Search

Dario Gedolaro

Nonostante la disponibilità offerta dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma di assicurarle le migliori terapie palliative e nonostante l’intervento della Premier Giorgia Meloni che le aveva conferito la cittadinanza italiana, i giudici britannici hanno sentenziato che la piccola Indi Gregory di Nottingam non doveva continuare a vivere. Ironia della sorte: il giorno in cui la Corte di giustizia britannica ha emesso la sua sentenza, in Italia si è celebrata la Giornata Nazionale delle Cure Palliative.

Una vicenda dolorosa, che offre lo spunto per una serie di riflessioni. Innanzi tutto direttamente legate ad essa. Sul piano medico/scientifico nessun dubbio: Indi era condannata da una malattia attualmente considerata incurabile e un servizio sanitario che deve offrire risorse e possibilità di cura a milioni di persone non è tenuto (forse) a farsi carico dei desideri anche legittimi di famiglie che non si rassegnano a guardare in faccia la realtà. Ma ci sono altri piani da prendere in considerazione, se non vogliamo trasformarci alla lunga in giustizieri senza pietà o vivere in una società che si arroga il diritto di decidere sulla vita e sulla morte dei propri cittadini (a Sparta lo si faceva, Hitler ci ha provato).E’ sul piano etico/giuridico che la vicenda solleva non poche perplessità. Su questo terreno c’erano da tenere in considerazione il diritto alla libertà di cura, il rispetto del parere di chi aveva la tutela legale della bimba, le alternative all’assistenza offerte da un altro Stato e da un ospedale, il Bambino Gesù di Roma, che, fra l’ altro, non è un precario luogo di cura sperduto nella giungla, ma il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa.

I genitori di Indi non volevano che la sua fine fosse accelerata, staccandole i supporti vitali (facendola così morire per soffocamento) e si erano dati da fare per trovare un altro servizio sanitario disposto a farsene carico. Cadeva dunque l’argomentazione del troppo oneroso e inutile costo per la sanità pubblica inglese. Dura lex, sed lex, dicevano i latini, e mai criterio è stato più scrupolosamente seguito in questo caso, visto che non si è tenuto minimamente conto della volontà di chi i figli li ha messi al mondo. E non stiamo parlando di una vicenda in cui ci sono padri e madri irresponsabili, immaturi, addirittura perniciosi per la salute fisica e psichica dei minori. L’accanimento, giuridico non terapeutico, della giustizia inglese ci appare incomprensibile. D’altronde non è una decisione anomala. Nel 2017 il piccolo Charlie Gard morì, dopo una lotta tra famiglia e medici del Great Ormond Street Hospital. Anche in quel caso si tentò la richiesta di trasferimento al Bambino Gesù di Roma, così come avvenne, sempre invano, nel 2018 per il piccolo Alfie Evans, ricoverato all’Ospedale di Liverpool.

Bruno Vespa ha dedicato al caso un suo “5 minuti” e ha così concluso: “E’ estremamente grave avere impedito ai genitori di decidere liberamente la sorte della bimba… ci separa veramente un diverso concetto della vita, della morale e anche del diritto”.

La riflessione di Vespa, ne stimola però un’altra di più ampio spettro. La società italiana è ancora così distante dalla mentalità e dai comportamenti di un mondo in cui l’utilitarismo sembra essere la sola risposta al bisogno di felicità? I segnali dicono che soprattutto le giovani generazioni stanno bruciando le tappe. L’omologazione culturale prepotentemente imposta dalla potenza dell’economia, dei mass media (dalle tv ai social) e dalla leadership politica, ci sta facendo perdere alcune delle nostre peculiarità: il gusto per il bello, la tradizione giuridica di derivazione latina (che non è  la legge del taglione di cui per molti versi sono ancora impregnate le società anglosassoni, in particolare quella americana), il senso della famiglia e l’attenzione per i figli, la tolleranza (nella società americana ci sono posizioni estremistiche e intolleranti anche da parte di gruppi che difenderebbero le cosiddette libertà civili) e la ripugnanza per la violenza, tanto che anche l’ esercizio della legittima difesa viene visto con sospetto dai nostri tribunali quando sfocia in uccisioni. Aleggiano ancora i principi della cultura cattolica (che sono poi sostanzialmente anche quelli di una equilibrata società civile di stampo liberale), con i suoi comandamenti (dal non rubare al non uccidere) e con il richiamo alla responsabilità personale in quanto un giorno saremo chiamati a rispondere di ciò che abbiamo fatto, ma non albergano più a fondo nei giovani cuori.

La vicenda della piccola Indi può permetterci dunque di riflettere su quanto di buono ci sia ancora a “casa nostra” e, al contrario, su quanto inaccettabili e perniciosi siano certi altri modi di pensare e di agire. In fondo sono in ballo le vite e il futuro dei nostri giovani.

Author: Pier Carlo Sommo

Torinese, Laureato in Giurisprudenza, Master in comunicazione pubblica e Giornalista professionista. Dal 1978 si occupa di comunicazione e informazione nella pubblica amministrazione. Ha iniziato la carriera professionale presso la Confindustria Piemonte. Dopo un periodo presso l'Ufficio Studi e Legislativo della Presidenza della Regione Piemonte nel 1986 è diventato Vice Capo di Gabinetto e Responsabile Relazioni Esterne della Provincia di Torino Dal 1999 al 2020 è stato Direttore delle Relazioni Esterne e Capo Ufficio Stampa dell'ASL Città di Torino. Autore di saggi, articoli e ricerche, ha pubblicato numerosi volumi e opuscoli dedicati alla comunicazione culturale - turistica del territorio. È docente in corsi e seminari sui problemi della comunicazione e informazione presso le società di formazione pubbliche e private . Professore a contratto di Comunicazione Pubblica presso l'Università di Torino e Università Cattolica. embro del Direttivo del Club di Comunicazione d'Impresa dell’Unione Industriale di Torino, dal 2005 al 2008 è stato Vice Presidente. Presidente del Comitato scientifico di OCIP Confindustria Piemonte Membro del Comitato Promotore dell' Associazione PA Social, È stato Segretario Generale Nazionale dell'Associazione Comunicazione Pubblica e Istituzionale dal 2013 al 2020.