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Dario Gedolaro

Qualcuno l’ha definito “Penna rossa”, altri “re dei talkshow” giornalistici televisivi, di sicuro Massimo Giannini è stata un’anomalia nella lunga storia dei direttori del quotidiano La Stampa. Romano fino alla radice dei capelli, ha importato uno stile aggressivo, polemico, politicamente molto schierato a sinistra nel giornale torinese della famiglia Agnelli.

La Stampa, Redazione

Nel profluvio di editoriali, podcast, video da lui firmati ha rovesciato veleno nei confronti degli esponenti politici di centro destra, in primis Meloni e Salvini, bastonato Renzi (da lui definito “Renzusconi”), criticato aspramente il Pd per la sconfitta elettorale alle ultime elezioni politiche (non c’è peggior nemico di un innamorato tradito). Per non parlare poi della battaglia, senza se e senza ma, per i cosiddetti “diritti civili”, a difesa dello sgangherato ddl Zan (che ha fatto rizzare i capelli anche a molti gruppi femministi e della sinistra, oltre che a autorevoli giuristi).
Ma Giannini rivendicava il diritto di esercitare un “giornalismo militante” ed è stato sicuramente coerente. L’ultima sua “crociata” è stata in difesa dei cosiddetti studenti (che poi tutti studenti non erano perché c’era anche una significativa presenza di centri sociali) manganellati dalla polizia perché volevano disturbare la visita a Torino della premier Meloni in occasione del Festival delle Regioni. Una manifestazione risibile per numero di partecipanti (200 o 300 secondo le fonti giornalistiche) e per aggressività (lo striscione che l’apriva recava la scritta tutto sommato educata nei toni: “Meloni a Torino non sei benvenuta”). Niente a che vedere con quelle cui Torino è stata abituata in passato, ma che i promotori hanno sapientemente saputo enfatizzare, cercando lo scontro con le forze dell’ordine (le quali un po’ ci sono cascate) per poter esibire i propri “martiri”. Giannini non si è lasciato sfuggire l’occasione e in prima pagina ha riportato la notizia dell’intervista a una ragazza torinese manganellata accanto a quella della giovane iraniana in coma perché picchiata dalla “polizia morale”. Insomma, l’Italia meloniana (in particolare Torino) ridotta come l’ Iran degli ayatollah. Accostamento risibile e sconclusionato, estremismo giornalistico stile “Lotta Continua” o “Potere Operaio” dei tempi andati e, forse, non è un caso che poche ore dopo sia stato rimosso dall’incarico di direttore e sostituito dal suo vice (segno anche di una decisione affrettata), Andrea Malaguti. Sicuramente un fulmine a ciel sereno, come riportato da alcuni quotidiani.

La Stampa, Redazione

D’altronde, sulla spalle di Giannini pesavano i pessimi risultati di vendite de La Stampa, con la fuga di molti lettori evidentemente scontenti della linea politica da quotidiano militante della sinistra. C’è da domandarsi come abbia potuto rimanere in sella per ben tre anni e perché, visto che il personaggio si conosceva ampiamente, sia stato scelto per quell’incarico.

Giornalisticamente parlando un errore, paragonabile a quello che un quotidiano come Repubblica farebbe se chiamasse alla direzione un Feltri o un Sallusti. C’è da domandarsi quale attenzione ponga John Elkann alla branca editoriale del suo impero (il Gruppo Gedi, che mette insieme La Stampa, Repubblica e Il Secolo XIX). Se è la stessa che ripone nella Juventus, non è molta. Appare una trascuratezza sicuramente lontana mille miglia dagli interessi del nonno, l’Avvocato. La Stampa e la Juventus erano le sue passioni. Memorabili sono rimaste le sue telefonate alle prime ore dell’alba ai direttori de La Stampa e al presidente bianconero Boniperti. Era curioso, attento, affezionato ai suoi due “gioiellini di famiglia”. Si recava nella sede de La Stampa abbastanza spesso, così come, non solo assisteva a tutte le partite della Juventus allo stadio di Torino, ma piombava sul campo di allenamento per intrattenersi con allenatore e giocatori.
Ora La Stampa dovrà riguadagnare l’autorevolezza del quotidiano della più importante famiglia imprenditoriale italiana e la fiducia dei propri lettori. Non sarà facile e, quindi, sulle spalle del nuovo direttore c’è un fardello decisamente pesante. Auguri.

Author: Carola Vai

Laureata in Lingue e Letterature straniere, giornalista e scrittrice. Ha lavorato in varie testate tra le quali: “la Gazzetta del Popolo”, “La Stampa”, “Il Mattino” di Napoli, “Il Giornale” di Montanelli. Passata all’AGI (Agenzia Giornalistica Italia) dal 1988 al 2010, è diventata responsabile della redazione regionale Piemonte-Valle d’Aosta. Relatrice e moderatore in convegni in Italia e all’estero; Consigliere dell’Ordine Giornalisti del Piemonte fino al 2010, poi componente del consiglio di amministrazione della Casagit (Cassa Autonoma Assistenza dei Giornalisti Italiani) dove attualmente è sindaco effettivo. Tra i libri scritti “Torino alluvione 2000 – Per non dimenticare” (Alpi Editrice); “Evita – regina della comunicazione” (CDG, Roma ); “In politica se vuoi un amico comprati un cane – Gli animali dei potenti” (Daniela Piazza Editore). "Rita Levi-Montalcini. Una donna Libera" Rubbettino Editore)