Viola Cora
C’è stato un tempo nel quale Bardonecchia, cittadina a 90 chilometri circa da Torino, richiamava gran parte dei politici che governavano l’Italia. A catalizzare l’attenzione nella località alpina, a 1.300 metri di altezza, era Giovanni Giolitti che per sfuggire al caldo romano per 23 anni, dal 1903 al 1926, trascorse molte settimane estive a Villa Suspize, palazzina all’angolo tra via Medail e Viale Capuccio. Lo Statista, arrivava in treno, accolto da tanti cittadini entusiasti e dalla first lady, donna Rosa Sobrero, giunta qualche giorno prima. Ad ogni suo soggiorno Bardonecchia si trasformava in una minuscola Roma.
Oggi, oltre via Giovanni Giolitti, e qualche indicazione davanti all’ufficio del turismo nei pressi della stazione ferroviaria, esistono poche testimonianze di quelle estati storiche anche se l’amministrazione comunale in tempi recenti ha iniziato attivarsi per indicare tracce e percorsi. La gran parte delle vestigia di quelle gloriose giornate sono andate perse soprattutto perché Bardonecchia negli ultimi decenni ha scelto di privilegiare il mondo dello sci d’inverno e quello degli appassionati di montagna d’estate. Ed ha trascurato del tutto la parte storica che in questa località, distante pochi chilometri dalla Francia, ha avuto ruoli non secondari.
Eppure i luoghi abitati, vissuti, frequentati dai personaggi che hanno fatto la storia stanno risvegliando l’attenzione dei turisti anche in Italia. Molti paesi, seppure lentamente, hanno iniziato a ricostruire testimonianze utili a incentivare il turismo e a far lievitare l’economia. Bardonecchia ha molte possibilità di diventare una tappa attraente per gli appassionati di storia. I giornali dell’epoca giolittiana narrano nei minimi dettagli le sobrie vacanze dello Statista cinque volte capo del governo, e di sua moglie. In realtà,anni dopo, si è scoperto,grazie ad un gran numero di lettere e documenti, che Giolitti nato il 27 ottobre 1842 a Mondovì (Cn), entrato in politica per caso intorno i quarant’anni diventando il più importante statista italiano dopo Camillo Cavour, se in pubblico parlava di ferie,nella realtà utilizzava le ipotetiche giornate di vacanza per lavorare, incontrare un gran numero di personaggi, agire in modo da lasciare trasparire il meno possibile notizie riguardanti i suoi programmi. Fu proprio il suo attaccamento alla segretezza, oltre un’opportunità economica accettabile, a convincerlo a scegliere Bardonecchia per la pausa estiva. Tanto più che la località aveva il pregio di essere facilmente raggiungibile in treno da Roma, Torino, ed anche da Cavour piccolo centro dell’area torinese dove abitava con la consorte e la famiglia.
Nulla legava Giolitti a Bardonecchia. Pertanto la dimora prescelta cadde su una palazzina presa in affitto, Villa Suspize, di proprietà di un suo amico, Carlo Suspize, notaio e segretario comunale di Bardonecchia, come testimonia una lettera scritta dallo stesso statista a donna Rosa e riportata dal prof. Aldo A. Mola in un suo saggio intitolato “Giolitti: le vacanze di uno statista”. “Ho ricevuto da Bardonecchia il piano dell’alloggio proposto, mi pare convenientissimo. È un villino con quattro camere a piano terreno, cinque al primo piano, tutte disimpegnate, altre due camere di fianco per persone di famiglia, cucina e cantina nel sotterraneo. Prezzo 800 lire, meno di quel che si pagava a Courmayeur. Tutte le camere palchettate. Ho già scritto fissandolo per l’estate prossima”.
Era il 19 ottobre 1902.Giolitti da Roma descriveva la villa che avrebbero occupato dall’estate 1903. Ma se tra le secolari mura domestiche dell’amata villa Plochiù, a Cavour, in mezzo a prati, alberi, gatti, cani, lo Statista piemontese “ritrovava entusiasmo e determinazione per tornare nell’arena della politica nazionale e internazionale”, come sottolinea Carola Vai nel capitolo a lui dedicato nel libro “GATTI DI STATO, tra uso pubblico e passioni private” (Rubbettino editore), nella località montana lo statista dietro l’apparente pausa estiva portava avanti un intreccio di incontri e lavoro. Per lui le vacanze nel senso di evasione dagli impegni erano inimmaginabili. Piuttosto potevano essere utilizzate come “ombrello” per pianificare progetti e programmi che a Roma sarebbero stati troppo al centro dell’attenzione. Anche il lungo viaggio in treno veniva utilizzato per colloqui riservatissimi. Collaboratori, politici, amici, personaggi vari, per incontrarlo raggiungevano comunque Bardonecchia e spesso dormivano, nella località alpina.
