane e di compiere indagini per capire dove perforare la catena montuosa. Dopo aver percorso la catena delle Alpi Cozie in tutte le direzioni, i due studiosi conclusero che il punto più favorevole era proprio quello indicato dal Médail e precisamente sotto il monte Fréjus, a 20 chilometri circa dal massiccio del Cenisio.
Il 31 agosto del 1857 il re Vittorio Emanuele si recò a Modane, ancora italiana, percorrendo in carrozza la strada napoleonica, accompagnato dal primo ministro Conte di Cavour, alla presenza del rappresentante del governo francese principe Gerolamo Napoleone, fece brillare la prima volata di mine.
Il progetto era stato redatto dagli ingegneri piemontesi Sommeiller, Grandis e Grattoni, che proponevano altresì di usare una perforatrice ad aria compressa di loro invenzione. Il cantiere fu una vera forgia di invenzioni, dalle perforatrici ad aria compressa da turbine ad acqua, ai sistemi di ventilazione e di armatura.
Nel 1860, dopo la seconda guerra d’indipendenza la Savoia fu ceduta alla Francia e l’opera cresceva d’importanza divenuta transito internazionale. Con una convenzione il governo francese si impegnò a pagare il 50% della spesa complessiva, valutata in 3.000 lire al metro di galleria, (la galleria è lunga 12 233.000 metri) purché fosse completata in 25 anni e cioè con un avanzamento di 250 metri l’anno sui due fronti, con un premio per ogni anno risparmiato. I lavori furono eseguiti solo da maestranze italiane, 48 incidenti mortali funestarono l’opera, un imponente monumento in piazza Statuto a Torino li ricorda.
L’opera fu inaugurata con grandiosi festeggiamenti il 17 settembre del 1870, lasciamo un attimo alla ottocentesca penna di Edmondo De Amicis, che fu tra i primi viaggiatori, la descrizione del primo passaggio: “Appena quella buia apertura si presenta allo sguardo, un senso di quasi terrore stringe il cuore. Si pensa involontariamente alla enorme mole granitica che s’innalza di sopra…,ma appena gettato lo sguardo sui muri di pietra e sulla volta robusta che sembra incurvarsi fieramente per sostenere il pondo enorme delle Alpi, appena visti i lumi e sentito che si respira liberamente e si corre con impeto facile e sicuro, il cuore si queta, la mente si espande in una maestosa idea di grandezza e di forza e l’anima abbraccia tutto con un palpito di meraviglia e di gratitudine questo portento del genio e del lavoro.”
Il 6 ottobre dello stesso anno la linea ferroviaria per Torino era completata, il “ Traforo delle Alpi” divenne transito immediatamente della “valigia delle Indie” partito da Calais da Bardonecchia raggiungeva Brindisi (1210 chilometri di percorso italiano) in 27 ore.
Da allora il tunnel portentoso, padre di tutte le opere del genere, ha svolto e svolge onorato e continuo servizio. Pochi eventi lo hanno sconvolto, il leggero spostamento del portale d’ingresso francese nel 1881, nel 1915 l’elettrificazione della linea, che eliminò definitivamente il problema del fumo. Come tutte le opere di frontiere era difeso militarmente, nell’imbocco della valle di Rochemolles si possono vedere i resti di un’opera difensiva, con caserma, che comprendeva un tunnel laterale con un cannone che poteva sparare da una feritoia all’interno della galleria contro eventuali invasori. Nei giorni successivi all’8 settembre 1943 i militari italiani fecero saltare una parte del tunnel per bloccare l’invasione tedesca.
Nel secondo dopoguerra la linea ferroviaria è stata raddoppiata da Torino fino all’imbocco della galleria. Ora la galleria è chiave di volta per il collegamento rapido con treni TGV per la Francia. A poca distanza vi è l’imbocco del modernissimo traforo autostradale. Può sembrare strano ma in attesa del nuovo grande traforo del Moncenisio, i collegamenti ferroviari Italia – Francia sono ancora validamente garantiti da un opera dell’ingegno e della lungimiranza politico – economica del vecchio Piemonte risorgimentale.