Paola Claudia Scioli
(Italiaunicaqui) – Piazza Duomo: il simbolo della Milano da bere degli anni Ottanta completamente vuota fa impressione. Ma non è poi così male, se si escludono i danni economici causati dall’ennesimo lockdown per il coronavirus, che stenta a mollare la presa. Siamo esattamente nella situazione opposta a quella che la réclame dell’Amaro Ramazzotti di Marco Mignani nel 1985 voleva rappresentare: una città all’avanguardia, di yuppies laboriosi e dinamici, devoti alla competizione e alla scalata sociale. Una Milano in perenne e vorticoso fermento, che correva sempre in modo frenetico, e spesso non proprio giustificato. La città degli affari, dei manager moderni, dei rampanti arrivisti, delle figure carismatiche che si destreggiavano tra corruzione e progresso padroneggiandone la vita sociale.
La pandemia forse ci aiuterà anche a rivedere le priorità della nostra vita, a correre un po’ meno e a riflettere di più sul bello che ci circonda. Certo è che questa enorme piazza dominata dall’imponenza leggiadra del Duomo lascia davvero con il fiato sospeso. È l’ombelico del mondo? No, forse è solo il centro di una città dalla lunga e variegata storia annegata nella corsa alla modernità. Intorno, ci sono tre cerchi concentrici collegati tra loro da tanti raggi che partono proprio dal Duomo: la Cerchia medievale dei Navigli, la Cerchia delle mura spagnole cinquecentesche e la Circonvallazione esterna del piano Beruto, il primo piano regolatore cittadino entrato in vigore nel 1889. Da qualsiasi direttrice si arrivi alla piazza si rimane estasiati dagli infiniti e delicati ricami delle innumerevoli guglie bianche che si stagliano nel cielo spesso blu, a dispetto dei luoghi comuni che dipingono Milano sempre avvolta dalla “grigia” nebbia. Difficilmente capita di vedere il Duomo “pulito”. L’inquinamento gioca brutti scherzi. Ma, quando capita, la luce emanata dal marmo con venature rosa di Candoglia (frazione di Mergozzo nella piemontese Val d’Ossola), è straordinaria.
Come è straordinario che dal 24 ottobre del 1387 queste cave, cedute per l’utilizzo gratuito da Gian Galeazzo Visconti alla Veneranda Fabbrica del Duomo, forniscano tonnellate di marmo (si dice 135 ogni primavera), che per secoli ha viaggiato via acqua fino a pochi passi dal Duomo, arrivando a quel laghetto – eliminato nel 1886 – del quale ora rimane solo il nome di una via. Tanto è il materiale che ogni anno serve per la manutenzione continua di uno dei pochi monumenti al mondo mai finiti. Le impalcature, soprattutto sul tetto, sembrano essere diventate un ulteriore elemento decorativo. L’idea di costruire una grande Cattedrale a Milano nel luogo in cui si trovavano le antiche basiliche di Santa Maria Maggiore e di Santa Tecla – i cui resti, unitamente a quelli del Battistero di San Giovanni alle Fonti, sono tuttora visibili all’interno dell’Area Archeologica – fu di Gian Galeazzo Visconti, che nel 1387 fondò con questo obiettivo la Veneranda Fabbrica del Duomo, attivissima ancora adesso. E sempre al Signore di Milano si deve la lungimiranza di aver deciso di utilizzare per questa costruzione marmo invece del tipico mattone lombardo e di aver attuato una vera rivoluzione di stile, scegliendo di ispirarsi alle costruzioni gotiche d’oltralpe e coinvolgendo ingegneri, architetti, scultori e maestranze che avevano lavorato nei cantieri delle più prestigiose cattedrali europee.
