Carola Vai
Le donne sono intelligenti come gli uomini. E’ il titolo di un capitolo del mio libro “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” (Rubbettino editore), che riflette il pensiero della scienziata. Interpellata sul significato dell’8 marzo Rita, ancora unica italiana Premio Nobel per la medicina, osservò: “è una cerimonia che sembra fuori tempo. Sono invece convinta che debba continuare perché stimola l’attenzione sulle donne che è sempre un po’ al di sotto di quella necessaria”.
Come si legge nel volume (da pag. 263 a pag.267), Rita Levi-Montalcini in un secolo di vita (22 aprile 1909- 30 dicembre 2012), e come mi disse pure in uno dei tanti incontri che ebbi con lei nel mio ruolo di giornalista, vide cambiare molte cose per le donne. “E’ migliorato soprattutto il modo in cui sono considerate” spiegò alla soglia degli ottant’anni. E aggiunse: “Sono più interessanti di tanti uomini. E’ difficile, quasi impossibile fermare le donne”. Lei si accorse precocemente che una donna pur cercando più l’eleganza della potenza, persino nell’apparecchiare la tavola, nello scegliere vini e cibi, con il sorriso e la gentilezza sostenute dalla conoscenza sa rivelarsi influente. Lei stessa amò presentarsi prima con il sorriso, poi con la parola arrivando ad essere definita per il suo modo di agire, sia “la principessa della scienza” che “la scienziata di ferro”.
Un’altra donna piemontese, Marisa Bellisario più giovane di Rita di 26 anni, negli anni Sessanta sconvolse un mondo totalmente maschile, quello della tecnologia informatica, e contribuì a costruire strumenti che sarebbero diventati utilissimi pure alla scienza. Marisa, nata nel 1935 a Ceva , nel cuneese, entrata negli uffici milanesi dell’Olivetti all’età di 24 anni con una laurea in economia e commercio, quando sbarcò negli Stati Uniti, poco più che trentenne, unica donna in mezzo a tanti uomini, conquistò l’attenzione per la sua bravura. Ma anche per la sua eleganza, le sue pettinature stravaganti e il fascino, al punto che in America venne affettuosamente chiamata “The legs” per le sue splendide gambe , e pure “la signora con i baffi” per le sue doti manageriali. Mentre Rita sostenne : “la ricerca esige fantasia, concentrazione e zelo”, Marisa sottolineò: “il computer richiede attenzione e impegno, anche nei piccoli particolari meno creativi”. E se Rita nella scienza più volte disse “bisogna amare le sfide”, Marisa definì il gusto della sfida “un requisito essenziale per far carriera, assieme a quello del rischio e della capacità di adattarsi ai viaggi e ai cambiamenti di lavoro e di sede”. Entrambe pioniere nel proprio campo professionale dove conquistarono fama mondiale, furono divise dal tempo a disposizione lasciato dalla sorte. Marisa Bellisario morì infatti a 53 anni, il 4 agosto 1988, uccisa dal cancro, mentre Rita, già settantanovenne quel giorno inseguiva nuove sfide scientifiche.
La scienziata per l’intera lunga vita mai si stancò di ripetere: “le donne sono diverse dagli uomini. E’ inutile vederli come modelli”. Poi ricordò. “agli uomini possiamo riconoscere di aver costruito la società con i suoi grandi meriti e i suoi grandi difetti: tra questi aver favorito la competitività, l’ambizione, l’inumanità dell’uomo verso l’uomo e la crudeltà verso i suoi più semplici e innocenti compagni di strada”. Oltre i lati negativi, Rita rammento i molti positivi. Tuttavia varie volte spiegò: “nella donna ci sono attitudini e qualità che possono essere estremamente importanti nel rendere possibile la sopravvivenza della specie sempre più minacciata”. Dunque? “va cercata una via diversa che si muova da un principio etico sociale”. Naturalmente “diversità” per la scienziata mai significò “inferiorità”. Pertanto Rita con l’esempio, con le parole in numerosi incontri pubblici internazionali e con la scrittura nei suoi vari libri cercò di diffondere il più possibile la convinzione nella società di non
penalizzare le donne, piuttosto utilizzarne le molte qualità andrà a beneficio proprio della società stessa. Idea che in questi tempi di Covid mondiale sta emergendo con discreta forza in Italia, in Europa, nelle Americhe e persino nei continenti meno occidentali.
Rita Levi-Montalcini in tutte le occasioni rammentò: “l’umanità è fatta di uomini e donne e deve essere rappresentata da entrambi”. Lei più mieteva successi, più difendeva la presenza delle donne nella ricerca, che riteneva “essenziale perché hanno capacità, tenacia e impegno”. Inoltre “le donne hanno le medesime possibilità degli uomini, ma ci mettono più impegno perché sono più affamate. Infatti da secoli sono state private della possibilità di usare il cervello e chi ha fame consuma più cibo di chi è sazio”. Secondo Rita Levi-Montalcini, nominata senatrice a vita dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi nel 2001, non esistono differenze tra le capacità intellettive della donna e quelle dell’uomo. Piuttosto un diverso modo di vedere il mondo. “L’uomo ha creato la guerra. Alle discendenti di Eva tocca il compito più difficile, ma più costruttivo: creare la pace”. Non fece previsioni sulla riuscita: “non sono una futurologa, non rischio giudizi sul futuro, ma essere ottimisti è meglio che essere catastrofici in partenza. Dobbiamo essere ottimisti, anche se noi non ci crediamo”. Alla soglia dei 90 anni accettò di partecipare ad una iniziativa dell’Art directors club italiano (Adci) per fermare la pubblicità sessista. Venne fotografata in una magnifica cucina avvolta in un ironico grembiule tutto fiocchi e fiorellini intenta a cucinare. Obiettivo dell’immagine: mettere sotto accusa l’abuso degli stereotipi nella pubblicità “che ignora il talento delle donne, consolida le discriminazioni, impedisce all’Italia di trarre pieno vantaggio dall’energia e dall’intelligenza di metà dei suoi cittadini”. Durante un’intervista tenuta dal ministro per le Pari Opportunità, Anna Finocchiaro, nell’ambito degli incontri sul ‘900 organizzati dall’Associazione Italiani Europei, sostenne. “è inutile parlare solo di numeri. Non conta solo il prestigio, ma usare il cervello al servizio della gente, cosa che la donna sa fare meglio dell’uomo”.
Nel 2004, all’età di 95 anni, la scienziata definì “particolarmente grave l’esclusione delle donne, oggi come in passato, dalle alte sfere governative, che detengono il potere nazionale e internazionale. Ancora oggi le donne sono presenti in misura irrilevante in campo politico ed economico”. Lei non ebbe comunque mai dubbi: “il futuro è delle donne”. Sui tempi nessuna risposta.
Vedi anche:
http://www.viavaiblog.it/8-marzo-quote-rosa-non-aiutano-parita-di-genere/