Carola Vai
Scienziata, Premio Nobel, senatrice a vita, ma anche tenace viaggiatrice perché “i viaggi sono una scuola di vita e una fonte di energia fisica”. E’ quanto emerge dalle pagine della prima biografia completa “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” (#Rubbettinoeditore), a firma Carola Vai e in vendita nelle librerie di tutta Italia. In molti punti delle 330 pagine del libro si scopre che Rita Levi-Montalcini affrontava i trasferimenti con la stessa determinazione usata nelle sue ricerche in laboratorio perché i viaggi per lei erano un pezzo indispensabile della esistenza. Ed ogni occasione era utile per visitare Paesi sconosciuti anche affrontando pesanti difficoltà.
“La curiosità che Rita applicava alla ricerca scientifica, la proiettava senza sosta su tutti gli altri interessi, a cominciare dai viaggi”, si legge nella biografia del Premio Nobel per la medicina 1986. Motivo? Risoluta fin dalla giovinezza a ottenere la massima indipendenza, vedeva nei viaggi l’opportunità di imparare cose nuove in grado di suscitarle nuove idee. Dalle pagine di “Rita Levi-Montalcini, una donna libera” emergono molte descrizioni e commenti della stessa scienziata sui propri viaggi con uno stile chiaro e descrittivo. Viaggiatrice fin da bambina grazie all’appartenenza ad una famiglia con enormi disponibilità economiche, Rita da adulta ha colto tutte le opportunità, a cominciare dal viaggio-premio in Danimarca subito dopo aver raggiunto la laurea in medicina nel 1936. Per la scienziata, nata a Torino nel 1909, scoprire nuovi paesaggi, città, popoli era anche un modo per caricarsi di energia fisica. Quando, nel 1946, venne invitata a lavorare presso la stazione zoologica #AntonioDohrn, a #Napoli, fu entusiasta. “Il desiderio di conoscere l’ignoto che l’accompagnerà tutta la vita era già ben radicato nella sua personalità – si legge nel libro – voleva il cambiamento. Nulla la intimoriva… . Nessuna titubanza di aprirsi al nuovo, piuttosto il tentativo di arricchire la propria identità”. Dunque Rita partì per Napoli determinata a fare nuove esperienze. “La città era totalmente diversa da Torino.
L’unica assomiglianza erano le ferite lasciate dalla guerra: macerie e distruzione visibili ovunque”. Rita, come racconta il libro, si tuffò nel lavoro impegnando i giorni festivi in brevi gite a #Capri, #Ischia, #Posillipo in compagnia per lo più di colleghi e giovani studiosi. Con loro seguì la spettacolare festa di #Piedigrotta che descrisse alla sorella Paola: “Tutta Napoli canta e balla nelle strade ininterrottamente dalle otto di sera alle otto di mattina. Siamo stati sino a mezzanotte prendendoci le tradizionali botte in testa dagli scugnizzi (è un loro riconosciuto diritto che esercitano con piccole dure palle legate ad un filo elastico). Una fiumana di scugnizzi incolonnati agli ordini di un loro capo scendeva da una di quelle piccole vie tortuose e serpeggianti parodiando la calata di un esercito in marcia…. “
Due anni più tardi, negli Stati Uniti dove era espatriata, con il collega e futuro Premio Nobel Renato Dulbecco, invitata dall’università di Saint Louis, Rita “si spostava con frequenza in autobus, in treno e quando colleghi, amici, studenti l’invitavano, in automobile, affrontando anche 20-35 ore di viaggio interrotte da brevi soste. Sempre affamata di curiosità verso il paesaggio continuamente diverso da quello conosciuto in Italia”. Anche nel viaggiare la scienziata ha sempre manifestato un coraggio che non si lasciava frenare da alcun ostacolo. Nel volume si leggono descrizioni della stessa scienziata come quella di gennaio 1949 sulla trasferta in autobus dalla Florida all’Abama durata due giorni “con un gran numero di trasbordi, cinque, sei cambiamenti di pullman, nelle ore più notturne” definendola “divertente”.
Il libro sottolinea la tenacia di Rita Levi-Montalcini in ogni azione della sua vita. I molti viaggi compiuti nei vari Continenti hanno offerto vari esempi. Come quando il banale orgoglio di qualche burocrate rallentava i suoi programmi. “Capitò, ad esempio, con il Messico. – si legge nel volume – L’interessamento di molte persone da lei stessa sollecitato per avere l’indispensabile visto d’ingresso nel Paese urtò la sensibilità del vice console che, appellandosi ad una serie di tecnicismi burocratici, rinviò per settimane la concessione del documento. Rita trascorse giorni a insistere, si recò più volte nei vari uffici finché ottenne il visto nei primi mesi del 1949”. Gli sforzi usati per visitare il Messico, sono stati ripetuti in diverse altre situazioni. Ed ogni volta la scienziata descriveva i fatti a parenti e amici anche con ironia.
Durante la sosta di alcuni mesi per lavoro in Brasile non mancò di visitare Rio e gran parte del Paese. Rio non la entusiasmò come ammise in una lettera in parte riportata nel volume di Carola Vai. “Rio è indubbiamente bellissima ma non credo che ci vivrei volentieri definitivamente… . Al di fuori di una minoranza di privilegiati, esiste purtroppo una marea di miserabili che tutti i giorni si riversa in città da tuguri scavati nel fango delle colline che circondano Rio…”.
Il soggiorno a Rio de Janeiro terminò a fine gennaio 1953. In sud America era pieno estate. Rita decise di prendersi una vacanza .In aereo raggiunse due città storiche, Lima capitale del Perù e sede della più antica università del Sud America, poi Quito, capitale dell’Ecuador.
Per rivedere alcune immagini dei molti spostamenti, Rita Levi-Montalcini, acquistò una moderna macchina fotografica e una altrettanto innovativa telecamera con la quale filmò congressi, paesaggi, persino traffico stradale e vetrine. Con il progredire della carriera e delle entrate economiche, la scienziata, come ricorda il volume, cominciò a usare con crescente frequenza l’aereo. “Spirito libero e indipendente, non rifiutò mai gli inviti scientifici che riceveva con assiduità. Nei suoi viaggi spesso l’accompagnavano o la raggiungevano a destinazione la gemella Paola con la mamma”. Come conferma un’immagine scattata nel 1958 a Rita con la mamma a Madrid. In questo periodo Rita acquistò l’automobile e i suoi spostamenti divennero più facili e veloci.
Nella vita, come nei viaggi, Rita seguiva un pensiero-guida: “è sempre al futuro e non al passato che si guarda”. E continuò a spostarsi tra America, Europa, Asia e Africa anche dopo aver vinto il Premio Nobel e aver superato gli 86 anni, i 90 anni, fino a dopo i 100 anni quando, per partecipare alle molte feste in suo onore per il compleanno del suo primo secolo, viaggiò in tutta Italia, e persino all’estero.