Scelta che fu determinante per dare al Duomo di Milano un’impronta unica al mondo e per farlo diventare il simbolo di una città che ama sperimentare, che guarda al futuro e che può farlo per la sua natura di luogo di incontro e confronto tra culture, tradizioni, arti, personalità molto diverse tra loro, ma capaci di lavorare insieme per un obiettivo comune: essere sempre al “top”. Del Duomo non si può dire chi è l’architetto come per qualsiasi altra chiesa. Il Duomo non si può inquadrare in uno stile architettonico preciso, non si può attribuire ad un’epoca precisa: l’abside con le sue meravigliose vetrate è stata realizzata per prima, poi fu realizzato il transetto (a cui la volta fu aggiunta in seguito) con le prime campate delle navate, il 16 ottobre del 1418 Papa Martino V, di ritorno dal Concilio di Costanza, consacrò l’altare maggiore, nel corso del Quattrocento fu progettato il tiburio, tra la metà del Cinquecento e del Seicento gli arcivescovi di Milano della Famiglia Borromeo (Carlo e Federico) fecero realizzare il grandioso impianto architettonico del presbiterio, gli altari laterali, la cripta, il battistero, il pavimento, i Quadroni di San Carlo e il bellissimo Coro ligneo, ispirandosi alla grandeur della Roma papale.
Tra Seicento e Settecento furono realizzati la facciata e fu completato il tiburio con la grande guglia centrale e la posa nel 1774 della Madonnina (4,16 mt di altezza, 33 le lastre di rame che la rivestono per un peso totale di 399, 2 kg, 6750 i fogli di oro zecchino utilizzati nella doratura dello scorso 2012), che è diventata il simbolo vero di Milano, non solo religioso. In alcuni giorni dell’anno diventa qualcosa di più, quando sull’alabarda alla sua destra viene issato il Tricolore, come avvenne per la prima volta durante le Cinque Giornate di Milano (18-22 marzo 1848), quando Luigi Torelli e Scipione Bagaggi alzarono la bandiera per segnalare l’evacuazione della città da parte delle truppe austriache. Proprio l’Ottocento fu uno dei periodi più attivi per l’avanzamento dei lavori del Duomo. A Napoleone si deve il completamento della facciata (1813), i cui portali sono stati però realizzati nella prima metà del Novecento, e la realizzazione della maggior parte delle guglie e di molte vetrate istoriate, realizzate con la tecnica del vetro dipinto a smalto. Risale invece al 1938 l’organo – il più grande d’Italia per numero di canne e di registri (15.800 canne, di cui la più alta misura oltre nove metri)
e il secondo in Europa dopo quello del Duomo di Passau in Germania – costruito dalle ditte Mascioni di Cuvio (Varese) e Tamburini di Crema, restaurato l’ultima volta nel 1986. Da qui in poi sono stati effettuati solo interventi di restauro, pulitura e manutenzione, sempre molto impegnativi e “ingombranti” per i visitatori, che all’interno non riescono mai a percepire l’imponenza vera di questo straordinario monumento, il terzo al mondo per grandezza dopo San Pietro a Roma e la Cattedrale di Siviglia.
E proprio nello stesso luogo in cui nel 1418 la Veneranda Fabbrica del Duomo organizzò una Lectura Dantis per raccogliere fondi destinati alla costruzione della nascente Cattedrale, l’Arciprete del Duomo di Milano Mons. Gianantonio Borgonovo prevede nei pressi dell’Altare maggiore, a maggio 2021, per i 700 anni dalla morte del poeta, la manifestazione “100 Canti in 100 Giorni”, ossia la lettura integrale della Divina Commedia sotto la direzione artistica di Massimiliano Finazzer Flory, con la collaborazione dei musicisti del Teatro alla Scala e degli allievi del Piccolo Teatro di Milano. Un evento unico come fu il concerto di Andrea Bocelli del Natale 2020, realizzato senza pubblico all’interno del Duomo, ma trasmesso dalle reti televisive.
http://www.viavaiblog.it/torino-e-milano-si-sfidano-anche-in-campo-culturale/