Carola Vai
L’idea di scrivere un libro sulla movimentata vita di #RitaLevi-Montalcini è nata dalla curiosità di capire come una giovane donna partita da Torino per l’America, nel 1947, senza conoscenze o amicizie influenti fosse riuscita a conquistare il #PremioNobel per la medicina, ancora unica donna italiana, a diventare una star mondiale della scienza ricevuta da presidenti degli Stati Uniti, da tre pontefici, re, regine, capi di governo e autorità di tutti i continenti. Una popolarità eccezionale per una scienziata al punto che, quasi centenaria, in una classifica di gradimento tra i ragazzi scavalcò persino il campione mondiale motociclistico #ValentinoRossi che in quel periodo aveva l’età di un suo possibile pronipote.
Ho scritto il libro su Rita Levi-Montalcini per narrare la vicenda di una donna “gloria” dell’Italia, della città di Torino dove è nata, dell’università di Torino dove si è laureata con altri due allievi poi Premi Nobel, Salvatore Luria e Renato Dulbecco con i quali ha mantenuto uno stretto rapporto fino alla morte. Una donna “dominata” come la gemella Paola fino a 20 anni dalla rigida educazione della propria famiglia ebrea sefardita, ma che volle e ottenne il controllo sulla propria esistenza e sulle proprie scelte mostrando una profonda autonomia. Nel volume narro la vita dalla “culla alla tomba” di una ribelle abile a sbarazzarsi in breve tempo dai condizionamenti ambientali, pur nel rispetto di tutti. Del resto amava ripetere: “nella vita non bisogna mai rassegnarsi, né lasciarsi travolgere dall’abitudine. Bisogna coltivare soprattutto il coraggio di
ribellarsi”. Cosa che lei fece, sempre. Quando a 78 anni ricevette il premio Nobel per la medicina, quinta tra gli italiani dopo Camillo Golgi, Daniel Bovet, Salvatore Luria e Renato Dulbecco e prima donna a essere iscritta nell’albo d’oro della medicina italiana, con civetteria giocò a fare la studiosa che pur avendo ancora tanto da fare, il meglio alla scienza lo aveva già dato. Invece continuerà per altri vent’anni e più a lavorare, viaggiare, incantare persone di tutte le età, ruoli professionali e scientifici, a ricevere premi, a tenere conferenze, indifferente verso qualche detrattore e alcune violente critiche.
Rita nacque nel 1909 quando aerei, televisione, computer, telefonini, sanità pubblica, ferie pagate ai lavoratori, pensione di anzianità erano inimmaginabili. A sessantacinque anni beneficiò della sanità pubblica, delle ferie e della pensione. Di quest’ultima non era contenta. «La pensione è la morte delle persone. Andrebbe abolita», disse, senza ripensamenti. E lavorò fino a pochi mesi prima di morire, a 103 anni, dopo aver fatto decine di viaggi in aereo, aver usato telefonini e social e qualche volta guardato i programmi televisivi.
Sentii parlare per la prima volta di Rita Levi-Montalcini poco dopo aver terminato l’università da amici che si occupavano di scienza. Avevo già intrapreso la strada del giornalismo. Da alcune fotografie in bianco e nero non capivo come questa figurina esile, delicata, dall’apparenza fragile e indifesa, suscitasse tanta attenzione. Con il tempo scoprii che dietro l’apparente fragilità fisica si nascondeva una volontà indistruttibile. Rita Levi-Montalcini studiò medicina con l’obiettivo di fare il medico. La tragedia della seconda guerra mondiale la catapultò al capezzale di centinaia di soldati gravemente feriti. L’esperienza le fece scoprire di non essere in grado di fare il medico perché incapace di sopportare la sofferenza dei pazienti. Così si tuffò nella ricerca scientifica scoprendo l’NGF (Nerve Growth Factor),
fattore di crescita in grado di risolvere molte malattie gravi. Una vita, la sua, in perenne lotta contro i dogmi per mostrare che nulla è per sempre. Animata da volontà e curiosità, ha rivelato con l’esempio di credere fermamente nell’importanza di agire senza lasciarsi intralciare da paure e inquietudini. Studio, ricerca scientifica, rapporti famigliari, amicizie, amori, viaggi sono stati i principali “ingredienti” della sua esistenza in perenne movimento da un continente all’altro. Donna affamata di conquiste ha ricevuto talmente tanti premi e riconoscimenti da rendere complicato stabilirne il numero. Nominata senatrice a vita dal Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, quando già aveva conquistato il palcoscenico mondiale della scienza, anche in Senato mantenne calma e tenacia davanti alle volgari intemperanze che qualche senatore le riservò.
L’obiettivo del libro “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” è raccontare una donna impegnata in un ferreo addestramento di se stessa per gestire il proprio destino; narrare la sua abilità diplomatica, e quella comunicativa – insieme a cultura, visione e capacità di controllare le emozioni – percorrendo in chiave giornalistica, attraverso la storia di un secolo, la sua esistenza, il clima famigliare, politico e sociale che contribuirono, pur tra varie peripezie esistenziali, a condurla sul podio mondiale, “star” all’età di cento anni per meriti scientifici e sagace destrezza di catalizzare l’attenzione di uomini e donne di tutte le età ed esperienze.