Giolitti, che mai ebbe un’automobile, considerava gli spostamenti in treno una sorta di “vacanza”, un modo per contemplare rapidamente il paesaggio e avere uno sguardo su quell’Italia che doveva governare. A Villa Suspize, come nelle abitazioni di Cavour, Giolitti non aveva voluto il telefono. I maliziosi sostenevano che avendo lui stesso avviato un sistema di intercettazioni telefoniche, non voleva essere travolto dal meccanismo. Altri giustificavano la scelta come un tentativo di non voler essere disturbato quando si trovava nelle sue dimore abitative. Lui per mantenere i contatti con Roma, la sua segreteria e quanti dovevano o volevano parlargli, utilizzava la postazione telegrafica. A Bardonecchia, come a Cavour, aveva fatto allestire alcuni uffici vicino alla stazione ferroviaria da cui governava il Paese. Così Palazzo Braschi di Roma, sede in quegli anni del Ministero degli Interni e della Presidenza del Consiglio, nel periodo estivo “si trasferiva” a Bardonecchia, al punto da trasformare Villa Suspize nel “Piccolo Braschi”. Politici, industriali, studiosi e persino nobili cercavano di trascorrere almeno qualche giorno nella città valsusina per poter eventualmente incontrare il Capo del governo. Le giornate di Giolitti a Bardonecchia spesso non erano dissimili da quelle romane. Poco riposo, molta attenzione a quanto avveniva tra i vari diplomatici, nel mondo dell’industria, dell’economia in Italia e all’estero.
Appassionato di camminate, appena riusciva a ritagliarsi un poco di tempo, in compagnia della moglie, oppure di amici o collaboratori, a volte persino di conoscenti, Giolitti percorreva sentieri fino alle pendici del Bramafam per assaporare l’acqua della fontana che oggi porta il suo nome. Nelle molte lettere indirizzate alla moglie, Giolitti quando si trovava lontano dalla famiglia parlava spesso di Bardonecchia. A volte utilizzava il soggiorno montanaro per dirigersi poi ad incontri segreti con personaggi vari, compreso il Re. Secondo molti documenti, ad esempio, nel 1912 Giolitti rimase molto tempo a Bardonecchia per seguire da “vicino” i preliminari della pace italo-turca di Losanna. Ad aiutarlo nel lavoro due emissari di fiducia: l’esperto e abile imprenditore 39enne Giuseppe Volpi e il 42enne banchiere Bernardino Nogara. L’accordo, noto come “Trattato di Losanna” venne raggiunto nell’ottobre 1912. Giolitti“ ringraziò ”Volpi nominandolo ministro plenipotenziario, mentre nel 1913 Re Vittorio Emanuele III gli diede il titolo di conte. Nogara invece divenne un abile diplomatico d’affari.
Giolitti soggiornò a lungo a Bardonecchia anche nell’estate del 1920. Arrivò nella cittadina poco dopo essere stato incaricato per la quinta e ultima volta Premier. Le cronache dei giornali riportano che tutto il paese era imbandierato a festa. Dai centri vicini erano state progettate partenze in massa. Tutti volevano festeggiare il Capo del Governo. Ma lui, attraverso i suoi collaboratori, fece sapere che preferiva un’accoglienza tranquilla “per non disturbare”. La pioggia contribuì a limitare l’arrivo della folla. I villeggianti decisi comunque a incontrare il Capo del governo si precipitarono festosi. Tra la folla anche il ministro Benedetto Croce in villeggiatura a Bardonecchia. All’arrivo del treno, il Premier venne salutato come sempre con lunghi applausi. Un’auto con autista lo aspettava per trasportarlo a Villa Suspize. Ma lui rifiutò. Con passo deciso e svelto si incamminò a piedi accompagnato dagli applausi della folla festosa e regalando generose strette di mano e saluti continui. Davanti alla porta di Villa Suspize lo attendeva diritta e sorridente donna Rosa. L’incontro seguito da un lungo abbraccio pare aver colpito la gente. Giolitti prima di entrare nell’abitazione rivolse al pubblico parole quasi commosse: “Ringrazio i miei concittadini di Bardonecchia, che da diciotto anni hanno per me stima ed affetto, mantenutisi inalterabili anche nei momenti tristi. Tocca ora a me una missione non facile, che spero assolvere per il bene del paese”. Seguirono giorni immediatamente difficili. Molti industriali raggiunsero la località alpina per invocare misure contro i violenti scioperi diffusi in tutta Italia e trasformati nell’occupazione di varie fabbriche. Gli incontri tra Giolitti e gli imprenditori sfociarono spesso in duri scontri. Ovunque serpeggiava il timore di una possibile rivoluzione come quella capitata in Russia. La situazione era talmente confusa da far rischiare il crollo dell’Italia nel caos. Giolitti dopo un anno zeppo di ostacoli moltiplicati dalla mancanza di denaro non solo nelle tasche degli italiani, ma anche nelle casse dello Stato, decise di dimettersi e tentare la carta di nuove elezioni. Con enorme impegno cercò di frenare l’avanzata del governo di Mussolini. Tutto inutile. Per qualche estate cercò ancora refrigerio a Bardonecchia continuando ad intessere rapporti per cambiare il quadro politico. Fino al 1926 quando schiacciato dall’amarezza, lasciata la politica, si ritirò a Cavour dove morì il 17 luglio 1928, poco più di tre mesi prima di compiere 86 anni.
Le testimonianze di Giolitti a Bardonecchia continuarono alcuni decenni al punto da indurre nel 1950 l’amministrazione comunale a far realizzare una lapide che venne affissa davanti Villa Suspize. Ma un’altra amministrazione comunale, nel 1994, con una delibera decise di fare abbattere Villa Suspize. Oggi non esistono tracce della palazzina che ospitò il grande statista piemontese per 23 anni. La lapide venne invece conservata e trasferita nel museo civico di Bardonecchia. Così di colui che per varie innovazioni vide definire i suoi anni di massimo potere “epoca giolittiana”, la località valsusina ha testimonianze riportate sui libri scritti da storici, ma non visibili nella realtà.
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