Dario Gedolaro
Bimbi di coppie gay: di che cosa stiamo parlando? Le polemiche sollevate in questi giorni perché alcuni sindaci (prima Torino, poi Milano) rispettano la legge (ci mancherebbe ancora che proprio i rappresentanti dello Stato non lo facessero) e hanno interrotto le trascrizioni dei certificati di nascita esteri dei figli nati da coppie gay, sono come al solito avvolte da parole fumose, come “maternità surrogata”, o da generiche frasi fatte, come “diritti dei bambini”, “diritti civili”.
Si sono fatte molte parole, ma il problema qual è? Il problema è che in Italia è vietata sia la pratica dell’utero in affitto sia fare commercio di ovuli. Cioè, quelle pratiche senza le quali le coppie gay non potrebbero procacciarsi un figlio. Il tema è dunque: accettiamo che la maternità diventi un mercato? Che donne si adattino a fare da “prestatrici d’opera” e si facciano inseminare per poi cedere per denaro il figlio o la figlia? Si può violare una legge, mettere lo Stato di fronte al fatto compiuto e poi dire: “ormai è cosa fatta, adesso riconosceteci padre e padre e madre e madre”?
C’è da dire subito che la pratica dell’utero in affitto è vietata o non contemplata dalle leggi in quasi tutta Europa (Francia, Germania, Spagna in testa). Per una volta quindi l’Italia non è il Paese più retrogrado, bacchettone e oscurantista del mondo occidentale, come viene spesso dipinto dal variegato mondo Lgbtqa. Ma si sa, purtroppo ormai su questioni così delicate si alimentano isterie, si fa del mieloso romanticismo per mascherare la realtà dei fatti. E la verità dei fatti, facilmente verificabile anche sui siti internet, è che sulla maternità surrogata si sono creati interessi economici non da poco, si fanno affari da centinaia di migliaia di euro. Basti pensare che – secondo quanto hanno riportato alcuni mass media – Niki Vendola avrebbe affittato per decine di migliaia di euro un utero da una madre americana per poter diventare padre insieme col suo compagno. D’altronde, alla luce del sole agenzie propongono tariffe che vanno dai 15 mila euro in su per ottenere un utero in affitto. Su queste pratiche, che ovviamente coinvolgono persone in stato di necessità (chi si venderebbe un figlio?), stranamente la sinistra non solleva obiezioni, al contrario del centro destra che (per ora) non le ammette.
E qui torniamo al tema spesso dibattuto: il Pd è ancora un partito dei diritti sociali (scuola, sanità, pensioni, economia sociale di mercato e non solo liberismo assoluto, tutela delle fasce più deboli, ecc.) oppure ha abbracciato l’ideologia radical di stampo americano, che in Italia ha avuto seguaci soprattutto fra Pannella e i suoi adepti? Quella ideologia per cui tutti i desideri non possono che diventare diritti, soprattutto per chi può permettersi di soddisfarli.
Domanda legittima che infatti, viene posta anche da alcuni personaggi di quell’area, come l’ex ministro Stefano Fassina. A proposito della maternità surrogata Fassina ha ricordato una presa di posizione del padre dei padri della sinistra sociale italiana: Antonio Gramsci. Era il 1918 e scriveva: “Il dottor Voronof (noto chirurgo dell’alta società europea dell’epoca, ndr.) ha già annunziato la possibilità dell’innesto delle ovaie. Una nuova strada commerciale aperta all’attività esploratrice dell’iniziativa individuale. Le povere fanciulle potranno farsi facilmente una dote. A che serve loro l’organo della maternità Lo cederanno alla ricca signora infeconda che desidera prole per l’eredità dei sudati risparmi maritali. Le povere fanciulle guadagneranno quattrini e si libereranno di un pericolo. […] Venderanno la possibilità di diventar madri: daranno fecondità alle vecchie gualcite, alle guaste signore che troppo si sono divertite e vogliono ricuperare il numero perduto”. E proseguiva: “Il quattrino deturpa, abbrutisce tutto ciò che cade sotto la sua legge implacabilmente feroce. La vita, tutta la vita, non solo l’attività meccanica degli arti, ma la stessa sorgente fisiologica dell’attività, si distacca dall’anima, e diventa merce da baratto”. Parole forti, una vera e propria invettiva contro “la vendita delle ovaie di fanciulle povere a ricche signore”.
Forse sarebbe bene riflettere prima di scendere in piazza. Ma non c’è cosa peggiore quando il senso comune cede il passo al buon senso.